FISICA/ Come ti trasformo un Airbus in laboratorio di fluidica

- int. Gian Piero Celata

GIAN PIERO CELATA, scienzato del team ENEA, sta mettendo a punto alcuni nuovi sistemi di traferimento del calore funzionanati nello spazio. Ce ne parla in questa intervista.

Airbus Airbus

Al mattino si vola e si effettuano gli esperimenti, al pomeriggio si esaminano i dati e si preparano i test successivi: è il programma dei tre giorni nei quali alcuni ricercatori dell’ENEA si sono trasformati in navigatori spaziali per mettere a punto nuovi ed efficienti sistemi di trasferimento del calore che possano operare anche nello spazio. Questa campagna di volo parabolico è stata condotta a bordo dell’Airbus A300 della compagnia francese Novespace: quattro ricercatori ENEA, insieme ad altri scienziati europei, hanno galleggiato nell’aria durante le parabole dell’Airbus per effettuare esperimenti in assenza di gravità. Gli esperimenti ENEA hanno riprodotto un classico fenomeno di ebollizione che avviene in un circuito di raffreddamento in uso su componenti spaziali e che consentirebbe di asportare il calore dove è necessario tramite un liquido a circolazione forzata (grazie ad una pompa). La peculiarità di questa nuova attività sperimentale, che prosegue gli studi già realizzati dall’ENEA nelle precedenti campagne (sei sessioni di volo parabolico effettuate dal 2004 al 2013), consiste nel fornire artificialmente al fluido refrigerante, tramite un elettrodo collocato al centro della tubazione, un campo elettrico che ha la funzione di sostituire la forza di gravità. Lo spiega a ilsussidiario.net Gian Piero Celata, uno degli scienziati del team ENEA. «Il comportamento di un fluido soggetto ad ebollizioni, dipende dalle forze che agiscono sulle bolle; nelle normali condizioni terrestri, le bolle sono soggette alla forza gravitazionale che determinano i loro movimenti e quindi il contributo di scambio termico che il fluido può dare quando è utilizzato, ad esempio, per raffreddare un componente. Dove il contributo gravitazionale viene a mancare, come nello spazio, la bolla si comporta in modo diverso. In diversi esperimenti si era visto che applicando un campo elettrico si può sostituire quello gravitazionale; cioè la bolla torna a comportarsi come se fosse a Terra. Potendo gestire il campo elettrico, come abbiamo visto negli esperimenti dei giorni scorsi sull’Airbus, ci troviamo nelle condizioni di poter progettare lo scambiatore di calore per applicazioni spaziali sulla base delle conoscenze derivanti dal funzionamento a Terra. Quindi è come se ci limitassimo a sostituire la forza di gravità con quella elettrica e poi tutto il resto rimane inalterato: avremo quindi la certezza che l’apparecchiatura funzionerà perché a Terra con quei parametri funziona».

Ma come fa la forza elettrica ad avere lo stesso effetto di quella gravitazionale che è molto diversa? «Va detto – precisa Celata – che il fluido deve essere un fluido dielettrico; ad esempio sull’acqua questo approccio non funziona per nulla. Un fluido dielettrico sia perché le potenze termiche messe a disposizione sull’aereo dove abbiamo fatto gli esperimenti sono basse; sia perché i fluidi refrigeranti che tipicamente vengono utilizzati per raffreddare i componenti di un sistema spaziale sono appunto fluidi dielettrici: su questi l’applicazione del campo elettrico in pratica sostituisce la gravità». Approfondiamo il fenomeno.

Le forze che agiscono sulla bolla sono: la tensione superficiale che tiene la bolla attaccata alla parete e le forze che tendono a staccarla, cioè quella di trascinamento del fluido e quella di galleggiamento che spinge la bolla verso l’altro essendo più leggera. Nello spazio cosa succede: venendo a mancare la forza di gravità, la forza di trascinamento deve compensarla e può farlo, essendo una forza superficiale, solo se aumenta la superficie della bolla. «Applicando il campo elettrico – e lo abbiamo visto per la prima volta in questi esperimenti – la bolla diventa più piccola e quindi si comporta come se fosse a Terra».

 

Ma un Airbus è sufficiente (o piuttosto, lo era, visto che è andato in pensione proprio in questi giorni, dopo una trentina d’anni di servizio) per simulare l’assenza di gravità? Celata conferma la validità di un simile apparato sperimentale e ci descrive le fasi dell’attività. L’aereo parte da una quota intorno ai 6000 m e poi effettua una serie di parabole di circa un minuto. In ogni parabola, nella prima parte la gravità è circa il doppio di quella a Terra; nei 20 secondi centrali è come se l’aereo fosse in caduta libera e quindi raggiunge le condizioni di gravita prossima a zero; poi si cambia il raggio di curvatura della traiettoria e si torna alle condizioni precedenti. Questa serie di montagne russe viene ripetuto 30 volte al giorno; il che tra l’altro richiede l’assunzione da parte degli scienziati di farmaci antivomito e di contemporanee dosi di caffeina per evitare il torpore indotto dai farmaci stessi. «Se tutto va bene si ottengono circa 90 punti sperimentali, che è un numero basso rispetto a quanto si può fare in laboratorio, ma l’esito qualitativo di prove del genere è molto soddisfacente». I test condotti a bordo dell’Airbus A300 sono stati effettuati nei cieli della Francia con base di partenza a Bordeaux. Gli esperimenti sono stati condotti nell’ambito del progetto MANBO, finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea, ESA. Insieme all’ENEA partecipano al progetto le Università di Tolosa, Pisa, Darmstadt, Marsiglia, Bruxelles, la École Polytechnique Fédérale di Losanna, e le industrie Astrium, Thales Alenia Space, Hephaestus, Absolute System e Air Liquide. Tutti i dati sperimentali sui fenomeni di ebollizione sono stati raccolti dall’ENEA tramite sistemi hi-tech di automazione, sensori miniaturizzati avanzati e telecamere veloci: queste informazioni sono fondamentali per l’avanzamento tecnologico nella capacità di progettazione di scambiatori di calore per applicazioni spaziali, dai satelliti per telecomunicazioni alla Stazione Spaziale Internazionale. «I tre giorni di prove hanno consentito di verificare tutto ciò in prima approssimazione; poi ci vorrà un po’ di tempo per elaborare bene tutti i dati e confermare le conclusioni circa la validità del metodo applicato».

(Mario Gargantini)





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