LASER/ Lo slalom degli elettroni nel supermicroscopio a raggi X

- int. Giuseppe Dattoli

GIUSEPPE DATTOLI ci parla del progetto SPARX, il supermicroscopio del futuro, lungo un chilometro,in grado di dare un impulso enorme alla ricerca scientifica, specie nel campo delle nanotecnologie e delle scienze biomediche.

microscopioR400 Foto Fotolia

Chi si aggira nel territorio dell’Università di Roma a Tor Vergata sentirà parlare di un progetto in fase di realizzazione riguardante un modello innovativo di laser, che promette di ampliare notevolmente i campi di applicazione di questo straordinario strumento, del quale si stanno celebrando con una serie di manifestazioni i 50 anni dell’invenzione. La nuova macchina si chiama SPARX: sarà lunga un chilometro e fa parte della famiglia di apparecchiature denominate FEL (acrostico del termine inglese Free Electron Laser ovvero laser ad elettroni liberi); una volta messo in funzione, porterà la maggior parte delle applicazioni attuali a nuovi livelli d’eccellenza e verso nuove direzioni in molteplici discipline.

Ma che cos’è un FEL? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Dattoli, del Centro Ricerche Enea di Frascati, che ha seguito queste ricerche fin dagli inizi. «I FEL possono essere considerati a tutti gli effetti laser nel senso stretto del termine, sebbene il meccanismo di operazione sia affatto diverso da quello delle sorgenti convenzionali. Essi non utilizzano infatti il processo di emissione stimolata da parte di un sistema atomico o molecolare, in cui sia stata realizzata una inversione di popolazione, ma il processo di emissione stimolata da parte di un fascio di elettroni relativistici, che attraversa un magnete di tipo ondulatore».

Un magnete ondulatore è un dispositivo (magnetico) in cui gli elettroni vengono forzati a eseguire una traiettoria ondulata, simile a quella di uno sciatore durante una gara di slalom. Durante tale moto gli elettroni interagiscono con il campo del magnete e perdono energia, sotto forma di radiazione elettromagnetica, come accade nelle sorgenti della cosiddetta luce di sincrotrone. La radiazione emessa ha comunque due caratteristiche molto peculiari: la sua lunghezza d’onda è inversamente proporzionale al quadrato dell’energia degli elettroni; la sua monocromaticità è inversamente proporzionale al numero di oscillazioni eseguite dagli elettroni all’interno del magnete.

«Tali caratteristiche rendono il processo di emissione molto appetibile per la realizzazione di un laser. In tale caso il mezzo attivo dei laser convenzionali viene sostituito dal fascio di elettroni in moto nel magnete e l’energia di pompa è proprio l’energia cinetica degli elettroni. Il FEL è dunque un dispositivo che trasforma l’energia di un fascio di elettroni in radiazione elettromagnetica coerente». Allo stesso modo dei sistemi convenzionali il FEL può operare come oscillatore o come amplificatore. Nel primo caso la radiazione emessa dagli elettroni viene intrappolata in una cavità ottica, qui viene riflessa dagli specchi e interagisce con pacchetti di elettroni iniettati in cavità con una distanza temporale approssimativamente uguale al periodo di andata e ritorno della radiazione in cavità.

A ogni interazione successiva la radiazione accumulata in cavità viene “rinforzata” dal processo di emissione stimolato e successivamente estratta, con meccanismi analoghi a quelli dei laser convenzionali. «L’Italia ha una lunga tradizione di ricerca nell’ambito dei FEL. Tale interesse fu inizialmente sviluppato all’ENEA (allora CNEN) nella seconda metà degli anni 70 del secolo scorso. Successivamente, presso i laboratori dell’ENEA di Frascati sono stati realizzate vari tipi di FEL».

 

Dattoli si riferisce in particolare allo SPARC, progetto del quale è stato uno dei principali realizzatori. «La radiazione può essere confinata in una cavità ottica se esistono specchi che non assorbano la radiazione e non vengano danneggiati da questa. Ora, sebbene in tale campo si registrano continue evoluzioni, è difficile trovare specchi o ottiche efficienti nelle regioni dei raggi X. Per tale motivo sono stati proposti amplificatori, anche detti sorgenti di luce di quarta generazione, in cui il fascio di elettroni viene fatto passare in magneti ondulatori molto lunghi e qui la radiazione emessa viene “auto-amplificata”.

  

È il processo comunemente detto SASE (Self Amplified Sponatneous Emission). SPARC è un FEL di questo tipo, che ha dimostrato di operare con un fascio di elettroni con pacchetti di durata estremamente corta e con caratteristiche, quali dispersione angolare e di energia, estremamente contenute». Il ricercatore dell’Enea sottolinea però che il laser SPARC è una “test facility” ovvero un impianto dedicato a verificare alcune ipotesi di funzionamento ma non è un impianto dedicato alla ricerca.

 

«SPARC ha fornito informazioni preziose per il progetto di SPARX, un’estensione di SPARC: quest’ultimo però è operante nel visibile, SPARX invece funzionerà con i raggi X. Sarà realizzato da una collaborazione che vede l’impegno di ENEA, INFN, CNR e Università di Roma Tor Vergata. Il progetto usufruirà di un finanziamento iniziale pari a 25 milioni di Euro, erogato in parte dal MIUR e in parte dalle regione Lazio». SPARX sarà quindi il supermicroscopio del futuro e darà un forte impulso alla ricerca scientifica, in particolare alle nanotecnologie e alle scienze biomediche. «Le applicazioni riguardano vari campi. Importante si preannuncia il suo utilizzo per analisi genomica e in particolare per lo studio della dinamica di trasformazioni biochimiche nel DNA».

 

 

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Schema di un oscillatore FEL.

 

 

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Schema del processo SASE: il pacchetto di elettroni iniettato nel magnete ondulatore emette radiazione all’inizio del magnete che viene successivamente amplificata dall’auto-interazione degli elettroni con la radiazione emessi da loro stessi.






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