PENSIONI/ Ricongiungimenti, dallo Stato un’altra “stangata”

- Giuliano Cazzola

Brutte notizie per i lavoratori in procinto di andare in pensione e che sperano nella ricongiunzione dei contributi versati a diversi enti. Ce ne parla GIULIANO CAZZOLA

Inps_LegnoR439 Infophoto

Una relazione tecnica predisposta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali “negativamente verificata” dalla Ragioneria generale dello Stato (Rgs) ha archiviato – se non per sempre almeno per l’attuale legislatura – l’ulteriore nuovo testo unificato del progetto di legge (AC 3871 e abbinati) rivolto a risolvere la questione della ricongiunzione onerosa che tanti problemi ha creato a lavoratori (di cui sempre più flebili restano le speranze di veder risolto il loro cruccio) in procinto di andare in pensione ai quali sono state chieste, all’improvviso con una legge del 2010, somme ingenti per poter ricongiungere periodi contributivi versati a enti differenti nel corso della vita lavorativa.

La Commissione Lavoro della Camera, nel tentativo di formulare una nuova stesura dopo che la prima era stata bocciata per motivi di eccessiva onerosità e di mancanza di adeguata copertura, aveva rinunciato a modificare le norme sulla totalizzazione e prefigurato una sorta di “terza via” basata sul principio del cumulo tra anzianità contributive presso diversi Istituti ognuno dei quali fosse responsabile per la sua parte.

Nella sua relazione il Ministero del Lavoro ha quantificato oneri annui per il decennio 2013-2022 ammontanti complessivamente a 200 milioni per il primo anno, 434 milioni per l’anno 2014 fino a raggiungere 2,5 miliardi nell’anno 2022, l’ultimo della previsione. La Rgs è stata ancor più severa criticando la relazione tecnica del Lavoro perché si è limitata a valutare i maggiori oneri per il solo Inps, senza tener conto degli effetti relativi alle gestioni soppresse e incorporate, Inpdap ed Enpals. Sempre per quanto riguarda l’Inpdap è segnalata altresì la mancanza di una valutazione degli effetti in termini di anticipazione dell’erogazione delle quote di tfr presso il fondo di tesoreria.

Inoltre, secondo la Rgs, la relazione tecnica ha stimato soltanto gli effetti in termini di maggiore spesa pensionistica, ma non quelli derivanti dalle minori entrate per gli enti previdenziali in conseguenza del venir meno del criterio della ricongiunzione sempre e comunque onerosa. Ma le considerazioni della Rgs raggiungono la perfidia laddove viene fatto notare che il pdl unificato non affronta la questione riguardante le casse privatizzate dei liberi professionisti che invece fanno parte dell’aggregato delle pubbliche amministrazioni.

In sostanza, la Commissione Lavoro aveva escluso ogni coinvolgimento di queste casse proprio per rendere meno onerosa l’operazione; ma questa scelta viene contestata dalla Ragioneria. “In tale stato di cose – è l’amara sentenza – il provvedimento non può avere ulteriore corso” in quanto determina effetti onerosi di entità rilevante – secondo la nota – per i quali deve essere in ogni caso garantita anche la copertura degli oneri a regime. Infine, si rileva che non è presente la prescritta clausola di salvaguardia. Impressionante è il numero di pensioni che sarebbero interessate, secondo il ministero e l’Inps, dalle nuove disposizioni. Si parte da 14mila nel 2013 e si arriva nel 2022 a 358mila trattamenti che beneficerebbero della nuova disciplina.

La Commissione Lavoro della Camera affronterà il tema nella riunione di domani. Ma sembra ormai che non rimanga altro da fare se non prendersela con il destino cinico e baro. 





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