SCENARI/ Ecco quanto conta la lobby dei Fratelli Musulmani negli Usa

- int. Daniel Pipes

Per DANIEL PIPES, l’errore della Casa bianca è quello di pensare che i Fratelli musulmani siano un’organizzazione democratica e accettabile, mentre nella realtà non è affatto così

obama_cairo La visita di Barack Obama al Cairo nel 2009

“La stretta di mano tra il presidente Obama e il leader dei Fratelli musulmani, Anas Al-Tikriti, non è certo una novità. Tutti i vertici dell’Islam politico hanno ampio accesso nel governo Usa. L’errore della Casa bianca è quello di pensare che i Fratelli musulmani siano un’organizzazione democratica, mentre nella realtà non è affatto così”. Sono le parole di Daniel Pipes, storico, scrittore e commentatore di politica estera, nonché uno dei maggiori esperti americani di Medio Oriente, che ha rilasciato a Ilsussidiario.net un’ampia intervista che tocca anche i temi della Conferenza di Ginevra 2 sulla Siria. A fare scandalo è stata la foto che ritrae il presidente Obama mentre saluta il fratello musulmano Al-Tikriti come se fosse un suo vecchio amico. I due sedevano di fronte durante un incontro tra il governo Usa e una delegazione irakena. La scorsa estate del resto durante i violenti scontri in Egitto tra i manifestanti di matrice liberale e i sostenitori di Morsi aveva fatto scalpore la presa di posizione degli Stati Uniti a favore dei Fratelli musulmani.

Quanto è forte la lobby dei Fratelli musulmani in America?

I Fratelli musulmani negli Stati Uniti sono molto forti in quanto in molti li vedono come una versione accettabile dell’islamismo. L’opinione pubblica Usa compie una distinzione tra l’islamismo violento da un lato, impegnato nel terrorismo e in altre forme di violenza e criminalità, e i gruppi le cui energie sono concentrate soprattutto sulla politica. Per l’elite americana nei posti chiave di governo, giornalismo e mondo accademico, i Fratelli musulmani appartengono a questa seconda tipologia e sono considerati accettabili.

I Fratelli musulmani sono in grado di influenzare la politica mediorientale della Casa bianca?

No, chi prende le decisioni chiave non appartiene ai Fratelli musulmani. Ma nell’Amministrazione Obama c’è l’idea diffusa che tanto in Egitto quanto in altri Paesi, i Fratelli musulmani siano un’organizzazione non terroristica.

Di recente Obama si è incontrato alla Casa Bianca con Anas Al-Tikriti, un esponente dei Fratelli musulmani. Qual è il significato di questo fatto?

I leader dell’islamismo non violento hanno accesso abbastanza facilmente all’Amministrazione Obama, e in questo senso sono influenti. Non ritengo però che ci siano singoli individui, membri dei Fratelli musulmani, i quali prendono le decisioni all’interno del governo americano.

Come valuta l’opinione di quanti ritengono che la Casa Bianca abbia sostenuto i Fratelli musulmani in Egitto?

Ritengo che questa opinione sia fondamentalmente corretta. Il governo americano ha sostenuto i Fratelli musulmani prima contro Hosni Mubarak, poi contro Hussein Tantawi, e ora lo stesso sta avvenendo contro il generale Abdel Fattah el-Sisi.

 

Quali sono le vere ragioni di questo sostegno?

Per la Casa Bianca, i Fratelli musulmani sono un’organizzazione democratica. Personalmente però non condivido questa idea, in quanto ritengo che i supporter di Morsi siano democratici solo fino al momento in cui riescono a prendere il controllo del potere, e dopo smettano improvvisamente di esserlo.

 

Passiamo alla conferenza di Ginevra 2 sulla Siria. Quali sviluppi si attende?

La Conferenza di Ginevra 2 non ha alcuna chance di essere un successo, in quanto la distanza tra le due parti è troppo grande. Il Paese è nel mezzo di una guerra, e nessuno dei due schieramenti si è ancora arreso in quanto entrambi pensano di poter vincere.

 

Qual è il ruolo delle potenze internazionali in questa guerra nazionale?

Iran e Russia da un lato, Turchia, Arabia Saudita e Qatar dall’altra, stanno fornendo armi e denaro ai due gruppi che si sfidano in Siria. L’obiettivo di entrambe le parti è quello di vincere e aiutare i loro alleati all’interno della Siria.

 

Qual è quindi la road map della Casa Bianca per la Siria?

La Casa Bianca in questo momento non ha un’idea chiara su che cosa si debba fare in Siria, e quindi nessuno può dire quali saranno le sue prossime mosse.

 

Un intervento militare è ancora possibile?

E’ possibile, ma i suoi costi in termini di vite umane e di denaro sono tali che nessuno tranne l’Iran è disposto ad affrontarli.

 

Un accordo tra Usa e Russia potrebbe cambiare il destino della Siria?

Non lo ritengo probabile, in quanto la politica russa è ampiamente ispirata dal desiderio di opporsi agli Stati Uniti. Russia e America non sono inoltre gli unici attori internazionali in Siria. Anche Iran, Turchia, Arabia Saudita e Qatar giocano un ruolo fondamentale. Se anche Mosca e Washington trovassero un terreno d’incontro, è impossibile che le potenze del Medio Oriente facciano altrettanto.

 

Quindi lei si aspetta che la guerra continui ancora a lungo?

Mi aspetto che la guerra continui ancora per un certo tempo. Non prevedo però che alla fine ci sia un vincitore, quanto piuttosto che la Siria finisca per essere divisa, con una parte che rimarrà sotto il controllo del governo e un’altra sotto quello dei ribelli. Non è certo la soluzione ottimale, ma forse è l’unica che si possa trovare in una situazione profondamente tragica e infelice come quella siriana.

 

(Pietro Vernizzi)





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