SCIENZ@SCUOLA/ Metafora e narrazione (2). Mosaico di esperienze didattiche nella scuola primaria

- Anna Paola Longo

La metafora concettuale come via privilegiata per la comprensione di concetti astratti. Una via per superare le difficoltà di apprendimento della Matematica fin dalla scuola primaria.

Longo_68_00_apertura_720x495_ok Alunni in classe (Foto)

Questo contributo segue l’altro: Metafora e narrazione nell’educazione matematica, pubblicato sul n. 67 – dicembre 2017 di questa rivista.
La questione messa a tema è la difficoltà posta dall’astrazione nell’insegnamento della matematica e la conseguente necessità di individuare, per dirimerli, gli ostacoli sulla via naturale dell’apprendimento fin dal suo inizio: dall’esperienza al pensiero astratto.
In questo articolo l’autrice si riferisce in particolare alla scuola primaria, segnalando alcune metafore concettuali che si possono utilizzare per favorire la comprensione di concetti astratti in termini di situazioni concrete.

 

Riteniamo assodato che gli oggetti (mentali) della matematica nascano dall’esperienza quotidiana e che poi la scuola renda sistematica l’esplorazione e la riflessione e proponga gradualmente un opportuno linguaggio. Esperienze del corpo, gioco, problemi, disegni, offrono la possibilità di presentare metafore che generano immagini, la narrazione chiarisce e unifica il lavoro.

Nella primaria i concetti aritmetici sono raggruppati secondo i loro legami in «campi concettuali». I primi problemi additivi traducono le azioni di aggiungere e togliere. Nei problemi più complessi, compare in sordina anche la struttura dei numeri negativi.
Propongo un esempio alla portata dei bambini, attraverso il movimento di un ascensore, che si muove in verticale sia salendo sia scendendo. Nasce il riferimento alla misura di spazi «orientati», che presuppone l’esperienza di conteggio di passi avanti e indietro, fatta, rappresentata, interiorizzata.
Attraverso il problema proposto (ascensore), si guidano i bambini a far convergere le rappresentazioni grafiche libere su una rappresentazione schematica condivisa, in cui si sovrappongono i conteggi di spazi non orientati e orientati. Come rappresentare gli spazi orientati? Questo punto può essere seguito, presto o tardi, dalla formalizzazione dei numeri negativi.
Sulla funzione di corpo e movimento, riprendo un lavoro di Maria Mellone e Maria Pezzia (2007), che mostrano un’esperienza di «movimento lungo una traiettoria», metafora basilare per l’aritmetica [Lakoff, Núñez, 2005].
Attraverso una «drammatizzazione», la metafora offre ai bambini (che sono in prima primaria) la possibilità di scontrarsi attraverso il corpo con molti nodi fondamentali. L’articolo termina proponendo una traccia per il lavoro sul problema dell’ascensore.

 

La struttura additiva

Gérard Vergnaud sottolinea più volte che un concetto matematico non si incontra mai da solo e segnala l’importanza di raggruppare i concetti secondo i loro legami. Nasce così l’idea di «campo concettuale» per descrivere il lento processo di costruzione-appropriazione degli schemi e dei concetti.
Non si può capire lo sviluppo di un concetto senza inserirlo in un sistema e si è obbligati, per appropriarsene, a studiare l’intero sistema. Nota Bruno D’Amore che tale campo è allo stesso tempo un insieme di problemi e situazioni e un insieme di concetti, nel quale non tutte le proprietà si sviluppano nello stesso tempo nel corso dell’esperienza e dell’apprendimento [D’Amore 2011].
Vergnaud studia separatamente la struttura additiva [Vergnaud,1994, cap. 9] e la struttura moltiplicativa [idem, cap. 11]. Esamina le operazioni attraverso la classificazione di problemi, sottolineando in alcuni casi la diversità delle strutture mentali e delle rappresentazioni di problemi che pur risolvendosi con una stessa operazione, hanno diversi livelli di difficoltà [Vergnaud, 1994].
Nella struttura additiva compaiono solo addizioni e sottrazioni, ma non tutti i problemi sono di uguale difficoltà [Longo, 2008]. Esistono problemi che si possono collegare con i numeri negativi e con le trasformazioni, dirette e inverse. Mentre le prime operazioni (tra numeri naturali) vengono associate alle azioni di aggiungere e togliere, nei problemi più complessi è contenuta, velatamente, la struttura dei numeri negativi, anche se di questi si può evitare l’uso esplicito.

