JOBS ACT/ Dall’Olanda una “spinta” al lavoro (e a Renzi)

- Giancamillo Palmerini

Ieri la Camera ha approvato in seconda lettura il Jobs Act, che torna ora al Senato. All’interno del provvedimento un’importante novità. Ce ne parla GIANCAMILLO PALMERINI

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Uno degli obiettivi principali del Jobs Act approvato ieri (con modifiche rispetto al testo arrivato dal Senato) in seconda lettura alla Camera dei Deputati è quello di ripensare, in una logica sempre più proattiva, il nostro sistema di welfare mettendovi al centro il lavoro come elemento fondamentale di inclusione nella società. Per ottenere ciò è necessario, quindi, prima di tutto, operare una “riforma”, per certi aspetti rivoluzionaria, delle cosiddette “politiche attive” per il lavoro di cui, a partire ormai dagli anni ‘90, si parla ciclicamente.

Per inquadrare, tuttavia, il punto di partenza di tale percorso è utile, come fa peraltro anche il Centro Studi della Camera, contestualizzare lo stato di salute del nostro welfare state con quello dei principali paesi dell’Unione. Ad esempio, in meri termini di risorse impegnate per le politiche attive del lavoro, risulta, dall’analisi dei dati elaborati da Eurostat, che la spesa dell’Italia è stata, nel 2012, pari all’1,99% del Pil (circa 31 miliardi di euro) in crescita rispetto al dato del 2011, di poco superiore alla media dei 28 paesi dell’Unione europea (1,89%) e alla Germania (1,67%).

Ciò che, tuttavia, differenzia notevolmente l’Italia dagli altri paesi europei è la ripartizione della spesa per le politiche del lavoro tra le sue diverse componenti (servizi per il lavoro, politiche attive e politiche passive), con una spesa per politiche attive assai ridottaal confronto di quella per politiche passive (sostegni al reddito e prepensionamenti). In particolare, la spesa sostenuta nel 2011 per i servizi per il lavoro è stata pari solo all’1,8% del totale dei già modesti stanziamenti per le politiche del lavoro nel loro complesso e nettamente inferiore al dato medio dell’Ue a 28 (11,2%) e della Germania (19,2%).

Il questo quadro il Jobs Act prevede, nell’ambito del riordino delle politiche attive, la creazione di una Agenzia nazionale per l’occupazione, partecipata da Stato, regioni e province autonome, vigilata dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con il responsabile coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali di azione, competente nella gestione gestionali di servizi per l’impiego, politiche attive e Aspi.

Alla luce delle modifiche apportate alla Camera, inoltre, si stabiliscono meccanismi di raccordo e di coordinamentodelle funzioni tra l’Agenzia e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps), sia a livello centrale che territoriale, al fine di tendere a una maggior integrazione delle politiche attive e delle politiche di sostegno al reddito.Nella nuova formulazione, è opportuno sottolineare, si evidenzia la dimensione del raccordo (e non di solo mero coordinamento) e si enfatizza maggiormente l’integrazione delle politiche attive e delle politiche di sostegno al reddito.

Sembra, quindi, che il Governo abbia, con queste precisazioni, compiuto una scelta strategica ben precisa che passa, necessariamente, dal rafforzamento, anche dal punto politico, dell’Istituto guidato, come commissario pro-tempore, dal Prof. Tiziano Treu, e che guarda con molta attenzione al modello di welfare olandese basato appunto su sportelli e punti di riferimento unici, benché gli enti di riferimento siano differenti, per i lavoratori sia per l’attività di intermediazione di domanda e offerta di lavoro, sia per la richiesta di prestazioni sociali.

Un modello, quello di Amsterdam, che scommette, in maniera significativa, e potremmo dire in maniera sussidiaria, sul ruolo e le competenze dei servizi privati per l’impiego, in particolare in relazione alla funzione cosiddetta di reinserimento dei lavoratori beneficiari di prestazioni sociali, e dove al pubblico resta “solamente” la fondamentale funzione di vigilare e garantire la qualità dei servizi ed il rispetto degli standard da questo pre-definiti.

Probabilmente, quindi, dopo l’approvazione del Jobs Act, il nostro Paese avrà un’altra vera e propria rivoluzione importata dall’Olanda dopo quella storica del calcio totale e del “tridente” Gullit, Rijkaard, Van Basten.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com 







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