EXPORT/ Irap, la linea Marchionne che “conquista” le imprese italiane

- int. Gianmaria Martini

Secondo GIANMARIA MARTINI, se il governo mettesse effettivamente a punto l’idea suggerita da dall’Ad Fiat Marchionne, l’intero sistema produttivo ne beneficerebbe

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Il governo potrebbe cedere all’aut-aut di Marchionne; il quale non è detto che deciderà che Fiat resti in Italia. Ma, di sicuro, lo farà più volentieri se ci saranno incentivi all’export, come l’abbassamento delle tasse, nello specifico l’Irap, per le imprese che esportano. Che ceda pure, quindi, dato che il risultato sarebbe benefico per l’intero sistema. D’altro canto, infatti, pure il presidente di Confidustria, Giorgio Squinzi, è del medesimo avviso. Lui, addirittura, rinuncerebbe agli incentivi per le imprese se gli riducessero l’Imposta regionale sulle attività produttive. Il ministero per lo Sviluppo economico sta studiando come tradurre l’ipotesi in realtà. Non è sufficiente limitarsi a tagliare l’imposta, e farla finita lì. Occorre commisurarne il taglio a taluni parametri produttivi, proporzionare lo sgravio alla percentuale e alla quantità di merce esportata da ciascuna azienda. Agire grossolanamente produrrebbe l’effetto contrario alle intenzioni. Gianmaria Martini, docente di Economia presso l’Università degli Studi di Bergamo illustra a ilSussidiario.net pregi e rischi del provvedimento in itinere. «Si tratterebbe, di per sé – dice – di una misura estremamente efficace; consentirebbe di passare dalla logica dei finanziamenti a pioggia o destinati a sanare situazioni di crisi, a quella degli incentivi che premiano chi, effettivamente, presenta risultati positivi; sia in termini di performance sui mercati internazionali che di creazione di nuovi posti di lavoro, o di preservazione in condizioni di crisi». Una sorta di giusto riconoscimento per tutte quelle imprese che per anni hanno resistito senza ricevere alcun riconoscimento da parte del governo.

In ogni caso, il provvedimento non si limiterebbe a rappresentare un fattore di natura psicologica, volto magari ad aumentare la fiducia degli imprenditori. «Una riduzione del costo del lavoro libererebbe risorse effettive e tangibili, utilizzabili per investire in nuovo personale, ricerca e innovazione». Secondo Martini, Squinzi ha sposato la proposta dell’Ad Fiat anche perché «molti degli incentivi alle imprese non riescono a raggiungere gli scopi per cui sono stati pensati». Per questo è necessario implementarla distinguendo tra azienda e azienda. «Non legarla al merito rischierebbe di riprodurre la logica precedente. Si premierebbe tutti: sia coloro che in questi anni hanno ristrutturato, investito in tecnologia e innovazione, raggiungendo risultati positivi, sia chi non l’ha fatto». Non solo. «La riduzione dell’Irap viene invocata dal presidente di Confindustria al posto degli incentivi perché è una misura trasversale e oggettiva. Essendo una tassa legata al costo del lavoro viene pagata da tutti e la possibilità di eluderla e ridurla è estremamente bassa. La riduzione, inoltre, rappresenterebbe un incentivo per l’intero mondo delle imprese. E, riguardando tutti, non sarebbe considerata dall’Europa un aiuto illegale». 

Altre misure finalizzate a rilanciare le esportazioni dovrebbero procedere in questa direzione: «eventuali altri incentivi potrebbero essere legati alla riduzione del cuneo fiscale, sempre nell’ottica della riduzione dell’imposizione fiscale sui salari». 

 

(Paolo Nessi)







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