ATTENTATO A TEL AVIV/ Abu Hassan: così l’Intifada apre le porte della Palestina all’Isis

- int. Wael Mustafa Abu Hassan

Per WAEL MUSTAFA ABU HASSAN, una nuova Intifada che si inserisse nel contesto della guerra in Medio Oriente potrebbe aprire le porte a realtà simili al califfato anche in Palestina

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Un arabo israeliano venerdì ha ucciso due persone in un pub nel centro di Tel Aviv ed è poi riuscito a fuggire. L’incidente ha esasperato le tensioni dopo tre mesi di violenze nelle strade del Paese. Le telecamere di sicurezza hanno ripreso l’attentatore, un uomo sui 25-30 anni che indossava occhiali da sole e passamontagna. L’assassino ha estratto una pistola automatica dallo zaino ed è entrato nel pub sparando all’impazzata. Oltre alle vittime, almeno tre persone sono rimaste ferite. Ne abbiamo parlato con Wael Mustafa Abu Hassan, professore di Scienze politiche all’Arab American University di Jenin, in Cisgiordania.

Secondo lei la matrice di questo duplice omicidio è terroristica?

A prescindere da chi lo abbia commesso, qualsiasi assassinio che colpisca persone innocenti è senza dubbio un attentato terroristico. L’uccisione di persone di qualsiasi popolo è sempre ingiustificabile, qualsiasi siano i problemi da cui è causata. Aggredire delle persone che stanno festeggiando il nuovo anno in un pub, sparando loro con un’arma automatica e poi fuggendo, è inaccettabile sotto tutti i punti di vista. Ritengo quindi che vada pienamente equiparato al terrorismo a prescindere dal movente.

Questo nuovo episodio rischia di esasperare l’Intifada dei coltelli?

Qui nella nostra terra esiste un grande problema per quanto riguarda la politica e la sicurezza. Tanto Israele quanto la Palestina non sono in grado di trovare alcuna soluzione né di promuovere alcuna riconciliazione. Ciò spinge le persone di entrambi i popoli ad attaccarsi e uccidersi reciprocamente. Tutto questo non aiuta a compiere ciò di cui ci sarebbe bisogno, cioè sedersi attorno a un tavolo, scommettere sulla fiducia reciproca e lavorare duramente per trovare una soluzione che vada bene per entrambi i popoli.

A cosa potrebbero portare queste nuove violenze?

Tanto gli israeliani quanto i palestinesi stanno attraversando numerosi problemi, ci sono attacchi e ritorsioni, e le uccisioni stanno avvenendo da entrambe le parti. Questo potrebbe portarci a una nuova Intifada o a una nuova sollevazione. Se ciò avvenisse però le conseguenze non sarebbero diverse rispetto alla prima e alla seconda Intifada. Entrambe infatti non ci hanno portato a nessuna soluzione: anzi da allora tutto è diventato più complicato.

Ritiene che la responsabilità sia anche delle divisioni nella leadership palestinese?

Non c’è dubbio che i palestinesi siano molto divisi al loro interno. Tutto nasce dal fatto che in Medio Oriente si contrappongono due forze: da un lato ci sono Russia, Iran, Siria ed Hezbollah, dall’altra Stati Uniti, Israele e i principali Paesi arabi. E’ una divisione che interessa l’intera Regione. I palestinesi sono deboli dal punto di vista politico ed economico, e quindi alcuni dipendono dal primo asse e altri dal secondo asse.

Non a caso l’Intifada dei coltelli avviene a pochi chilometri dalle aree di guerra contro l’Isis…

E’ difficile dire se l’Isis sia realmente uno stato islamico che è sorto in conseguenza di quanto è avvenuto in Iraq e in Siria, o se sia un prodotto degli Stati Uniti e delle loro politiche, che poi hanno usato il Califfato come pretesto per interferire in Siria, Iraq e altri Paesi arabi. Resta il fatto che l’Isis è in espansione, e non dimentichiamoci che è presente anche in Libia e nel Sinai.

 

Che cosa avverrebbe se ci fosse una nuova Intifada in contemporanea con l’espansione dell’Isis?

Una nuova Intifada che si inserisse nel contesto di quanto sta avvenendo nel resto del Medio Oriente potrebbe aprire le porte a realtà simili al califfato anche nei territori palestinesi. Se questo scenario dovesse verificarsi, palestinesi e israeliani si troverebbero in grosse difficoltà. La situazione diventerebbe molto più complicata. L’Isis avrebbe l’opportunità di diffondersi anche nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, proprio come in Siria e Iraq. E’ uno scenario pieno di rischi e sarebbe difficile calcolare che cosa potrebbe avvenire.

 

(Pietro Vernizzi)





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