 

Direzione e verso

Nelle rappresentazioni della struttura additiva è interessante quella di direzione e verso, che in geometria è fondamentale per generare l’idea di retta. Nella scuola primaria non ci si può accostare agli enti fondamentali della geometria mediante definizioni [Villani, 2006], ma solo attraverso l’esperienza fisica, che ciascuno attua personalmente attraverso il corpo e poi interiorizza in immagini.
Una delle prime esperienze generative è camminare su una direzione (una corda tesa in terra, l’asse di equilibrio, il bordo del marciapiede, eccetera) e su questa muoversi avanti e indietro (resta fissa la direzione ma cambia il verso). Su una stessa direzione ci si può muovere secondo due versi distinti, opposti tra loro, andando avanti e indietro; l’immagine del movimento secondo due versi distinti si può trasferire su qualsiasi «linea retta», su qualsiasi direzione (non solo quella su cui si cammina), in generale su qualsiasi linea.
Tutto questo verrà formalizzato quando (generalmente dopo la primaria) si parlerà di retta orientata, passo indispensabile per introdurre il riferimento cartesiano. In questo modo di muoversi, se si misura un percorso eseguito, i numeri andranno «piegati» alla necessità di far capire come è avvenuto il percorso rispetto alla direzione (fissa) e ai due versi possibili su di essa. Si imparerà anche a sommare i segmenti orientati.

Esempio
Su una linea ferroviaria lunga 100 Km, una littorina va avanti e indietro: parte dalla stazione A, va in un certo tempo t0 fino in B, poi da B riparte verso A e così via.
Un viaggiatore sale in A e si addormenta, non si accorge della breve fermata in B e quando si risveglia, si ritrova in A: si accorge che è passato un tempo 2t0 e capisce immediatamente cosa è successo. La sua posizione finale è identica a quella iniziale (A), confrontando le due posizioni non registra alcuno spostamento (100 – 100 = 0), mentre il treno ha percorso 2 interi tragitti e quindi 200 Km (100 + 100 = 200).
Per questo viaggiatore ci sono fenomeni che dipendono dal suo spostamento effettivo e altri che dipendono dal percorso complessivo del treno, per esempio il prezzo del biglietto da pagare, il tempo trascorso sul treno. Diverse domande che comportano tipi diversi di calcolo.
Da questi conteggi intuitivi si deve poi passare ad attribuire il segno «meno» dall’operazione di sottrazione (100 – 100 = 0) al numero che rappresenta la misura di un percorso sul verso opposto di quello iniziale [100 + (-100)] = 0.

 

È troppo difficile nella primaria?

L’esperienza ci mostra che la difficoltà di un passo aumenta quando non sono stati fatti e chiariti tutti i passi precedenti. Nel nostro caso si tratta sia di un concetto (distanze percorse su segmenti paralleli orientati in modo diverso) sia di una simbolizzazione per tali distanze.
L’esperienza è certo il primo passo. La filosofia scolastica si riferiva a questo principio: nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu. Traduceva in questo modo il legame della conoscenza con l’esperienza.
Oggi possediamo una versione equivalente, presente nella scienza cognitiva: la mente non è separabile dal corpo. Dunque anche se la rappresentazione simbolica dei numeri negativi viene rimandata alla scuola secondaria, le esperienze e la riflessione sulle esperienze offrono una preparazione di grande utilità nella primaria, tenendo conto del tempo necessario per creare immagini e imparare le rappresentazioni scientifiche (apprendimento a lunga scadenza).

 

Embodied mind

Molti ricercatori parlano oggi di embodied mind, nel senso che tutti gli aspetti della cognizione (idee, pensieri, concetti e categorie) sarebbero plasmati da aspetti del corpo. Tali aspetti comprendono il sistema percettivo, le intuizioni che sottostanno alle capacità di movimento, le attività e le interazioni con l’ambiente.
George Lakoff (linguista) e suoi collaboratori hanno scritto opere che promuovono e ampliano la tesi sulla base di scoperte nel campo delle scienze cognitive, come la metafora concettuale e lo schema immagine.
Quanto descritto così brevemente, è esplicitato in alcune recenti ricerche, a cui accenniamo rimanendo nella struttura additiva.

