La crisi della sinistra al Nord ha favorito la Lega

- Lodovico Festa

Il lavoro autonomo ex Ds si è indirizzato anche sul Pdl, mentre il voto operaio è andato più verso la Lega: fenomeno che si comincia a notare anche nelle regioni “rosse” e che esprime sia rabbia verso il fu governo Prodi sulle questioni del salario, sia preoccupazione su sicurezza e immigrazione

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Il peso della sinistra arretra in misura avvertibile rispetto alle altre elezioni della Seconda repubblica, dal 1994 in poi. Finora il passaggio di voti tra i due schieramenti era scarso, questa volta invece c’è stato: in particolare in settori di lavoro autonomo legati alla sinistra (si pensi alle centrali artigiane e di commercianti, dalla Cna alla Confesercenti, fondate dai socialcomunisti negli anni ‘60, spesso intorno a nuclei di ex operai espulsi dalle fabbriche), e di voto operaio. Il lavoro autonomo ex Ds si è indirizzato anche sul Pdl mentre il voto operaio (e più in generale, quello popolano) è andato più verso la Lega: fenomeno che si comincia a notare anche nelle regioni “rosse” e che esprime sia rabbia verso il fu governo Prodi sulle questioni del salario, sia preoccupazione su sicurezza e immigrazione.
Il Pd ha anche perso quote di elettorato verso l’Udc, innanzi tutto nelle regioni meridionali (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania) che hanno compensato i voti che da Pierferdinando Casini si sono indirizzati verso il Pdl. La buona tenuta di Walter Veltroni, che ha recuperato sui sondaggi che lo davano al 26% solo tre mesi fa, è stata determinata da un certo freno dell’astensionismo, da una tenuta del “voto urbano”, innanzi tutto di ceti metropolitani (non solo a Roma ma anche a Torino e persino a Milano) e dal recupero di voti da Rifondazione e Verdi (oggi Sinistra arcobaleno). Fondamentale in questo senso è stato l’atteggiamento di un quotidiano centrale nell’elettorato estremista, il Manifesto, che ha fatto campagna per Veltroni, un po’ per disprezzo per Fausto Bertinotti, un po’ per odio antiberlusconiano.
La campagna della Sinistra arcobaleno è stata suicida, invece di insistere su programmi elementari ma efficaci, ha preferito concentrarsi sulla metodologia della politica (perché si deve rappresentare solo una “parte” nello scontro politico). Elemento centrale nella sconfitta storica dei bertinottiani è stata la scarsa mobilitazione della Fiom Cgil e in generale della sinistra sindacale, critiche sul governo Prodi e divise tra il più pragmatico Gianni Rinaldini, segretario della Fiom, e il più estremista Giorgio Cremaschi, aspramente antibertinottiano. Sinistra arcobaleno ha perso voti massicciamente verso l’astensione, i trotzkisti (in due partiti l’1,3%), un 2% verso il Pd e un 2% verso la Lega. D’altra parte l’estrema sinistra, tranne che in Germania, è in una severa crisi in tutta Europa.







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