SPILLO/ Il “conto alla rovescia” per la sopravvivenza di Confindustria e sindacati
L'ultimo accordo interconfederale è scaduto da oltre due anni, ma ancora non c'è stato un rinnovo. Questo, ricorda GIUSEPPE SABELLA, pone non pochi problemi alle confederazioni
La crisi greca ha da giorni posto tutto il resto in secondo piano, tanto che a Torino, dove mercoledì dovevano annunciare il rinnovo del contratto Fca, hanno pensato bene di rinviare l’annuncio – per il momento – al 7 luglio, salvo controindicazioni. Del resto, di questi tempi, un contratto che si rinnova è una notizia e, giustamente, azienda e sindacati vogliono il loro spazio in tv e sulle pagine dei giornali.
Come si richiamava in un recente articolo, l’ultimo accordo interconfederale (2009) è scaduto da oltre due anni. E nel frattempo le confederazioni hanno preso qualche forte contraccolpo: prima il ciclone Marchionne, poi Matteo Renzi e, anche, la scheggia impazzita Maurizio Landini. Il caso Fiat, con il suo iter giudiziale, rende evidente che il re è nudo: si può legittimamente contrattare al di fuori del sistema confederale. E se le aziende uscite da Confindustria si associassero e creassero un nuovo soggetto?
Matteo Renzi ci ha provato e gli è andata bene: dalle Confederazioni non vuole condizionamenti, lui va per la sua strada. E alla fine Landini, uomo forte del sindacato: d’accordo o non d’accordo su come la sua federazione si muova sul piano organizzativo, non c’è dubbio che sia stata l’unica voce autorevole a porre in discussione – ma nessuno sembra essersene accorto – il potere e il ruolo delle confederazioni.
Dai vertici di Cgil, Cisl e Uil, e di Confindustria, si dice che si sta lavorando alacremente al nuovo accordo interconfederale. A parte il ritardo con cui si arriva a questo rinnovo, viene da chiedersi quale funzione abbia. Mentre all’interno di alcuni settori sono maturate intese per accordi e rinnovi, appunto, di settore (vedi, ad esempio, chimica ed edilizia), si aspetta che l’intesa si formalizzi prima sul piano interconfederale. Le federazioni da tempo pazientano rispettando il ruolo delle confederazioni, ma la sensazione è che se dovesse passare l’estate senza il nuovo modello, da settembre le federazioni procederanno con i rinnovi dei loro accordi.
La situazione in sintesi è questa: la ridefinizione di un equilibrio tra federazioni e confederazioni. Ma non mancano le contraddizioni. Se, come più volte annunciato un po’ da tutti, ci sarà più spazio per la contrattazione aziendale, perché – come ne consegue logicamente – le confederazioni non annunciano un passo indietro? Se, come significativamente dichiarato da Giorgio Squinzi, il nuovo accordo non andrà a forzare storie, esperienze e culture dei settori – nel senso che chi è più abituato a contrattare a livello nazionale potrà continuare a farlo e chi vorrà contrattare più aziendalmente sarà più libero di farlo – a cosa serve un nuovo modello? A parte la difficoltà di arrivare a questa nuova intesa, ma non è sufficiente formalizzare la possibilità per le federazioni di muoversi come meglio credono?
In molti paesi europei, le confederazioni nemmeno esistono. In Italia, Paese in cui continueranno a esistere, è più che mai il momento di capire quale funzione avranno. Non ne siamo molto lontani e non ci sono dubbi che sarà un passaggio importante per il lavoro.
In collaborazione con www.think-in.it
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