SCIENZA/ Al via l’anno dell’astronomia nel segno di Silvestro II

- Costantino Sigismondi

L’anno mondiale dell’Astronomia è stato inaugurato dal recente Angelus di Papa Benedetto XVI durante il quale ha citato, tra gli altri, il suo predecessore Silvestro II, ricordato come docente di astronomia. Ma chi era questo pontefice di mille anni fa? COSTANTINO SIGISMONDI lo spiega a ilsussidiario.net

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L’anno mondiale dell’Astronomia è stato inaugurato dal recente Angelus di Papa Benedetto XVI durante il quale ha citato, tra gli altri, il suo predecessore Silvestro II, ricordato come docente di astronomia. Ma chi era questo pontefice di mille anni fa?

La ricchezza intellettuale, morale e umana di questo grande uomo, vissuto santamente e protagonista della storia scientifica e politica del suo tempo, richiederebbe una adeguata presentazione delle sue opere e delle fonti storiografiche. In effetti, nonostante i chiarimenti apportati dalla storiografia recente, la sua vita continua a essere avvolta da pregiudizi e leggende che appesantiscono la comprensione del personaggio. Se per quanto riguarda le sue opere esiste oggi un consenso tra gli specialisti, la storiografia gerbertiana ha conosciuto in passato vive polemiche attorno alla sua persona.

Esperto di astronomia, matematica, musica, logica, retorica, medicina, Gerberto d’Aurillac era il più famoso docente del suo tempo; e divenuto Silvestro II (999-1003) suggellò con il pontificato il X secolo. La sua esistenza fu un connubio unico nella storia tra santità di vita, scienza e ricerca, attività pastorale e politica. A lui dobbiamo i primi contatti tra l’astronomia araba e le scuole cattedrali europee e l’introduzione dell’astrolabio. Fu sua l’idea d’Europa allargata ad Est fondata su radici cristiane. La vita di Gerberto offre ancor oggi spunti appassionanti tanto allo scienziato quanto al politico allo storico e all’ecclesiastico moderni. Attorno a Gerberto scopriamo un mondo culturale in grande fermento, che se non fosse per le tracce lasciate dal grande docente che è salito al soglio di Pietro, difficilmente ci sarebbe pervenuto. Dopo l’impulso agli studi del tempo di Carlo Magno è in questo primo contatto, tra la civiltà araba e gli ultimi avamposti cristiani, che si ha il travaso di nuova scienza in Europa. Le cifre arabe, l’astrolabio e il loro uso costituiscono per Gerberto quella novità intellettuale che era andato a cercare in Spagna con il consenso e lo stimolo del superiore del suo convento ad Aurillac.

Questa mini-rinascenza, un vero e proprio cambiamento di paradigma, è passata sotto silenzio anche nell’epistemologia recente. Dai registri delle biblioteche di Ripoll, di Reims, di Bobbio e di Bamberga, dove sono finite le opere in possesso di Ottone III che Gerberto ha gestito, possiamo farci un’idea della vasta formazione di Gerberto, che nel 980 era divenuto universalmente famoso per la sua reputazione di sapiente e grande retore. Il rapporto di Gerberto con la dialettica caratterizza la sua scuola: introduce sofismi per allenare i suoi allievi a sostenere anche le ipotesi contrarie. Ma la sua grande innovazione nella didattica è l’uso di strumenti per le dimostrazioni, al punto che viene considerato come precursore del metodo sperimentale. Certo è che nelle sue lettere a carattere scientifico non è tanto la dialettica o le citazioni di autori classici a supporto di questa o quella teoria, come si può trovare nei testi dal Sacrobosco a Copernico, ma il riferimento diretto a strumenti e calcoli da lui stesso utilizzati e svolti. L’eredità scientifica di Papa Gerberto è impressionante: il suo deciso impulso alla matematica e alla sperimentazione scientifica costituiscono le basi sulle quali si edificherà l’intero edificio del sapere universitario e della scienza moderna.

Tre aspetti sono degni di nota: Gerberto era convinto che l’educazione doveva essere basata sulla scienza degli antichi greci, e che si doveva arrivare alla teologia soltanto dopo una solida e strutturata preparazione intellettuale, che includeva tutte le arti liberali e non soltanto il trivium. Il suo entusiasmo nell’insegnamento fa di lui uno dei grandi pedagoghi della storia dell’umanità. Con Gerberto, il lavoro pratico con i numeri acquista uno statuto simile all’aritmetica teorica. Grazie all’uso dell’abaco, che egli introdusse, e a quello delle cifre arabe, contribuì allo sviluppo di complesse operazioni aritmetiche. Ai tempi di Gerberto, si introduce l’uso del monocordo nelle tecniche d’insegnamento del canto liturgico, una riforma che egli sostenne decisamente, perché conforme al suo metodo didattico.

Fu anche il massimo esperto in organi del suo tempo. Infine, Gerberto, sebbene non abbia fatto personalmente alcuna scoperta astronomica, introdusse l’astrolabio e l’astronomia degli arabi in Europa, grazie alla quale fu possibile lo sviluppo di questa scienza nei secoli posteriori. Gerberto riscosse la devota ammirazione dei suoi contemporanei grazie agli strumenti astronomici che aveva acquistato in Spagna e alla sua conoscenza della matematica e della scienza. Secondo il fisico e storico Pierre Duhem, servendosi di fonti arabe per il suo libro sull’astrolabio egli creò una nuova moda. Il ruolo chiave di Gerberto nella storia dell’astronomia con l’introduzione dell’astrolabio in Europa, sarebbe sufficiente di per sé a giustificare la riproposizione al mondo scientifico della figura di Silvestro II.

La straordinaria storia di questo studioso, che la Provvidenza a chiamato a guidare la “Barca di Pietro” dopo che si era occupato appassionatamente di ogni scienza, ha ancora molto da dire all’uomo del terzo millennio: un uomo minacciato continuamente dalla frammentarietà dei saperi e del linguaggio dei media. Gerberto incarna l’unità dell’uomo medievale in cui fede, scienza, politica e vita componevano un’armonia mirabile, che si rifletteva anche nelle espressioni artistiche.





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