DISCORSO DI FINE ANNO/ Il testo integrale: Giorgio Napolitano sferza l’Italia

- La Redazione

Un discorso dal sapore amarognolo, anche se volto alla speranza, quello del Presidente Napolitano. Che parla di tutto, tranne che del credito e delle banche

Napolitano2_R375 Giorgio Napolitano

Il testo del discorso di fine anno di Giorgio Napolitano è entrato come di consueto nelle case degli italiani proprio prima del cenone di San Silvestro, l’ultimo prima dell’attuazione della manovra “lacrime e sangue” del decreto “Salva Italia”. Un richiamo forte alle responsabilità degli italiani, come lavoratori e contribuenti, alla politica (che vince di nuovo la prova della fiducia) e ai sindacati, chiamati a ripensare il rapporto impresa-lavoratori, come agli imprenditori che devono cercare di rischiare per dar vita alla ripresa. Stupisce, a onor del vero, la totale assenza di riferimenti al ruolo che le banche dovranno rivestire in questa delicata fase. Le parole “banca”, “finanza” o “credito” non sono mai state pronunciate. I centocinquant’anni dell’unità d’Italia sono lo spunto per un resoconto dal sapore amarognolo in un periodo di difficoltà globale in cui lo Stato si confronta con una crisi senza precedenti dal dopoguerra. Analisi storica lucida, a “volo d’uccello” che pone l’accento sulla politica dl debito pubblico attuata a partire dagli anni ottanta, ma non manca quella che a una prima lettura può sembrare la solita stoccatina di rito al Governo Berlusconi, reo di aver portato l’Italia a una crisi di credibilità a livello europeo ora difficile da recuperare. “E’ un fatto che l’emergenza resta grave – ha detto il presidente Napolitano nelle prime battute del suo discorso – è faticoso riguadagnare credibilità, dopo aver perduto pesantemente terreno ; i nostri Buoni del Tesoro – nonostante i segnali incoraggianti degli ultimi giorni – restano sotto attacco nei mercati finanziari ; il debito pubblico che abbiamo accumulato nei decenni pesa come un macigno e ci costa tassi di interesse pericolosamente alti”. Un passaggio chiave del messaggio del Presidente che però non lesina sferzate non già alla sola classe politica (che pure – forse anche in omaggio alla lotta alla Casta), o a parte di essa, ma agli italiani. La classe politica è chiamata a una rigenerazione, di ideali, impegno e classe dirigente, ma alla “stanga” devono andarci tutti (o quasi) soprattutto i lavoratori italiani mentre sarà compito dello Stato arginare e contrastare evasione fiscale e parassitismo. ‘ il momento di rimettere l’Italia in moto. I sacrifici non saranno inutili, anche se dolorosi, soprattutto se ci sarà la ripresa. “Il che dipende da adeguate scelte politiche e imprenditoriali, come da comportamenti diffusi, improntati a laboriosità e dinamismo, capaci di produrre coesione sociale e nazionale”, ha sottolineato Giorgio Napolitano. E il Presidente della Repubblica chiama in causa anche i lavoratori: “Nessuno, oggi – nessun gruppo sociale – può sottrarsi all’impegno di contribuire al risanamento dei conti pubblici, per evitare il collasso finanziario dell’Italia. Dobbiamo comprendere tutti che per lungo tempo lo Stato, in tutte le sue espressioni, è cresciuto troppo e ha speso troppo, finendo per imporre tasse troppo pesanti ai contribuenti onesti e per porre una gravosa ipoteca sulle spalle delle generazioni successive”. Parole pesanti, a cui seguono le preoccupazioni riguardo il lavoro che secondo Napolitano deve essere protetto, ma anche profondamente ripensato, pur “senza mettere in causa la dimensione sociale del modello europeo, il rispetto della dignità e dei diritti del lavoro”. 

Passaggio fondamentale in questo senso è il seguente: “bisogna dunque ripensare e rinnovare le politiche sociali e anche, muovendo dall’esigenza pressante di un elevamento della produttività, le politiche del lavoro : per la fondamentale ragione che il mondo è cambiato, che l’epicentro della crescita economica – e anche di quella demografica – si è spostato lontano dall’Europa”. Nuovo welfare, diverse tutele sindacali e la constatazione – amara, almeno per chi si è battuto per una politica innovativa di sostegno familiare – che in Italia non c’è possibilità di tornare a una crescita demografica che possa rilanciare la produttività. E ancora il richiamo ai sacrifici dei lavoratori che coinvolge direttamente il sindacato che – per bocca di Bonanni e Camusso – ha gradito pur se da due punti di vista fattualmente molto diversi la chiamata alla riforma del lavoro implicitamente proposta da Napolitano. Il discorso prosegue con il ripercorrere le tappe che hanno portato al governo Monti, senza lesinare un complimento “ad personam” a Silvio Berlusconi che ha dimostrato “senso di responsabilità” (e che l’ex premier pare abbia molto apprezzato). Il messaggio si conclude con uno sguardo alla politica estera italiana e con la piena fiducia che la politica riguadagni il ruolo di guida verso il futuro in una democrazia “dell’alternanza nello scenario della nuova legislatura dopo il ritorno alle urne”. 

 







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