SPAZIO/ Visita guidata al Pianeta Terra dalla “cupola” della Stazione Spaziale

- Paolo Floriani

Dopo la prima giornata nella quale è stata aperta al pubblico, PAOLO FLORIANI ci parla della nuova Area Spazio del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano

spazio_museo_r439 Foto InfoPhoto

A giudicare dalla folla che ha partecipato martedì sera all’inaugurazione della nuova Area Spazio, dal 1 novembre, nel primo weekend di apertura al pubblico della Sala, c’è da prevedere un’affluenza da record. È vero che l’altra sera c’era la presenza straordinaria del comandante dell’Apollo 17 Eugene Cernan, l’ultimo uomo sulla Luna (finora) e molti non hanno resistito all’opportunità di farsi fotografare con l’uomo che nel 1972, alla sua terza missione spaziale, ha lasciato sul polveroso suolo lunare la più recente impronta di un’abitante del nostro Pianeta. E chi è venuto al Museo è certamente rimasto colpito dalla vivacità e dall’entusiasmo di questo “esploratore” ottantenne che alla domanda: “Partirebbe per una missione su Marte?” ha prontamente risposto: “Domani mattina”.

Astronauta a parte, il fascino delle avventure spaziali sembra conoscere una rinnovata freschezza, che si manifesta in tante iniziative in tutto il mondo, imprenditoriali, scientifiche e comunicative; e la nuovo proposta espositiva del Museo milanese si candida a catalizzare tanto interesse di giovani e meno giovani. Che troveranno un ambiente forse un po’ troppo stretto per delle visite di gruppi numerosi; ma così potranno fare l’esperienza che fanno gli astronauti nelle navicelle o sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), dove galleggiano seguendo percorsi piuttosto limitati.

La sensazione di trovarsi sulla ISS comunque il visitatore la può sperimentare veramente; almeno dal punto di vista osservativo: al centro della Sala infatti è stata riprodotta una porzione della Stazione Spaziale Internazionale con la “cupola” dai cui oblò si vedono scorrere le immagini della superficie terrestre così come le hanno viste Paolo Nespoli, Roberto Vittori, Luca Parmitano e come le vedrà fra poche settimane la prima astronauta italiana Samantha Cristoforetti.

Il viaggio al quale è invitato il pubblico si snoda lungo due percorsi imperniati su due nuclei tematici principali: “osservare lo spazio” e “andare nello spazio”. Molto efficacemente il primo dei due parte da lontano – anche per valorizzare, giustamente, alcuni reperti storici in dotazione al Museo – raccontando le attività dell’astronomo: osservare, misurare, interpretare e rappresentare gli oggetti celesti e lo Spazio nel suo insieme. Si possono ammirare affascinanti oggetti originali tra cui i due globi celesti e i due terrestri di Coronelli e Moroncelli del XVII secolo, il modello di legno dell’Osservatorio Astronomico di Brera, il settore equatoriale di Sisson del 1774; quest’ultimo, si fa notare. è stato utilizzato per i primi studi di Urano e per la scoperta dell’asteroide Esperia, la prima scoperta scientifica dell’Italia unita (1861) ad opera di Giovanni Virginio Schiaparelli.

Si passa poi alle tecnologie che permettono di “andare” nello spazio, sia per continuare e potenziare le osservazioni del cosmo, sia per osservare la Terra dallo spazio, sia per fornire servizi utili alla nostra vita sul Pianeta. Ecco così che spartiacque fra l’osservazione dello Spazio dalla Terra e l’osservazione direttamente dallo Spazio è proposto un focus sull’astronomia X: fra gli oggetti sono esposti qui uno specchio X moderno e una replica del primo specchio X con cui Riccardo Giacconi, Nobel per la fisica 2002, osserva per la prima volta una sorgente celeste di raggi X.

Non potevano mancare i modelli dei due simboli dell’Italia protagonista dell’era spaziale. Alzando lo sguardo si possono vedere sospesi sulle nostre teste il modello di qualifica originale della missione 3 del satellite San Marco: la sua storia ci ricorda che 50 anni fa eravamo la terza nazione al mondo capace di inviare un manufatto nello Spazio. Poco distante ci sovrasta Sirio, satellite per telecomunicazioni messo in orbita nel 1977 da Cape Canaveral e progettato a partire da un’idea del professor Francesco Carassa del Politecnico di Milano, che mirava a realizzare un satellite per la trasmissione a frequenze fino a 18 Ghz, una tecnologia che non esisteva a quel tempo in Europa.

La domanda “Come si fa ad andare nello Spazio?”, trova delle risposte visive di grande impatto. Anzitutto nelle numerose immagini, fisse e in movimento, contenute in supporti multimediali di ogni tipo: lungo il percorso 27 postazioni multimediali Samsung, comprendenti large screen full HD, monitor Touch professionali e tablet, consentono di approfondire la conoscenza dello Spazio e la storia dell’Astronomia e di simulare in modo realistico l’osservazione e l’esplorazione del cosmo; e c’è anche un’applicazione mobile Android, con la quale è possibile accedere a contenuti multimediali esclusivi.

Ma c’è soprattutto la presenza fisica imponente dei razzi vettori: sia col modello a grande scala del lanciatore Vega sia con l’imponente Z9, uno dei suoi tre stadi. Vega rappresenta l’ultima frontiera della missilistica, utilizzato per lanciare satelliti piccoli in orbite basse ed è in massima parte un prodotto italiano.

Tante le curiosità, le informazioni e le storie ricordate lungo il percorso. Al centro del quale al visitatore attento non sfuggirà una domanda apparentemente ingenua ma densa di significati: perché andare nello Spazio? Un interrogativo che non sopporta risposte sbrigative o retoriche e che non può essere soddisfatto dalla pura descrizione dei fatti e delle possibilità tecnologiche. Alcuni riferimenti alla letteratura e al cinema, disseminati lungo il percorso, potranno offrire qualche spunto; ma la domanda è più che mai aperta.





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