IL CASO/ Niente provetta, ora basta un negozio per un figlio artificiale

- Luigi Santambrogio

LUIGI SANTAMBROGIO ci parla di un nuovo giocattolo diventato di moda: veri e propri bambini artificiali

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I più piccini hanno solo qualche settimana, alcuni portano ancora il cerotto a coprire la ferita ombelicale. Altri, di qualche mese più grandicelli, indossano caldi vestitini in cashmere, gonnelline con delicati pizzi, camiciole dai motivi floreali. Insomma, capi da boutique.

Sono bambini, da zero a tre anni, maschietti e femminucce, con capelli a frangetta o dal ciuffo libero: alcuni sorridono a paiono interrogarti con i loro grandi occhi blu. Altri ancora cercano un’improbabile consolazione stringendo al petto animaletti di peluche. Potrebbero anche piangere o dire qualche parola, tanto sembrano veri e reali.

Ecco, questa è la notizia e pure la sorpresa: questi bimbi non sono bimbi. Sono bebè cloni, neonati finti con ancora il cordone ombelicale, copie di figli mancati, cresciuti o venuti al mondo da pochi mesi. Finti. Ma abbastanza naturali da sembrare veri.

Sono i figli artificiali, mica nati in provetta ma in laboratori artigiani e confezionati con le più sofisticate tecnologie. È l’ultima follia dell’estate 2010, il costoso regalo ambito da molte coppie italiane. Si chiamano Reborn Doll, si possono spupazzare e portare a spasso per la città tenendoli in fasce o nelle carrozzine. Come farebbe una vera mamma. Terribile, eppure vero.

Il giocattolo “per adulti” è pubblicizzato su diversi siti internet ed è in vendita in alcuni megastore di Roma e Milano: i prezzi partono dai 200 euro, ma possono superare i duemila. Labbra tumide, grinze nella pelle e dettagli curati, dall’alluce fin sopra ai capelli; a facilitarne l’effetto surreale sono i materiali con cui vengono realizzate le bambole: ceramit o vinile pregiato, molto simile alla morbida e liscia pelle di un neonato, lavorato con una tecnica chiamata “reborn” (rinato).

Non hanno tuttavia un cuore che batte, come gli androidi di Blade Runner, ma questo non basta a scoraggiare i finti genitori che su internet o nei negozi specializzati della Capitale comprano i pargoletti plastificati, preferendo il termine “adottare” a quello di “acquistare”. C’è qualche mamma virtuale che ne ha già comperati una decina in pochi anni (il costoso gadget infatti è in circolazione da tempo), ma tengono il segreto in famiglia, vergognose di questa maternità di plastica.

Quest’anno il baby clone è diventato acquisto di massa, regalo più ricercato tanto che per i modelli di alcune marche, bisogna prenotarli con mesi d’anticipo. Capita, racconta il negoziante di “Al Sogno” (tempio del giocattolo, centralissimo, in piazza Navona da oltre mezzo secolo) anche che qualche coppia abbia chiesto di riprodurre il proprio figlio da piccolo, per ricordarlo così com’era. In quel caso, il cliente è stato messo in contatto con alcuni artisti tedeschi: portando delle foto di un bimbo è possibile crearne le stesse sembianze.

 

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Insulsa e infelice moda, la vanità di possedere l’ultimo oggetto più trendy per un regalo trasgressivo e fuori dall’ordinario? Forse, e se così è anche la cosa più bella al mondo, come la nascita di un figlio, sarebbe corrotta dalla stessa menzogna: un clone di bimbo hi tech che pare vivo a sostituire la noia della solita playstation o telefonino che serve pure il caffè.

 

E se invece in quella corsa al baby clone ci fosse qualcosa di più? A dare retta ai chi vende questi “non bambini”, il “di più” è una finestra sull’indicibile, sul desiderio, a volte impossibile ma implacabile, di avere un figlio vero, di una maternità per qualche ragione negata eppure sempre inseguita. L’ultima spiaggia, per chi non ha sufficiente iniziativa o coraggio di tentare altre strade: l’inseminazione artificiale o l’adozione di un bambino in carne e ossa. Oppure l’estrema consolazione di chi un figlio l’ha avuto ma gli è stato crudelmente strappato. Illusioni che rasentano la follia, inutile ricerca di un volto e di un corpo perduto da toccare e amare una seconda volta, nell’inganno (accettato e voluto) di un suo fantasma sintetico.

 
Forse nelle Reborn Doll c’è tutto questo: dunque la questione è seria. Quasi cristiana, verrebbe da dire, anche se di uno strano Vangelo apocrifo. Reborn, cioè rinato, si chiamano quei bambolotti senza cuore. E che altro è il cristianesimo se non la Nascita, cioè Dio rinato uomo che rende eterne, uniche e intoccabili tutte le altre nascite del mondo e della storia.

Nessuno osi giudicare quelle mamme per finta e quel desiderio incompiuto e per questo traviato di maternità. Ciascuno guardi nel profondo del proprio guazzabuglio se vuole sperare di capirci qualcosa. Siamo fatti per essere amati e ricambiare, per generare e non per finire. Forse quei bambini di plastica vogliono dirci questo. Forse…





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