TAGLIO IRAP/ Il suo inventore: i conti di Beppe Grillo non tornano

- int. Giancarlo Pola

Non è facile pensare di abolire l'Irap, spiega GIANCARLO POLA, certo è necessario farlo, ma occorre affidarsi agli esperti e ascoltare le istanze del territorio, come ha fatto la Francia

Agenzia_Entrate2R439 Infophoto

Solo su un punto sono d’accordo il professor Giancarlo Pola, docente di Finanza degli Enti locali all’Università di Ferrara, e Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle: eliminare l’Irap per aiutare le piccole e medie imprese italiane su cui grava la tassa che oggi rappresenta un peso per la loro competitività. È sulle modalità che le loro posizioni si distanziano notevolmente. Dal suo blog l’ex comico genovese ha lanciato la sua proposta: “Abolire l’Irap, tagliando i costi della politica”. L’inventore dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive a ilsussidiario.net ammette che «è bene cominciare a rifletterci, ma non si può lanciare battute così fulminanti senza prima riflettere su come è possibile attuare realmente il progetto».

Professore cosa pensa delle dichiarazioni di Grillo sull’abolizione dell’Irap?

Di certo Grillo avrà fatto questa affermazioni in un tono molto più “distruttivo” di quanto avrei fatto io come studioso. Certamente i tempi sono cambiati rispetto all’epoca in cui l’Irap venne concepita – erano gli anni ’90 – d’altra parte c’è da dire che allora essa completava un quadro di apertura, di autonomia finanziaria degli enti sub-centrali e non si profilavano tempi così duri per le aziende in termini di competitività.

Per quale scopo è stata concepita?

Essa doveva colpire le basi della produzione, i salari, i profitti, l’Irap era un modo per restituire all’ente locale parte dei benefici che esso dava al mondo delle imprese. Esisteva già in forma simile in tutta Europa. La Francia ce l’aveva da 50 anni ed era chiamata taxe professionnelle, ed era condivisa dai livelli locale e sovra-locale (la cosiddetta TPU, taxe professionnelle unique), venne poi abolita due anni fa da Sarkozy. Anche la Germania l’ha avuta (e ce l’ha ancora) a livello comunale (non regionale come la nostra) ed è improntata sullo stesso principio: sono tributi che tassano i fattori della produzione a prescindere dal fatto che l’impresa sia in utile o no. Qualche cosa andava fatto a favore degli enti regionali per dare loro più autonomia. Ora tutti a gridare che va abolita.

Ma si può abolire?

Sono 33 miliardi di euro che non sono proprio facili da depennare. Chiunque affermi che la cosa è fattibile senza problemi dice il falso. Si veda il fallimento della promessa di abolire lo Iae, che pure è 5 volte più leggero dell’Irap, in Spagna. Aggiungo, però, che ogni frutto ha la sua stagione.

In che senso?

In tempo di crisi, dove le competizioni internazionali si sono fatte più dure e difficili certo si è chiamati a pensare di alleggerire i gravami fiscali sulle imprese. Ha fatto bene Sarkozy a eliminarla così come il tentativo della Germania dove gli imprenditori, supportati dallo Stato, avevano chiesto ai comuni di rinunciare a questo tipo di prelievo in cambio di una compartecipazione all’Irpef, ma la resistenza dei comuni è stata finora vincente. E anche in Italia i problemi non sarebbero inferiori a quelli della Germania.

Ma quindi in Italia potremmo pensare di toglierla?

No. O almeno non prima di aver pensato a qualche soluzione alternativa, a sua volta molto drastica.

 

Da dove si possono ricavare 33 miliardi?

Da una partecipazione all’Irpef a favore delle Regioni, che significherebbe dare alle Regioni qualcosa come un quinto, un 20% dell’Irpef statale (il cui gettito ammonta a 140 miliardi). Ma possiamo immaginare che lo Stato centrale ceda un quinto dell’Irpef così su due piedi? Non credo sia fattibile nell’immediato. E allora bisogna pensare di percorrere altre strade. Tutti noi facciamo il tifo per la sopravvivenza del settore industriale italiano, ma non si possono fare proposte in modo semplicistico come del resto è abituato a fare Beppe Grillo.

 

Beppe Grillo appunto, dal suo blog, ha fatto la sua proposta, scrivendo che “l’Irap, che ammonta a 20 miliardi, coincide grosso modo con i maggiori costi della politica in Italia comparati con i maggiori paesi europei e sarebbe sufficiente tagliare questi costi per eliminare l’Irap e dare ossigeno alle imprese”. Qual è il suo parere?

Lui ha parlato solo dell’Irap privata suppongo, poi c’è l’Irap pubblica che è più semplice, quella che grava sugli stipendi del pubblico impiego, quell’8,5% della base imponibile (l’Irap pubblica ammonta a 12 miliardi circa). Prendendo in considerazione il gettito Irap riferito alle sole imprese, che è di 20 miliardi circa, da calcoli rapidi, non mi pare che la politica costi 20 miliardi secchi. Mi pare che si parli di costi della politica inferiori e credo che quella di Grillo sia una boutade: 20 miliardi è un’enorme quantità di denaro, non credo che la politica abbia un costo così elevato (a meno che per “costi della politica” non si intendano anche i costi dei consigli comunali e regionali… ma la democrazia non è un optional…).

 

In linea teorica, quindi, sarebbe opportuno eliminare l’Irap, ma in pratica non è ancora possibile?

Sì, credo si possa sintetizzare così. I tempi sono cambiati. Io la proposi a suo tempo (e la Commissione Gallo la perfezionò nel 1996) e io dico che ogni frutto ha la sua stagione: prima si poteva fare perché eravamo nelle condizioni di farlo e c’era la necessità di garantire l’autonomia alle Regioni, oggi, sono d’accordo che i tempi sono cambiati, nel senso che le sofferenze dell’economia esportatrice sono più gravi di quelle del settore pubblico subcentrale, e sarebbe apprezzabile riuscire ad abolirla. Bisogna riflettere su cosa togliere, su quali costi cancellare, su quali sacrifici imporre al settore pubblico, in particolare a quello regionale (ma le Regioni non sono gli unici colpevoli dei costi della politica…). Qualche incidenza la politica ce l’ha ma dubito che essa comporti questo costo di 20 miliardi (a cui equivarrebbe l’Irap privata).

 

Quali suggerimenti darebbe?

Serve riflettere, non si può essere schiavi di battute così fulminanti. È una cosa che va pensata, come hanno fatto i francesi. Hanno lavorato su un’altra base imponibile, molto più complicata, ma certamente hanno provato a dare retta agli esperti del mondo economico, e soprattutto alle istanze dei territori, i quali, non va dimenticato, meritano qualche “ricompensa” per ciò che fanno a favore della produzione.

 

(Elena Pescucci)





© RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori

Ultime notizie

Ultime notizie