PIEDMONT BROS BAND/ “III”, continua l’avventura del gruppo country-rock italo-americano

- Paolo Vites

La Piedmont Brothers Band pubbica il nuovo disco, un'affascinante cavalcata nel country-rock con i pià grandi rappresentanti americani del genere. La recensione di PAOLO VITES

zanzi_R439 Marco Zanzi

Se ne fosse stato a conoscenza, forse il presidente Monti, oltre all’azienda citata durante lo scorso Meeting di Rimini,  avrebbe citato anche la Piedmont Brothers Band come esempio di imprenditoria italiana di cui l’Italia deve farsi vanto. Certo, il (country) rock non rende economicamente come il calcio di cui si occupa l’azienda citata dal presidente del Consiglio, ma quanto ideato dal varesotto Marco Zanzi è un miracolo di imprenditoria musicale italiana che lascia sbalorditi. La sua band, giunta al terzo cd nel giro di pochissimi anni, non è più una scommessa, quella cioè di mettere insieme musicisti italiani e americani a cimentarsi in una di quelle tre grandi direttive che hanno generato il rock’n’roll, e cioè la country music (le altre due, ovviamente, sono blues e gospel): è un esperimento perfettamente riuscito.

E se i tempi balordi dell’ignoranza in cui viviamo non aiuteranno a mandare il suo progetto ai primi posti delle classifiche (a far quello ci pensano X Factor e Amici) certo è che con questo cd semplicemente intitolato “III” Zanzi potrà dirsi soddisfatto fino alla fine dei suoi giorni. Chiave di tutto è la partnership tra Zanzi appunto, provetto musicista capace di passare dal bluegrass alla classica ballata country, dal folk-rock al country-rock) e Ron Martin, ottimo autore americano. Non basta un oceano a dividere i due, che grazie alla moderna tecnologia collaborano felicemente insieme da anni. A volte si vedono anche di persona, come capitato di recente quando Martin ha potuto fare diversi concerti italiani con la PBB, da cui è stato tratto anche un bel dvd (“Welcome to Nashville”) registrato a Milano.

Questa volta però hanno fatto di più: hanno invitato a duettare con loro autentiche leggende della country music, e cioè Richie Furay (membro fondatore con Stephen Stills e Neil Young dei Buffalo Springfield, insieme ai Byrds la più influente band folk-rock), Rick Roberts (uno dei Flying Burrito Brothers e poi nei Firefall e altri progetti), Herb Pedersen (già nella Desert Rose Band e poi in dozzine di collaborazioni di vaglia), Jock Bartley (membro della touring band di Gram Parsons ed Emmylou Harris) e il batterista Patrick Shanahan dei New Riders of the Purple Sage. Nomi che fanno tremare i polsi a chi è cresciuto negli anni 70 ascoltando i vinili di quelle band e di quegli artisti, il meglio del meglio della country music e anche del decennio.

Con loro e con gli abituali, bravissimi musicisti italiani che li accompagnano da sempre, Zanzi e Martin hanno costruito un disco eccellente, senz’altro il migliore della loro storia. Pura, genuina country music che riparte da da dove Flying Burrito Bors, New Riders e Desert Rose Band hanno lasciato. Classici di questa musica, da Full Circle (Gene Clark), The Christian Life (Byrds,), Sin City (Flying Burrito), ma anche ottimi brani autografi, di cui il migliore è senz’altro Avalon di Ron Martin, elegante ballata a metà tra New Orleans e il lounge jazz. Piacciono anche Lord, scritta da Zanzi con il bassista Francesco Frugiuele, My Chèrie del duo Zanzi-Martin, ma il disco non stanca mai. Eccellente poi la The Highlander Suite, lungo strumentale in tre movimenti che parte dalle origini irish della musica americana per metterci dentro anche sonorità mediterranea. Insomma, lasciateci dire che siamo orgogliosi di questo esempio di imprenditoria musicale italiana: qualcuno mandi il cd a Mario Monti…







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