RIFORMA PENSIONI GIOVANNINI/ Meloni (FdI): sì alla flessibilità, ma senza spese. Tagliamo le pensioni d’oro

- int. Giorgia Meloni

GIORGIA MELONI ci spiega perché le modifiche alla disciplina Fornero vanno apportate mantenendo invariati i saldi finanziari. In caso contrario, le generazioni future saranno danneggiate

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Sulle pensioni, la riforma della riforma ancora non è stata messa in cantierem ma, se sarà individuato il modo di far quadrare il cerchio (ovvero, di salvaguardare la sostenibilità finanziaria del sistema, preservando gli equilibri di bilancio), lo sarà a breve; perlomeno, da parte del governo, la volontà di porre rimedio alle più vistose iniquità della disciplina Fornero appare sincera. L’ipotesi principale consiste nell’introduzione di un meccanismo di flessibilità che consenta di scegliere quando accedere al regime previdenziale entro una forbice compresa tra i 62 e il 70 anni. Chi sceglie di andare prima subirà delle penalizzazioni, chi dopo otterrà dei benefici. Altra opzione allo studio, è quella della staffetta generazionale: il lavoratore anziano accetta di ridurre la propria quota di lavoro, mentre l’azienda assume, in cambio, un giovane. L’onorevole Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e componente della commissione Lavoro della Camera, ci dice la sua sulla revisione della normativa.

Cosa pensa che vada, anzitutto, cambiato?

Credo che la modifica principale all’attuale disciplina, al di là della risoluzione dei problemi che la stessa riforma Fornero ha creato, debba consistere nell’abolizione delle pensioni d’oro. Con effetto retroattivo. Ovvero, vanno abolite anche quelle già in essere. Non solamente quelle future che, in ogni caso,con il sistema contributivo non esisteranno più. Si dovrà identificare un tetto che potrebbe corrispondere, per esempio, a 20 volte la pensione minima. La parte eccedente sarà decurtata.

Avete fatto dei calcoli sull’introito che una misura del genere potrebbe produrre?

Li stiamo facendo e, a breve, nelle prossime settimane, presenteremo una proposta di legge. Sia ben chiaro: non ci ripagheremo l’intero debito pubblico. Parliamo, infatti, di qualche decina di migliaia di pensioni. Evidentemente, si tratterebbe di un’operazione di giustizia sociale, e non per fare cassa. E’ intollerabile che qualcuno, ad oggi,  prenda pensioni da 90mila euro al mese pur non avendo versato i contributi a fronte di generazioni che non avranno mai una pensione decente.

Come valuta l’ipotesi di introdurre meccanismi di flessibilità?

Andare in pensione quattro anni più tardi è, indubbiamente, doloroso. Tuttavia, gli attuali pensionandi si trovano in una condizione migliore dei loro figli e dei loro nipoti. I lavoratori anziani di adesso, infatti, prenderanno un assegno equivalente a circa l’80% della loro retribuzione media, quelli di domani a circa il 40%. Se ci sono delle forme di flessibilità che a saldi invariati possano facilitare la condizione del pensionato, siamo tutti d’accordo. Se la flessibilità comporterà, invece, un’ulteriore spesa pensionistica, questo non possiamo permettercelo, perché graverà sulle spalle delle generazioni future, come è accaduto, del resto, fino a oggi.

  

Che ha da dire sulla vicenda degli esodati?

Va risolta, definitivamente, e una volta per tutte. In questo caso, anche spendendo delle risorse, E’ intollerabile che delle persone vengano lasciate in mezzo alla strada.

 

La staffetta generazionale potrebbe rivelarsi utile?

Il principio per cui qualcuno fa mezzo passo indietro per consentire a qualcun altro di fare mezzo passo avanti, mi pare condivisibile. Detto questo, occorre capire in che termini la misura sarà concretamente applicata. Non possiamo, infatti, andare avanti a suon di slogan.

 

(Paolo Nessi)







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