NANOTECNOLOGIE/ Lunga vita (assistita) con sensori e robot tuttofare

- int. Pietro Siciliano

Intervista al fisico PIETRO SICILIANO, Responsabile dell’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi e Presidente dell’Associazione Nazionale Ambient Assisted Living

AAL-Logo-small_R439 Ambient Assisted Living

È noto come Ambient Assisted Living (AAL) e indica una serie di ricerche e iniziative tecnologiche finalizzate a consentire agli anziani e alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di restare attivi nella società per più anni. Se ne parla in questi giorni a Venezia, nel corso della settima edizione di NanotechItaly 2014, la manifestazione che mette in evidenza il ruolo integrato e trasversale delle cosiddette “Key Enabling Tecnologies (KET)”, le tecnologie abilitanti, tra le quali spiccano le nanotecnologie, accanto a micro-nanoelettronica, biotecnologie industriali, fotonica, materiali e sistemi avanzati di produzione. L’evento è organizzato da AIRI (Associazione Italiana per la Ricerca Industriale), Veneto Nanotech, CNR e IIT (Istituto Italiano di Tecnologia).

Ne parliamo col fisico Pietro Siciliano, Responsabile dell’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi (IMM) del CNR di Lecce e Presidente dell’Associazione Nazionale Ambient Assisted Living (AitAAL).

Da dove nasce l’idea dell’Ambient Assisted Living?

Il problema nasce da una presa di coscienza delle problematiche relative ai mutamenti sociali. In particolare l’attenzione è stata rivolta alla condizione delle persone anziane, che stanno diventando sempre più numerose; ciò comporta la necessità di una riconfigurazione della società, ad esempio dei servizi socio sanitari, con le relative conseguenze organizzative e d economiche. In sede europea ci si è posti l’interrogativo su come affrontare organicamente tale situazione per venire incontro alle esigenze di una popolazione che invecchia sempre più. Se è vero che oggi l’aspettativa di vita si è elevata, è comunque inevitabile che l’anzianità e la vecchiaia si portano dietro acciacchi e difficoltà, in persone che spesso vivono da sole in ambienti domestici non adeguati: lo stesso concetto di casa chiede di essere riconfigurato per venire incontro alle nuove necessità. Oggi per la prima volta si inizia a parlare degli utenti come componente importante dei programma di ricerca futuri; che devono nascere dai bisogni reali per poi impostare opportune attività di ricerca.

Che cosa le tecnologie possono fare per venire incontro a queste nuove necessità?

Parliamo delle tecnologie nel senso più ampio possibile, che va dal servizio al prodotto, dal software al dispositivo miniaturizzato, al sensore, ai dispositivi indossabili. Molte di queste tecnologie possono risolvere alcuni dei problemi prima indicati e inoltre, contestualmente, possono aprire opportunità economiche legate alle nuove attività che si vanno a sviluppare e alle nuove fasce di mercato che così si creano. Qualcuno parla già di “silver economy”, cioè dell’economia che si sviluppa per affrontare i problemi della terza età. 

Anche in Italia ?

Nel nostro Paese si è fatto molto; anche mutuando alcuni approcci dal mondo anglo sassone che su questi temi si è mosso prima. Noi a Lecce, come Istituto del CNR per la Microelettronica e i Microsistemi, stiamo lavorando da diversi anni sulla sensoristica e micro sistemistica per trovare soluzioni facilmente utilizzabili. In questo collaborando con gli utenti, con assistenti sociali, con medici; ma anche con le Regioni, che diventano importanti nel momento in cui si tratta di erogare dei servizi. Significativa a questo proposito è la nascita della Associazione Italiana Ambient Assisted Living, sorta allo scopo di raccordare tutte queste sinergie e rappresentando tutti gli attori implicati nel processo.

Quindi vengono rappresentati anche gli utenti finali?

Sì. Non è solo un’associazione di ricercatori e aziende ma è aperta a tutti; e gli utenti non hanno una posizione marginale bensì sono presenti in tutta la catena del prodotto: sono loro che dettano l’agenda dei bisogni e indicano le aspettative per le tecnologie che vengono realizzate. Anche perché, come si può facilmente capire, in questo campo più che mai ci sono problemi di accettabilità delle tecnologie e delle soluzioni che vengono proposte. Accanto agli enti di ricerca e alle imprese abbiamo le istituzioni pubbliche ma anche le cooperative sociali e un buon numero di operatori sociali; con tutti questi organizziamo annualmente un forum per discutere di questi problemi e raccogliere indicazioni, esigenze, proposte. Da azioni di questo tipo devono poi scaturire i nuovi modelli di welfare che in futuro dovranno vedere nuovi attori, pubblici e privati, con nuovi ruoli e un approccio non più solo assistenzialista. 

 

E l’Europa, alla quale prima ha accennato?

Nello stesso tempo la Commissione Europea ha varato importanti programmi di finanziamento che contemplano anche questi temi: si pensi a Horizon 2020, ma prima ancora alle cosiddette iniziative “articolo 185” con i Joint Program ai quali diverse realtà italiane stanno partecipando. 

