NOBEL 2011/ Chimica: (quasi)cristalli, pavimenti e… padre Brown

- Emanuele Ortoleva

Il Premio Nobel per la Chimica 2011 è stato attribuito a Dan Shechtman per la scoperta dei quasicristalli. EMANUELE ORTOLEVA ci spiega di che cosa si tratta esattamente

CristalliR400 Foto Fotolia

Il Premio Nobel per la Chimica 2011 è stato attribuito a Dan Shechtman, ricercatore del dipartimento di Ingegneria dei Materiali del Technion (Istituto Israeliano di Tecnologia) di Haifa. La motivazione è: per la scoperta dei quasicristalli. La parola è sorprendente! Quasicristalli è un’apparente contraddizione: una sostanza o è cristallina, o non lo è. Cristalli sono il cloruro di sodio, ovvero il sale da cucina, i minerali, che fanno bella mostra nei negozi specializzati e nei musei di storia naturale, i metalli e ovviamente le pietre preziose. Non lo è invece il vetro, anche se quello pregiato viene chiamato impropriamente cristallo.

Per capire come è fatto un cristallo basta abbassare gli occhi e guardare il pavimento. Se ci pensate un attimo si vedono pavimenti con piastrelle triangolari, quadrangolari e esagonali, ma mai pentagonali. Quello di questa figura non si può certo chiamare un pavimento ben fatto: quanti buchi!

 

Il fatto è ben noto ai matematici: non si può ricoprire una superficie piana con qualsiasi poligono regolare, ma solo con triangoli, quadrati ed esagoni. Una caratteristica di una pavimentazione è che su qualunque piastrella del pavimento vi mettiate, ovviamente senza guardare le pareti, non vedete alcuna differenza: si chiama simmetria traslazionale, o periodicità.

Si dimostra che la simmetria pentagonale, secondo cui la figura non cambia dopo una rotazione di 1/5 di giro, non va d’accordo con la simmetria traslazionale, che permette solo le rotazioni di 1/2, 1/3, 1/4 e 1/6. La stessa cosa avviene per le sostanze solide cristalline, dove gli atomi si dispongono periodicamente, al contrario del vetro in cui gli atomi sono disposti in maniera disordinata.

Pensate l’incredulità di Shechtman quando, nel 1982 al U.S. National Institute of Standards and Technology (NIST), analizzando una lega, di alluminio e manganese, al microscopio elettronico ebbe l’evidenza di una simmetria pentagonale!

“Non è possibile!”, disse – la stessa cosa che direbbe chiunque vedesse una piastrellatura di pentagoni perfettamente combacianti – e da bravo sperimentale si mise nuovamente a rivedere e a ripetere tutte le misure, ma il risultato non cambiava. Ovviamente non è che Shechtman vedesse direttamente gli atomi, quello che vedeva erano quelle che si chiamano figure di diffrazione, le quali hanno una ben precisa relazione geometrica con la disposizione degli atomi – un po’ come guardando un arcobaleno si deduce la presenza delle gocce d’acqua che lo generano – perciò un errore era sempre possibile.

Il problema cui si trovava di fronte era che accettare il risultato era assurdo, perché andava contro un principio matematico perfettamente dimostrato e non contro principi fisici che per loro natura sono sempre rivedibili. Tutti i membri del gruppo di lavoro giunsero persino a deriderlo e, siccome egli aveva fiducia nel suo risultato, il direttore lo invitò a lasciare il gruppo.

Tornato ad Haifa cercò la collaborazione di un suo vecchio compagno di studi per ricavare la disposizione degli atomi nel cristallo, l’articolo fu immediatamente respinto dalla rivista a cui era stato inviato. Shechtman cercò la collaborazione di altri cristallografi di prestigio che trovarono le sue misure ineccepibili. Alla fine l’articolo fu pubblicato da un’altra rivista, suscitando un’enorme reazione tra i cristallografi che vedevano messo in crisi il principio fondamentale secondo cui i cristalli sarebbero una disposizione periodica di atomi.

Come spesso accade la spiegazione matematica era già disponibile. A metà degli anni ‘70 il matematico inglese Penrose aveva dimostrato come con solo due rombi diversi era possibile costruire una pavimentazione che si ripeteva in maniera non periodica e come in questa si formassero delle figure a simmetria pentagonale.

 

 

Alla fine del 1984 Steinhardt e Levine pubblicarono un articolo in cui descrivevano i risultati di Shechtman come una ripetizione aperiodica e coniavano il termine quasicristalli. Così la scoperta generò una corsa tra i cristallografi a recuperare dati scartati perché ritenuti errati, in quanto invece erano interpretabili come riferiti a strutture quasicristalline nel senso indicato.

Questo dimostra ancora una volta come molte volte una scoperta sia già sotto gli occhi di molti e nessuno se ne renda conto: ci vuole qualcuno che abbia la capacità di guardare per portarla alla luce. La cosa ricorda proprio il famoso racconto di Chesterton in cui Padre Brown è l’unico a intuire che la collana di brillanti che tutti cercavano si trovava dentro al lampadario di cristallo che avevano davanti al naso.







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