NAPOLITANO/ Renzi sa chi è il successore, ma lo nasconde

- Angelo Picariello

Questa sera ci sarà il nono discorso di fine anno di Napolitano. Sarà l'ultimo. Ma non è la successiva contesa che preoccupa il capo dello Stato uscente. ANGELO PICARIELLO

corazziere_napolitanoR439 Giorgio Napolitano (Infophoto)

Il Napolitano numero 9 si accinge ad andare in onda per il discorso di fine d’anno e — sarà perché non se ne preannuncia una decima edizione — quest’anno c’è un’attesa particolare. 

Soprattutto c’è attesa per il possibile annuncio, dato da molti per probabile, della data delle dimissioni. Invece forse si tratterà solo di un più circostanziato annuncio, ma ancora senza l’indicazione della data. Napolitano è un post-comunista della prima ora essendo stato già all’epoca dell’ex Pci un liberal-migliorista, una sorta di comunista-non comunista. Eppure, nel suo rapporto con le istituzioni, è rimasto un comunista vecchio stampo, lo Stato quando chiama viene prima di ogni altra cosa. Prima persino della famiglia, che gli aveva vietato re-incarichi, prima persino del medico che glielo aveva vivamente sconsigliato. 

Qualche nuovo acciacco dell’età, superato — che però ha comportato la stabile comparsa del bastone — non ha fatto altro che rafforzare la sua decisione intimamente sancita, e resa nota solo agli stretti congiunti, di voler celebrare i 90 anni, nel giugno prossimo, nella stretta riservatezza della famiglia, lontano dagli incarichi che hanno caratterizzato 60 anni di impegno politico. Ma, appunto, ferma restando questa decisione e l’intenzione di frasi da parte al più presto, credo che ancora una volta la data precisa sarà dettata dalle scadenze istituzionali, che — se onorate — potranno rendere la sua uscita di scena un atterraggio morbido, come nei suoi auspici. 

In questi giorni si vanno consolidando alcuni di quei fattori che potrebbero consentire l’annuncio già entro fine gennaio. Innanzitutto una saldatura, che si registra, di quella maggioranza allargata per le riforme che include Forza Italia e Silvio Berlusconi, che poi potrebbe essere foriera anche di una elezione a larga maggioranza del nuovo presidente, superando il diritto di veto interno che la sinistra del Pd intende esercitare. D’altronde nella stessa sinistra Pd si va ormai consolidando un’area — che vede in Pierluigi Bersani il suo esponente più significativo — che pur chiedendo ascolto non intende praticare le barricate e non pone problemi a un dialogo che includa il partito dell’ex Cavaliere.

Naturalmente l’elezione del nuovo capo dello Stato è faccenda successiva, e l’impressione è che un Napolitano ormai stanco non intenda in alcun modo partecipare alla contesa. Sebbene sia chiaro a tutti che il nome preferito dall’attuale inquilino del Quirinale sarebbe Giuliano Amato, al momento però considerato il principe dei “bocciati” insieme a Romano Prodi. Insomma, non dovrebbe essere uno di questi due, anche se il primo avrebbe probabilmente goduto del sostegno di Forza Italia, ma è Renzi il “rottamatore” che farebbe fatica, probabilmente, a recitare la parte del suo sponsor, sia pur indiretto, essendo ricordato, il dottor sottile, anche per la sua collaborazione con Craxi e per il prelievo forzoso sui conti correnti quando era premier. 

Ma, dicevo, non è alla successiva contesa che guarda Napolitano, quanto a quella in pieno svolgimento sulla riforma costituzionale e sulla legge elettorale. Attende, insomma, il via libera alla riforma che retrocede il Senato a Camera delle Regioni non elettiva e alla strettamente collegata riforma elettorale che dovrebbe regolare solo l’elezione della Camera. Al presidente basterà un via libera politicamente impegnativo in una delle due Camere (la legge elettorale al Senato e la riforma costituzionale alla Camera) per farsi da parte con una certa tranquillità sul futuro.

Raccontano che Berlusconi sarebbe pronto pure a digerire una legge elettorale poco gradita, specie in quella soglia chiesta e ottenuta da Alfano al 3 per cento (inutile dire che Forza Italia avrebbe preferito una legge elettorale ammazza-Ncd-popolari) in cambio di una partecipazione diretta alla scelta del nuovo presidente. Raccontano anche che dentro Forza Italia si preparano al voto subito dopo il voto per il Quirinale, già a maggio, perché sono convinti che Renzi non abbia voglia di tirare in lungo, per andare all’incasso di consensi più alti rispetto a due anni fa e soprattutto per poter contare su una classe parlamentare più “in linea” dell’attuale, selezionata da un Pd bersaniano. 

Renzi, per tacitare queste voci, vuole offrire pubbliche garanzie che la sua idea non è quella di andare al voto presto, e lo farebbe accordando una clausola di salvaguardia che farà entrare in vigore l’Italicum dal 2016, quando presumibilmente la riforma costituzionale avrà concluso il suo iter. Ma, ricordano i costituzionalisti, questa non sarebbe una vera e propria polizza assicurativa contro il voto anticipato. Ipotesi che resterebbe in campo, senza l’approvazione della nuova legge elettorale (ma con la sola correzione “chirurgica” del Porcellum sul premio di maggioranza e sul voto di preferenza, il cosiddetto “Consultellum”) nel caso di precipitazione verso le urne. 

Ma c’è anche anche una terza ipotesi, ancora più complicata, nel caso che la nuova legge elettorale (che interviene solo sul sistema elettorale della Camera) fosse approvata, ma non ancora la riforma costituzionale, che dovrà abolire il voto per il Senato. In tal caso — speriamo che il destino ci risparmi questo pastrocchio — si voterebbe con la nuova legge elettorale alla Camera, mentre al Senato soccorrerebbe il “Consultellum”. Questioni successive, in ogni caso: gennaio dovrebbe essere il mese delle dimissioni di Napolitano, febbraio quello del nuovo presidente. Napolitano ora chiede solo di accelerare la sua uscita. Da lui c’è da aspettarsi, quindi, l’estremo atto di sostegno a Renzi, un plauso per il Jobs Act approvato, per le tante crisi industriali risolte in questi ultimi mesi, per il rischio Grecia che è stato risparmiato all’Italia. E un’ultima richiesta, rivolta anche a Berlusconi, di non far mancare il sostegno alle riforme. Dicono che il leader di Forza Italia voglia prima garanzie sul nome del successore di Napolitano e dicono che quello di Prodi gli crei, al solo nominarlo, grande turbamento e preoccupazione. Dicono anche però che, in realtà, il nome “vero” già ci sarebbe, e per non bruciarlo tutti i contraenti si stiano adoperando a tenerlo coperto.





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