IL CASO/ La “guerra” dei taxi che vuol trasformare Roma nella Chicago degli anni ’20

- Alessandro Banfi

Finisce la tregua dei tassisti a Roma, pronti a protestare per l'annunciata revisione delle tariffe e per la ricevuta che dovrebbe diventare obbligatoria. Il commento di ALESSANDRO BANFI

taxir400 Lo sciopero dei taxi a Roma (Imagoeconomica)

Dunque oggi si rompe la tregua dei tassisti che dura da tre anni. Dall’indomani cioè dell’elezione del sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ringraziò proprio il popolo dei radio taxi nella sua prima uscita pubblica. Sarà un giorno di caos e di disagi col solito concentramento alla Bocca della Verità. Gli autisti delle auto pubbliche protestano per l’annunciata revisione delle tariffe e per la ricevuta che dovrebbe diventare automatica e obbligatoria (come a New York). Adesso si sentono trascurati da quello che è stato considerato a lungo il primo cittadino a loro più vicino. E’ il destino delle moderne democrazie quello di essere nelle mani delle lobby e delle corporazioni: i tassisti romani si sentono padroni della città eterna e non nascondono certo le loro richieste e i loro diritti. Coi clienti innanzitutto. Chiunque abbia preso un taxi a Roma conosce le continue lamentele di questi lavoratori, che si sfogano se date loro un indirizzo di destinazione troppo vicino o semplicemente se vi fate portare lontani dalle loro case, verso la fine del turno…  Mentre è un dato di fatto che bastano due gocce in città per non trovare più una macchina, neanche a pagarla oro, e tuttavia con i clienti sostengono sempre che non c’è lavoro…

Per non parlare della soprattassa di Termini (perché i tassisti devono aspettare troppo i clienti) o delle tariffe fisse per Fiumicino e Ciampino. E tuttavia oggi i tassisti protestano e ritengono di essere stati dimenticati da Alemanno.

A questo punto, c’è da augurarsi che i politici rinsaviscano. Non si possono rincorrere gli interessi delle corporazioni all’infinito, anche se sono costituite dai commercianti o dagli autisti dei radio taxi. Bisogna recuperare la nozione di bene comune, pensare all’interesse generale, a che cosa oggettivamente può migliorare la convivenza in una città come la nostra. Togliere barriere e privilegi, garantire la società civile e il suo libero svilupparsi, aprire il mercato e non chiuderlo, a beneficio dei soliti furbi.

La giornata di oggi è importate anche per capire se viene garantito, assieme al sacrosanto diritto di sciopero, anche il diritto di lavorare per chi non aderisce alla protesta. Capiremo così se siamo nella Roma del 2011 o nella Chicago degli anni Venti, che era in mano ai sindacati gialli infiltrati dalla criminalità.







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