BOLOGNA/ Cosa c’è veramente dietro il ritiro di Cofferati?

- Giuliano Cazzola

Cofferati ha annunciato il ritiro, nella sorpresa generale. Davvero il sindaco è disposto a ritirarsi a vita privata? Resta il fatto che, giocando d’anticipo, ha rifilato un brutto scherzo ai suoi, proprio quando i sondaggi nella città emiliana danno la sinistra in grave crisi. Ma è un ritiro che non può nascondere il bilancio pessimo del suo governo

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Uno, nessuno, centomila. Ma chi è alla fine questo Sergio Gaetano Cofferati? Un uomo politico sconfitto che decide di ritirarsi da una posizione ormai divenuta insostenibile, accampando legittimamente dei problemi di carattere personale (ma perché allora metterli in piazza)? Oppure un signore di 60 anni che si è innamorato di una ragazza dalla quale ha avuto un figlio nell’età in cui le persone normali diventano nonni? La vita gioca degli strani scherzi quando Cupido ci mette del suo (l’amore può attraversare facilmente il confine che lo separa dall’ossessione), di cui occorre avere rispetto, anche perché nessuno è in grado di esprimere dei giudizi e di “scagliare la prima pietra”.

Gli uomini di una certa età (chi scrive è più anziano di Cofferati) sono alla ricerca di conferme affettive, proprio quando si affievoliscono quelle doti che sono connaturate alla giovane età. Innamorarsi a 60 anni è come prendere a quell’età una malattia esantematica: gli effetti possono essere devastanti. Oppure può esserci un po’ di tutto nella vicenda umana di Cofferati: una delusione politica che lo induce a compiere una scelta di vita. Ma davvero il sindaco è disposto a ritirarsi a vita privata? Dalle sue dichiarazioni e dal suo comportamento sembrerebbe di no. Quando è trapelata la notizia della rinuncia alla seconda candidatura, in tanti, come il sottoscritto, hanno pensato che fosse stato Veltroni a convocare Cofferati per chiedergli di farsi da parte, dal momento che erano in circolazione sondaggi disastrosi per lui e per il suo schieramento. E che la storia del piccolo Edoardo nient’altro fosse che la giustificazione trovata per spiegare il ritiro.

Pare invece che i fatti abbiano avuto un corso differente. Cofferati ha giocato d’anticipo; lo ha fatto senza informare i compagni di Bologna, i quali si sono trovati completamente scoperti – in un contesto già difficile dove cresce lo scontento dei cittadini, che avvertono l’aumento del degrado della città – e precipitati nel caos delle divisioni interne al Pd e della crisi dell’alleanza con la sinistra arcobaleno. Al dunque, anche facendosi da parte, Cofferati ha continuato a creare problemi ai suoi. E lo ha fatto apposta. Come se in lui albergasse il tipico desiderio di vendetta delle persone che si sentono incomprese.

Strano personaggio il Cinese. Chi scrive ha lavorato a lungo con lui in altri tempi con un rapporto di stima e di amicizia reciproco. Poi le nostre vite hanno preso strade differenti. Non sono in grado pertanto di esprimere giudizi sull’attualità del personaggio Cofferati, che sarebbero fondati su di una frequentazione che è venuta a mancare da tempo. Ma ho l’impressione che in lui siano intervenuti dei cambiamenti di carattere molto profondi, nel periodo in cui si trovò alla guida della Cgil, in una condizione di assoluto dominio, quale nessun altro leader confederale aveva mai avuto nella storia di quella organizzazione, anche nei tempi del Pci e del cosiddetto centralismo democratico. Una sorta di “surriscaldamento dell’io” che portò Sergio Cofferati, un sindacalista puro, a proiettarsi sulla scena della politica.

Chi non ricorda, da segretario della Cgil, le sue interviste fiume a Massimo Giannini, su Repubblica, dedicate alle sorti della sinistra in Italia? Oppure le sue polemiche con D’Alema prima, con Fassino poi, fino a schierare la Cgil nel Correntone e a portarla alla sconfitta nel congresso di Pesaro? Chi non ricorda gli osanna che gli venivano rivolti da Nanni Moretti e soci (anche a questo spettacolo ci è toccato di assistere!) e gli inviti a scendere in campo alla guida della sinistra dura e pura? Poi, all’improvviso, la sceneggiata del rientro (apparente, visto che era sempre in permesso) alla Pirelli. Fino alla candidatura a sindaco di Bologna, alla riconquista dell’Amministrazione comunale per accorgersi ben presto che quella vittoria non valeva poi tanto, dal momento che la città – al pari di una chiesa profanata – era uscita dall’immaginario collettivo del popolo della gauche (chi governa l’Italia può darsi pensiero di una città più piccola di un quartiere della Capitale?).

Da sindaco, Cofferati ha imbastito con le sue mani una Giunta tanto inadeguata da apparire persino ridicola. Il resto è storia recente: un vero e proprio 8 settembre. Stupisce solo che ad un evento (il ritiro del sindacato padre e compagno affettuoso) che in un Paese normale avrebbe trovato posto solo su quei rotocalchi che le donne leggono dal parrucchiere, sia stato ospitato con dovizia di spazio su tutti i maggiori quotidiani, a fianco delle notizie sul crollo dei mercati finanziari. E che i migliori editorialisti si siano cimentati a commentare l’evento. Il regime non dimentica le sue vecchie glorie anche quando stanno inesorabilmente sul viale del tramonto.





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