ELETTRONICA/ Cosa significa “JPG”? La longevità di un formato che ha fatto storia

- Carlo Colesanti

In barba al ciclo di vita ormai cortissimo delle innovazioni nell’Information Technology, spiega CARLO COLESANTI, lo standard di compressione delle immagini JPEG tiene banco da quasi venti anni. È stato sviluppato a cavallo tra la fine degli anni ’80 e metà anni ’90 dal Joint Photographic Experts Group

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In barba al ciclo di vita ormai cortissimo delle innovazioni nell’Information Technology, lo standard di compressione delle immagini JPEG tiene banco da quasi venti anni. È stato sviluppato a cavallo tra la fine degli anni ’80 e metà anni ’90 dal Joint Photographic Experts Group (JPEG), un gruppo aperto di esperti provenienti da università, centri di ricerca e dai giganti dell’elettronica; ed è ormai ben noto anche al grande pubblico.

Non che la tecnologia non sia andata avanti, anzi: jpeg è sicuramente datato. Tuttavia, nonostante la sua venerabile età, funziona maledettamente bene ed è compatibile con tutti gli apparecchi in circolazione: macchine fotografiche digitali, software vari, telefonini, palmari. Il tentativo più autorevole di sostituirlo è stata la creazione dello standard jpeg2000 – sempre ad opera del Joint Photographic Experts Group – giunto a maturazione nei primi anni del nuovo millennio. Da un punto di vista tecnico jpeg2000 è un vero gioiello, ma a tutt’oggi pochi lo conoscono e pochissimi lo usano.

Un ulteriore tentativo di raccogliere l’eredità di JPEG sta ora per arrivare nella sua fase cruciale. Il protagonista questa volta è Microsoft. Vale veramente la pena di dare un’occhiata a che cosa sta succedendo – in un silenzio quasi assoluto – perché è indicativo di un nuovo modo di muoversi che il gigante di Redmond sta collaudando.

Microsoft è stato per anni – ed è tuttora – il “campione” assoluto del software proprietario gelosamente tenuto segreto. Nei settori in cui si è via via sviluppata la sua attività ha sempre messo a punto le proprie soluzioni tecniche (talvolta “ispirandosi” non poco al lavoro di altri) e ha usato (talvolta abusandone) la propria forza di mercato per imporle. Così è stato ad esempio per Internet Explorer, così anche per Windows Media Video. Negli ultimi anni però questa strategia ha cominciato a scricchiolare: da un lato sono fioccati procedimenti e sanzioni per abuso di posizione dominante, dall’altro è sempre più marcata la crescita del software open source, ormai arrivato ad erodere quote significative di mercato.

Ed ecco che Microsoft prova a battere una nuova via: far approvare come standard le proprie soluzioni. Ricordiamo che uno standard è un insieme di specifiche tecniche il cui scopo è definire una sorta di “cornice” che assicuri la mutua compatibilità tra tutti gli apparecchi (e i software) che lo osservano; all’interno della “cornice” condivisa ognuno è libero di affrontare i singoli aspetti tecnici come meglio crede.

Per primo è stato Windows Media Video: dopo aver incassato il rifiuto di MPEG (Motion Picture Experts Group, il comitato analogo a JPEG che si occupa di video e ha dato vita ai formati MPEG), nel 2006 Microsoft riesce a ottenergli lo status di standard SMPTE (Society of Motion Picture and Television Engineers) con il nome VC-1.

E ora ecco HD Photo (già Windows Media Photo): l’esame da parte del Joint Photographic Experts Group è in corso e ci si attende che il riconoscimento come standard, con il nome JPEG XR, arrivi prima della fine del 2009.

Parallelamente Microsoft ha avviato un’intensa campagna di lobbying per convincere tutti i principali operatori – in particolare i produttori di macchine fotografiche digitali – a supportare il formato JPEG XR. Proprio la capillarità di questa promozione combinata con il peso di un attore come Microsoft marcano una differenza sostanziale e forse decisiva rispetto all’insuccesso di jpeg2000.

Ma che interesse ha Microsoft ad ottenere lo status di standard per un proprio prodotto?

A prima vista sembrerebbe addirittura svantaggioso: di fatto si rendono accessibili a tutti le specifiche esatte delle proprie tecnologie.

Eppure, a dispetto delle apparenze superficiali, è vantaggioso eccome.

In primo luogo la standardizzazione rende possibile lo sviluppo di prodotti compatibili a chiunque operi nel settore: dai produttori di apparecchi (non per niente i lettori per Blu-Ray Disc, cioè per i DVD di nuova generazione, sono compatibili con VC-1), all’industria dei media. Di più, è un forte sprone a garantire effettivamente la compatibilità per poter offrire prodotti completi e concorrenziali.

In secondo luogo Microsoft si trova a godere di un notevole vantaggio competitivo: i concorrenti devono imparare una tecnologia altrui e rincorrere.

Ma soprattutto Microsoft si mette in condizione di impugnare saldamente il coltello dalla parte del manico: certo, per facilitare la diffusione dello standard, è necessario concedere licenze molto vantaggiose – tipicamente gratuite – per l’uso dei propri brevetti e del proprio know how, ma si ha pur sempre il potere di dettare le esatte condizioni di uso e di far valere i propri diritti con durezza in qualsiasi caso di violazione.

In altri termini, lo status di standard e la licenza d’uso gratuita danno l’impressione che si tratti ormai di tecnologia completamente di dominio pubblico, ma non è così: esiste un proprietario ed è ben chiara la sua identità. Al contrario, da semplici proprietari delle proprie soluzioni (come chiunque altro), un uso astuto della standardizzazione può permettere di diventare proprietari di qualcosa che si è riusciti a convincere tutti o quasi ad utilizzare.

Che riesca o meno ad accaparrarsi l’eredità di JPEG con il suo JPEG XR, bisogna ammettere che Microsoft l’ha pensata bella…





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