SPILLO SUD/ La Questione meridionale dietro il trionfo di M5s

- Alfonso Ruffo

Le ultime elezioni hanno avuto il pregio di riportare a galla la questione del Mezzogiorno, resa evidente dai tanti voti raccolti dal Movimento 5 Stelle al Sud. ALFONSO RUFFO

m5s_comizio_dimaio_lapresse_2018 LaPresse

Le ultime elezioni hanno avuto il pregio (sì, il pregio) di riportare a galla la questione del Mezzogiorno che non sarà più certo la vecchia Questione Meridionale, ma qualche problema lo pone e pure grosso se la parte bassa della penisola si è interamente colorata di giallo a causa del predominio dei 5stelle. Volendo attribuire alla promessa del reddito gratis per tutti il valore che merita – una mera suggestione nella stragrande parte dei casi -, la spiegazione può essere ricercata in un moto collettivo di ribellione allo stato delle cose e alla conseguente voglia di un cambiamento purchessia.

Tutto purché si volti pagina. A casa chi ha (s)governato negli ultimi anni perché le liti hanno avuto il sopravvento sulle soluzioni. E non c’è stato uno straccio di politico che si sia potuto avvicinare, al quale poter raccontare le proprie difficoltà nella speranza – almeno la speranza – di una soluzione. Basta, questa generazione ha stancato. Proviamo con la fresca formazione dei grillini che promettono tanto, sono dappertutto, ti raggiungono sulla rete anche quando non li cerchi. E, insomma, quale danno maggiore di chi li ha preceduti potrebbero fare se fossero messi alla prova?

Il ceto dirigente uscente – non per propria volontà ma per il cortese invito a sgombrare il campo -non ha capito che i tempi sono davvero cambiati e che i problemi vanno affrontati con l’intenzione di risolverli non potendo più lasciarli marcire sul terreno. La mistica del rinvio, delle difficoltà amministrative che si frappongono, dei tempi tecnici che occorrono, non incanta più nessuno. La gente è stanca di aspettare e forse anche di chiedere. Se trattata con sufficienza può convincersi di valere poco o niente. E si comporta di conseguenza.

Di fetenti – fannulloni, approfittatori, mangia pane a tradimento – ce ne sono eccome al Sud come in tutte le latitudini. Probabilmente un po’ di più, qualcuno per vocazione e qualche altro per disperazione. Ma non sono certo loro a rappresentare la maggioranza dei cittadini ancora sudditi. Chiunque abbia provato ad avviare un’iniziativa, di qualsiasi genere, si sarà accorto di quanto è forte la resistenza dell’ambiente circostante. Fare qualcosa, qualsiasi cosa, è faticoso. Richiede un dispendio di energie certamente superiore ai benefici attesi. Stare nella regola è un’impresa.

E se il pubblico non dà più risposte, se è nel mercato che bisogna cercare la soddisfazione ai propri bisogni, allora occorre modificare tutto: il panorama pietrificato di chi è più interessato a difendere prebende e poltrone che a offrire opportunità si sgretola all’improvviso. Perché Bagnoli, per fare un esempio, è lì da trent’anni a soffrire sotto il sole o nel gelo senza che si riesca a trovare un assetto utile per Napoli e i suoi giovani emigranti? Perché il Mezzogiorno è puntellato da tante Bagnoli che inghiottono risorse senza restituire nulla?

La doccia gelata di una scelta radicale, senza compromessi, esasperata da una catena di delusioni che parte dalla Campania e arriva in Sicilia, dovrebbe suscitare una reazione uguale e contraria per trasformare il frenetico immobilismo di ieri e di oggi in un attivismo tranquillo domani.







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