Elezioni Usa 2016/ Gary Johnson ne ha combinata un’altra: come incide la nuova figuraccia nella sfida Clinton-Trump (oggi, 1 ottobre)

- La Redazione

Elezioni Usa 2016: dopo la gaffe su Aleppo, Gary Johnson ha fatto una nuova figuraccia in diretta tv. Come incide il suo nuovo passo falso nella sfida tra Hillary Clinton e Donald Trump.

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Nelle Elezioni Usa 2016 c’è una mina vagante che fa gara a sé: si chiama Gary Johnson, è il leader del Partito Libertariano e rischia di risultare decisivo nella sfida tra Donald Trump e Hillary Clinton. Di lui e delle sue vedute larghissime abbiamo già parlato nelle scorse settimane, della sua ambizione di raggiungere il 15% nei sondaggi per partecipare al primo dibattito tv pure, ma la media su scala nazionale stilata da diversi istituti ha decretato che l’ex governatore repubblicano del New Mexico, non avendo ottenuto la soglia minima di cui sopra, non fosse della partita all’Hofstra University di Long Island, New York. Perché parliamo di lui allora? Di certo non diamo molto credito al convincimento che Johnson ha espresso qualche giorno fa, dicendosi certo che i nuovi rilevamenti gli avrebbero consentito di prendere parte ai prossimi due confronti. No, la ragione è un’altra: ne parliamo perché ogni tanto ne combina una così grossa che è impossibile ignorarlo; e soprattutto perché i suoi voti, frutto soprattutto del disgusto di un’ampia fetta di elettorato che non vuole rassegnarsi a votare Clinton o Trump, ad ogni gaffe diminuiscono e da qualche parte dovranno pure andare a finire…Qualche tempo fa Johnson aveva attirato le attenzioni della stampa di tutto il mondo dicendo di non sapere cosa fosse Aleppo, la città della Siria diventata l’emblema della crisi dei rifugiati. Un vuoto di conoscenza gravissimo per chi si candida ad essere il presidente degli Stati Uniti e dunque uno degli uomini che una volta eletto avrà le maggiori responsabilità nella gestione di questa situazione. Fatto sta che Johnson si era giustificato dicendo che anche lui era un essere umano, che interrogato su Aleppo aveva pensato ad una qualche sigla di cui sul momento gli era sfuggito il significato e che da governatore del New Mexico aveva imparato che la dote fondamentale in un ruolo di comando è circondarsi da uno staff di persone competenti (in questo caso in politica estera). Gaffe che rimane ma parentesi chiusa? Sarebbe potuto anche andare a finire in questo modo, se non fosse che Gary Johnson ne ha combinata un’altra delle sue. Durante un colloquio con Chris Matthews, conduttore di “Hardball” sulla MSNBC, Johnson è stato incapace di pronunciare il nome di un qualunque leader di governo straniero che rispetta o al quale guarda come modello. Johnson ha capito subito di essere nei guai e, lo ammettiamo, con una certa ironia ha detto:”Credo di avere un altro ‘momento Aleppo’”, riferendosi appunto alla gaffe di cui abbiamo dato conto qualche riga fa. Dinanzi a questa affermazione, il conduttore ha incalzato Johnson dicendogli di provare a nominarne qualcuno, ma il povero Gary ha replicato dicendo di avere il cervello congelato. Pensateci un attimo: non si deve essere un esperto ambasciatore per conoscere il nome di un solo capo di Stato straniero. Butti uno sguardo in Europa e puoi pensare ad Angela Merkel o a Francoise Hollande; se ti sposti verso Oriente c’è Vladimir Putin, e visti gli attriti Usa-Russia di questi giorni il nome dell’inquilino del Cremlino viene fatto con frequenza; persino Assad, presidente siriano, visto il precedente con Aleppo sarebbe stato un nome spendibile. Invece no, Gary Johnson non è stato capace di dire il nome di un solo leader. A questo punto è giunto in suo soccorso William Weld, aspirante vicepresidente nonché uomo-ombra di Johnson, elencando una serie di nomi tra i quali il candidato del Partito Libertario ha scelto Vicente Fox, ex presidente del Messico. Il motivo? Johnson ha detto che è stato grande nel definire Trump un “pazzo” e un “gringo imperiale”. La frittata però era ormai fatta e a nulla è servito il tentativo da parte dello staff di Johnson di ridimensionare l’accaduto tramite una dichiarazione che meriterebbe un plauso soltanto per la fantasia; Gary Johnson non ha saputo dire neanche un nome di leader straniero che preferisce? Tutto normale, visto che non ne ha: parola di Joe Hunter, portavoce del candidato Libertariano. Scherzi e ironie a parte: come può incidere l’ennesimo incidente di percorso della campagna elettorale di Johnson sulla corsa globale alla Casa Bianca? Come ricorda il Wall Street Journal, in passato il presidente Obama aveva rivolto agli americani un invito al cosiddetto “voto utile”, dichiarando che ogni voto dato a Johnson o alla candidata dei Verdi, Jill Stein, era un voto dato a Trump.  Il fatto di essere presumibilmente escluso dai prossimi due dibattiti, sommato all’ultimo passo falso in diretta tv, potrebbe portare ad un’erosione di consensi sulla falsa riga di quella verificatasi nell’ultimo mese, quando Johnson è sceso dal 9% al 7% su scala nazionale. Gli americani che speravano di avere una terza via rispetto a Clinton e Trump sembrano rendersi conto, a poco più di un mese dal fatidico 8 novembre, di essere in realtà dinanzi ad un bivio. E neanche il fatto che in fondo alla strada vi siano i candidati meno amati della storia americana sembra poter evitare che alla fine il fenomeno Johnson venga ridimensionato, senza peraltro voler sottovalutare l’impatto che il Libertariano ha comunque prodotto su una tornata elettorale in cui un’ampia fetta di suoi simpatizzanti potrebbe decidere di migrare verso altri lidi negli ultimi giorni prima del voto. Sarà allora, probabilmente, che Hillary e Trump dovranno sparare le loro ultime cartucce; sarà a quel punto che gli indecisi potranno far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra. Desiderosi di stare alla larga da una possibile presidente donna che incarna l’establishment politico americano e da un potenziale inquilino della Casa Bianca che promette di innalzare muri e riaffermare lo strapotere a stelle e strisce con la forza, gli elettori del “terzo partito” saranno costretti a fare i conti con la realtà. Votare per Gary Johnson, per un candidato che non conosce Aleppo e il nome di un leader straniero, o piuttosto turarsi il naso in cabina elettorale, chiudere gli occhi e scegliere un “voto utile” per il “male minore”. (Dario D’Angelo)







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