DISCORSO NAPOLITANO/ L’ultimo avvertimento alla politica

- Gianluigi Da Rold

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo messaggio di fine anno ha lanciato nuovamente un monito alla politica. Ma cosa significa? Ne parla GIANLUIGI DA ROLD

napolitano_primopiano_lato Giorgio Napolitano (Infophoto)

Arriva un nuovo monito, un avviso urgente alle forze politiche, dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Arriva a conclusione di un messaggio di fine anno per molti aspetti inusuale. Dice il Presidente che non resterà a lungo al Quirinale e sottolinea che vi resterà fino a quando la situazione lo richiederà e lo riterrà necessario. E’ la risposta a tutti quelli che hanno messo in giro, e continuano a farlo, la “ridicola storia” del suo “strapotere personale”. Napolitano ricorda tutta la vicenda del 2013 italiano, con la paralisi istituzionale dopo le ultime elezioni politiche di febbraio e il vuoto di potere che si era creato. E’ stata la responsabilità che ha sentito, dopo continue insistenze, che lo ha spinto ad accettare un nuovo mandato a tempo, ad accettarlo con grande fatica e non a tempo indeterminato.
Dice il Presidente, con precisione e anche quasi in tono di sfida: “Conosco i limiti dei miei poteri e delle mie possibilità anche nello sviluppare un’azione – al pari di tutti i miei predecessori – di persuasione morale. Nessuno può credere alla ridicola storia delle mie pretese di strapotere personale. Sono attento a considerare ogni critica e riserva, obiettiva e rispettosa, circa il mio operato. Ma in assoluta tranquillità di coscienza dico che non mi lascerò condizionare da campagne calunniose, da ingiurie e minacce”.
Quello di fine anno è un messaggio augurale, ma Napolitano, in questo caso, ci riesce poco a rispettare la tradizione. Elogia il coraggio degli italiani, guarda con attenzione ai sacrifici delle persone e all’impegno di molti che cercano di innovare, ma allo stesso tempo sottolinea il dilagare di toni distruttivi. Qui Napolitano è duramente esplicito: “La sola preoccupazione che ho il dovere di esprimere è per il diffondersi di tendenze distruttive nel confronto politico e nel dibattito pubblico; tendenze all’esasperazione, anche con espressioni violente, di ogni polemica e divergenza, fino a innescare un “tutto contro tutti” che lacera il tessuto istituzionale e la coesione sociale”.
Che cosa, di fatto, si presenta di fronte al Presidente ? Abituato alla grande politica, Giorgio Napolitano pensa a un percorso faticoso ma virtuoso verso l’uscita dalla crisi economica ma anche istituzionale, ma allo stesso tempo vede una liturgia politica quasi irritante.
Il monito del Presidente della Repubblica diventa prioritario proprio per gli esponenti della politica italiana: “La nostra democrazia, che ha rischiato e può rischiare una destabilizzazione, va rinnovata e rafforzata attraverso riforme e urgenti. Entrambe le Camere approvarono nel maggio scorso a grande maggioranza una mozione che indicava temi e grandi linee di revisione costituzionale. Compreso quel che è da riformare – come proprio è apparso chiaro nei giorni scorsi in Parlamento – nella formazione delle leggi, ponendo termine a un abnorme ricorso, in atto da non pochi anni, alla decretazione d’urgenza e a votazioni di fiducia su maxiemendamenti. Ma garantendo ciò con modifiche costituzionali e regolamentari, confronti lineari e “tempi certi” in Parlamento per l’approvazione di leggi di attuazione del programma di governo”.

Nella costruzione del suo messaggio di fine anno, il Presidente della Repubblica era partito da una attenzione particolare al disagio sociale, parlando di un 2013 “tra i più pesanti”. Era partito dalle lettere che quotidianamente riceve al Quirinale da semplici cittadini. In questo modo, nel messaggio presidenziale sono entrati nomi comuni come quello del marchigiano Vincenzo, della comasca Daniela, di Franco di Vigevano, di due giovani donne come Serena e Veronica. Sottolineando la loro situazione all’inizio del suo discorso, Napolitano ha con tutta probabilità voluto mettere a confronto questo stato di malessere diffuso con le ormai croniche inadempienze della politica, con la continua “rissa” tra le forze parlamentari, con chi non opera scelte per intervenire nella questione sociale in cui è immersa l’Italia.
In questo senso, il monito di Napolitano è certamente di sfida verso chi usa i toni di disgregazione e di “tendenze distruttive”, ma allo stesso tempo il Presidente sollecita severamente e con una certa durezza, una nuova volta e per l’ennesima volta, anche i partiti, tutti i partiti e le forze politiche, anche quelle di governo, a muoversi verso l’indispensabilità di riforme, di scelte politiche decisive per far ripartire l’Italia. Il messaggio diventa quindi un monito a tutti.
E’ difficile immaginare che peso reale possa avere questo discorso di fine d’anno sugli italiani, tanto disillusi. E quale peso concreto possa esercitare sulle forze politiche. Ad alcuni, il vecchio leader che faceva parte del “miglioristi” del Pci, è apparso come un uomo solo. Ma il giudizio è forse affrettato.
In questo momento, si potrebbe anche fare un esercizio di realismo. Bisognerebbe chiudere gli occhi e immaginare un Paese senza questo vecchio Presidente della Repubblica che parla il linguaggio della politica in modo classico. Lo spettacolo che si presenterebbe a chi volesse immaginare un simile scenario sarebbe probabilmente fatale per l’Italia. Di fatto, riordinando le sue analisi e i suoi pensieri, offrendo suggerimenti e sottolineando la necessità di riforme, oggi, lo si voglia o no, il Presidente Napolitano rappresenta ancora l’ultima istituzione che regge e può garantire un caposaldo per la democrazia italiana.





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