Nell’ambito delle iniziative europee abbiamo avuto modo di portare le nostre apparecchiature in altri Paesi, come ad esempio in Olanda, per svolgere sperimentazioni all’interno di abitazioni o di particolari situazioni. Nel contesto europeo si può lavorare bene, e devo dire che l’Italia si sta facendo valere.

 

Per attuare l’Ambient Assisted Living non c’è da inventare tutto, alcune tecnologie ci sono già e sono mature. Può fare qualche esempio?

L’esempio ù facile è quello dello smartphone, che ormai tutti utilizziamo. Ci sono applicazioni (le cosiddette App) che possono venire incontro alle esigenze specifiche di anziani o persone in difficoltà; si tratta solo di personalizzarle. Si possono così risolvere problemi nel quadro del miglioramenti dell’inclusione sociale. Si pensi alla opportunità di mettere in grado le persone anziane di contattare, stando a casa, i principali servizi; oppure di connettersi con gli amici per attività di intrattenimento; o ancora, di partecipare da casa ai corsi dell’università del tempo libero. Più importanti ancora sono i sistemi volti ad assicurare la sicurezza e la protezione negli appartamenti, come i sistemi anti intrusione o i sistemi di allarme.

 

Poi ci sarà la telemedicina….

Si, è uno dei punti di forza l’Ambient Assisted Living. Soprattutto a una certa età, è di grande importanza avere accesso a dispositivi che possono misurare i nostri parametri fisiologici fondamentali e trasmetterli al medico da remoto. Su questo in Italia è già stato fatto qualcosa di valido, soprattutto col supporto delle Regioni; ma va senz’altro migliorato ed esteso.

 

In altri casi però si devono inventare cose nuove. Cosa possiamo aspettarci per il prossimo futuro?

Si stanno studiando sistemi per la rilevazione delle cadute delle persone. Qui al nostro centro del CNR di Lecce abbiamo sviluppato un dispositivo che è in fase di testing in alcuni appartamenti. Questa possibilità di sperimentazione durante lo sviluppo del prodotto è uno degli aspetti in cui si vede all’opera quella sinergia con gli utenti della quale parlavo prima: poter raccogliere subito reazioni e suggerimenti ci offre l’opportunità di validare la tecnologia in modo più adeguato. Ciò riveste una notevole importanza per le imprese, che vedono così ridotto il cosiddetto time to market, che è uno dei fattori critici nella competizione globale.

Tornando all’esempio delle cadute, adesso i nostri sforzi si stanno spingendo ancora più avanti: ci stiamo indirizzando verso sistemi in grado di prevenire i possibili eventi traumatici e la ricerca in tal senso sta avanzando.

 

Cosa si può dire della sensoristica per l’AAL?

Una interessante linea di sviluppo tecnologico è la sensoristica di tipo indossabile, alla quale dovremo sempre più abituarci in futuro. Si moltiplicano le applicazioni di sensori sulla pelle o sui vestiti e lo sforzo attuale è rivolto a far loro imparare a colloquiare con altri sensori distribuiti nelle abitazioni, i quali poi faranno da tramite per inviare dati, segnali, allarmi ad altri sistemi remoti di livello superiore.

 

Di tutto questo avete discusso in un convegno come NanotechItaly dedicato alle nanotecnologie; come entrano queste nell’Ambient Assisted Living?

Le nanotecnologie sono coinvolte soprattutto nel discorso della dispositivistica, per la quale possono offrire materiali funzionali, con caratteristiche adatte allo svolgimento di specifiche funzioni. Sono materiali che, attraverso le nano manipolazioni acquistano le caratteristiche funzionali richieste e vengono resi più sensibili e sofisticati. 

Un altro ambito applicativo delle nanotecnologie è quello dell’efficienza energetica, sempre mediante lo sviluppo di particolari materiali e in vista del miglioramento delle condizioni di vita e del comfort negli ambienti quotidiani.

Infine possiamo accennare alla Smart System Integration, dove le nanotecnologie si integrano con le microtecnologie per andare a convergere verso una Information Technology di più ampio spettro che comprende unitariamente software e hardware.

 

E la robotica?

È decisamente uno dei punti più rilevanti. Intanto può ospitare delle soluzioni sensoristiche con ampio ed efficace uso di nanomateriali. Poi c’è il tema della robotica di aiuto e di supporto: pensiamo alle attività di assistenza personale che possono essere eseguite da robot umanoidi; non è lontano il tempo in cui un robottino potrà assistere un anziano solo: aiutandolo nell’espletamento di determinate operazioni oppure accorgendosi di qualcosa che non va nell’ambiente e attivando segnali di allarme, oppure affiancandolo nell’utilizzo delle apparecchiature informatiche che lo mettono in contatto con l’esterno. 

Poi ci sono i robot che si possono indossare, gli esoscheletri, in grado di assistere l’anziano o il malato nelle attività di riabilitazione, ancora una volta stando in casa e alleggerendo il cariche delle strutture ospedaliere.





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