SCANDALO REGIONI/ L’esperto: il Federalismo come antidoto al malaffare

- int. Giancarlo Pola

Lo slogan "aboliamo le Regioni" come pendant all'"aboliamo le Province" appena passato di moda è espressione, se mi è consentito, di populismo becero, dice GIANCARLO POLA

infophoto_regione_lazio_interna_consiglio_r439 Il Consiglio regionale del Lazio (Infophoto)

Dopo le “spese” di Francesco Fiorito che hanno dato vita ad uno “scandalo Lazio”, anche Vincenzo Maruccio è finito nel mirino degli uomini del Nucleo Tributario che hanno perquisito i suoi uffici al quartier generale della Pisana. Il capogruppo dell’Idv in regione, ed ex assessore, è da ieri ufficialmente indagato. Le indagini si allargano anche alle perquisizioni negli uffici regionali di Marche, Piemonte e Lombardia, dove finiscono nei guai l’ex assessore Franco Niccoli Cristiani, l’ex presidente del consiglio regionale Davide Boni e il consigliere del Pirellone, Massimo Buscemi, mentre Domenico Zambetti, ex assessore alla Casa, è finito in manette, con l’accusa di aver comprato quattromila voti dalla ‘ndrangheta. Insomma, la stagione della passione politica locale sembra non avere fine. Per IlSussidiario.net abbiamo chiesto un commento a Giancarlo Pola, Docente di Finanza degli Enti locali all’Università di Ferrara.

Le pare che i vari scandali regionali stiano alimentando uno statalismo di ritorno?

Non sfugge a nessuno che il grande rumore sollevato attorno al caso Lazio e le forzate analogie che certi media hanno voluto instaurare con altri casi obiettivamente minori e nemmeno confermati, sempre concernenti amministrazioni regionali, sembrano conformarsi a una strategia di stampo centralista. Lo slogan “aboliamo le Regioni” come pendant all'”aboliamo le Province” appena passato di moda è espressione, se mi è consentito, di populismo becero.

Avrebbe senso eliminare le Regioni e mantenere in piedi solo Stato e Comuni?

Beh, ma se lo avesse, perché, a questo punto, non chiederci se avrebbe senso abolire tutti (dico tutti!) i Comuni e trasferire l’intera amministrazione locale, dalle Alpi al Lilibeo, nelle mani del Ministero dell’Interno (e dei suoi prefetti) allorché si scopre che molti municipi sono oggetto di infiltrazioni mafiose? Credo, in realtà, che queste idee “distruttive” siano sintomo di deficit culturale, di sfiducia nella capacità di migliorarsi della società civile italiana, di “grillismo” superficiale.

Ci sono ancora ragioni per parlare di federalismo o è un processo del tutto fallito?

Naturalmente tutto questo rende molto perplessi noi “addetti ai lavori”, che abbiamo trascorso , e stiamo ancora trascorrendo nelle apposite sedi romane, giornate intere dedicate gratuitamente alla implementazione pratica del federalismo come uscito dalle leggi degli ultimi tre anni. Non si è per forza leghisti se si condivide l’opinione negativa del Presidente del Piemonte, pur concedendo che anche la federalissima Svizzera un bel giorno (si parla degli Anni ‘80) si trovò a invocare un potere federale più forte in tema di infrastrutture nazionali che non trovavano d’accordo tutti i Cantoni. Ma si deve anche ricordare che la federale Germania, in sede di Foederalismus Reform I del 2007, ha quasi completamente eliminato le competenze concorrenti tra Bund e Laender, attribuendo ai Laender, e non al Bund, gran parte delle stesse, incluse quelle che riguardano le retribuzioni dei pubblici dipendenti e la disciplina generale degli Enti locali. Certo, anche in America vi è il principio della prevalenza dell’interesse nazionale su quello degli Stati, ma siamo sicuri che da noi non si stia esagerando?

 

Quindi?

Crisi e malaffare ci hanno messo del loro a contrastarlo, ma il federalismo come auto-responsabilizzazione dei territori va difeso contro il centralismo strisciante.







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