FINMECCANICA/ Ansaldo e “l’avanzata gialla” sull’Italia

- Augusto Lodolini

Finmeccanica ha chiesto offerte vincolanti su Ansaldo Breda (e forse su Ansaldo Sts) alla cordata cinese Cnr-Insigma e ai giapponesi dell’Hitachi. Il commento di AUGUSTO LODOLINI

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A quanto pare, la gara per l’acquisto di Ansaldo Breda e del 40% di Ansaldo Sts sembra avviata a conclusione con la richiesta di offerte vincolanti da parte di Finmeccanica. Finora si era parlato di quattro proposte non vincolanti presentate dalla francese Thales, la spagnola Caf, la giapponese Hitachi e la cordata cinese Cnr-Insigma, ma solo le ultime due sarebbero rimaste in gara.

In un precedente articolo si sono analizzate le caratteristiche dei due gruppi e le opportunità offerte, insieme ai possibili rischi, di perdita di know-how e di occupazione, particolarmente nel caso della cordata cinese. Non a caso, infatti, Cnr-Insigma hanno precisato nella loro offerta l’intenzione di mantenere sia gli attuali stabilimenti italiani che la relativa occupazione, accanto a un’interessante offerta finanziaria con pagamento in contanti: si parla di 1,5 miliardi di euro, con la richiesta però a Finmeccanica di ricapitalizzare Breda per 300 milioni.

A parte l’obiettivo di ridurre l’indebitamento del gruppo, la vendita delle due aziende rientrerebbe nella riconfermata strategia di focalizzazione nel settore spaziale e della difesa, tanto che a questa decisione viene ricondotta l’esclusione di Thales, socia di Finmeccanica in Thales Alenia Spazio e Telespazio, dato che i francesi volevano ridiscutere l’intero “pacchetto” spazial-ferroviario.

Qualche perplessità continua a sollevare la vendita della partecipazione in Ansaldo Sts, non solo per la sua eccellenza tecnologica e i buoni risultati operativi, ma proprio per le sue connessioni con le attività di difesa e le possibili sinergie con altre aziende Finmeccanica. È peraltro da considerare che la richiesta di offerte vincolanti sembrerebbe riguardare, almeno ufficialmente, solo Ansaldo Breda, anche se è convinzione generale che anche Ansaldo Sts farà alla fine parte della trattativa.

Per quanto in perdita (circa 500 milioni di euro nel passato esercizio) e pur rinunciando alla ricerca di soluzioni per un suo risanamento, anche da sola Ansaldo Breda poteva comunque rimanere interessante per qualche operatore del settore, come la canadese Bombardier, con cui già collabora nella produzione del nuovissimo Frecciarossa 1000. Se venisse confermata la vendita anche di Ansaldo Sts, sarebbe difficile non pensare d una prevalenza del bisogno far cassa sull’opportunità di mantenere un “gioiellino” tecnologico. D’altra parte, il fattore cassa sembra alla base anche della discutibilissima decisione del Governo di mettere sul mercato quote di Eni ed Enel.

Altre perplessità sorgono di fronte al dinamismo delle imprese cinesi nel nostro Paese, di cui ho già parlato in un altro articolo, e che di per sé è un fatto positivo, anche per i riflessi che tali investimenti possono avere su quelli italiani in Cina. E se l’acquisto di quote di minoranza in società quotate come Fiat-Chrysler, Telecom, Eni ed Enel possono essere viste senza particolari preoccupazioni, qualche dubbio affiora in altri casi, soprattutto se visti nel loro insieme.

Le aziende cinesi interessate all’Italia sono sia private che statali, distinzione che, alla luce dell’assetto attuale della Cina, non ha di certo lo stesso significato che ha in Occidente strategico. L’insieme dei loro investimenti lascia trasparire una strategia che si potrebbe definire“nazionale”, più che aziendale, la strategia di un sistema-paese. Fatto, questo, non preoccupante in altri paesi, dove esiste un sistema-paese in grado di produrre a sua volta strategie, e controstrategie, di sistema, ma questa non pare essere la situazione dell’Italia. Per onestà, non si tratta di una pecca dell’attuale Governo, ma un male italiano ormai di lunga data e non solo in materia di economia.

L’interesse cinese sembra concentrarsi su energia e infrastrutture: nel primo settore abbiamo le quote in Eni, Enel e, soprattutto, l’acquisto del 40% di Ansaldo Energia, ceduta dal Fondo strategico italiano (Cassa sepositi e prestiti e Banca d’Italia); nel secondo, la statale State Grid China è entrata nella Cdp Reti con una quota del 35%.

Dai primi dati, l’entrata di Shangai Electric in Ansaldo Energia ha dato risultati positivi, sia per il fatturato che per l’occupazione, rafforzando la presenza della società italiana (ancora al 45% di Fsi) in Cina. Più problematica la partecipazione di State Grid in Cdp Reti, dato che questa partecipata di Cassa depositi e prestiti detiene il 30% di Snam, rete di distribuzione del gas, e controllerà anche, dopo l’entrata dei cinesi, la stessa quota di Terna, cioè la rete elettrica.

La vendita a State Grid ha portato più di 2 miliardi nelle casse di Cdp Reti, senza per il momento pericoli di “cinesizzazione”, ma prima o poi la Cdp ritornerà a doversi occupare di altri scorpori di reti, quali la telefonia fissa di Telecom e la rete ferroviaria, probabilmente attraverso Cdp Reti. Se ciò avvenisse, uno Stato straniero, la Cina, avrebbe voce in capitolo su praticamente tutte le infrastrutture del nostro Paese.

A questo punto, si esce dall’ambito economico per entrare in quello politico, meglio geopolitico, e della sicurezza dell’Italia. Non vorrei essere noioso, ma ripeto che mi sembra doveroso che il Governo illustri la sua posizione in proposito ed espliciti quali sono le linee guida date alla Cassa depositi prestiti, partecipata all’80%. Magari potrebbero essere le Fondazioni bancarie socie della Cassa a porre la domanda. 





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