 

La Ballata degli Elefanti

In una ricerca del 2007, presentata al Seminario Nazionale di Ricerca in Didattica della Matematica, l’attività centrale è la «Ballata degli Elefanti». La ricerca è nata all’interno del progetto di Ricerca Nazionale Capire si può (Scienze e Matematica nella scuola elementare) coordinato da Paolo Guidoni.
La ballata si situa in un contesto di «movimento lungo una traiettoria», metafora individuata da George Lakoff e Rafael E. Núñez (2005) come basilare per la costruzione dell’aritmetica. L’attività permette ai bambini di incontrare, attraverso il corpo proprio e altrui, alcuni nodi fondamentali del pensiero matematico.
In un’aula vuota, con il pavimento di piastrelle, i bambini si dispongono in linea uno accanto all’altro, il conduttore del gioco indica le azioni da compiere cantando la filastrocca: «è la Ballata degli Elefanti / tre passi indietro, due passi avanti», sostituendo via via i numeri che vuole. Si gioca e si osserva «dove si va a finire». Si prova anche a dare una consegna «parlata» dividendo la classe in due gruppi, giocatori e osservatori, che poi si scambiano i ruoli. Dopo ogni turno si chiede ai bambini di spiegare che cosa hanno fatto e che cosa hanno notato.
Il primo nodo che emerge è l’arbitrarietà del riferimento spaziale (linea di partenza) e dell’unità di misura (lunghezza del passo), questione che mostra come alcune cose importanti, che servono per iniziare, sono arbitrarie. Questo nodo mette in luce il ruolo fondamentale dell’accordo intersoggettivo preliminare alla costruzione di un modello matematico.
Il gioco della Ballata offre occasioni per lavorare sul passaggio dall’azione al suo simbolo, e viceversa. Il gioco è stato esplorato all’inizio della prima elementare.
In classe si scoprono dei «precursori»; infatti prestissimo Giorgio osserva: «Marcello se ha fatto 3 indietro e 1 avanti ne ha fatti 2 indietro». Comincia quindi a utilizzare la struttura della Ballata per compiere operazioni, introducendo la questione del come se.
Emerge anche la necessità di segnare la linea di partenza: se non ci si ricorda da dove si è partiti, non si può sapere se si è arrivati dove si doveva arrivare, e non si può «tornare indietro» per controllare ciò che si è fatto.
L’altra questione subito affrontata dai bambini è la diversità dei passi, risolta da una bambina: «se facciamo che i passi sono le mattonelle, siamo più giusti». Stefano dà per scontata la struttura della «linea dei numeri», ne ha già un’immagine mentale molto chiara: senza fare i passi, posiziona 6 gettoni rossi sulle mattonelle. La classe non sarà pronta tanto presto per accogliere i suggerimenti «all’avanguardia» di Stefano.
È possibile tuttavia che la rappresentazione da lui proposta abbia agito «sotto la superficie» per poi riemergere al momento opportuno offrendo un esempio e un supporto per l’immaginazione agli altri bambini, nel momento in cui hanno cominciato a farsi domande sulla questione.

 

Un tema da esplorare

Ho accennato alla questione dei numeri negativi. Preciso ora quanto esposto all’inizio, usando un esempio che ritengo alla portata dei bambini.

Problema 1
In un palazzo di 15 piani l’ascensore, inizialmente fermo al piano terra, compie questo percorso: sale di 12 piani, scende di 8, sale di 5, scende di 7.
In quale piano si trova alla fine di questo percorso?
Se chiamiamo passo lo spostamento tra un piano e il successivo, indipendentemente dal verso con cui si sta muovendo l’ascensore, di quanti passi è stato il suo percorso?
Le domande sono entrambe dotate di senso, ma legate a modi diversi di «guardare» la situazione.
La prima (il piano alla fine del percorso) si riferisce a spazi «orientati», cioè legati al verso di percorrenza, allude quindi a una misura «orientata»: la seconda domanda (sui passi del percorso) si riferisce invece a una misura non orientata.
In modo esplicito, nella scuola, si parla tardi di misura orientata, e questo permette un lavoro preparatorio proponendo esperienze semplici in cui questa idea viene coinvolta in modo intuitivo (primo passo per creare un terreno fertile alla futura formalizzazione).
Pensiamo al tempo che un bambino passa sull’altalena oscillando avanti e indietro, oppure al percorso (uscita e rientro a casa) sulle scale di casa per chi abita in un piano alto di una casa senza ascensore, pensiamo a una passeggiata fino alla sommità di un paese arroccato su una collina, di cui tanti esempi abbiamo in Italia.
Affrontare in termini aritmetici e geometrici il problema precedente presuppone l’esperienza fisica di conteggio di passi avanti e indietro, fatta mille volte e rappresentata, fino a interiorizzarne lo schema.
La riflessione matematica permette il riconoscimento dell’uguaglianza della struttura di tante esperienze fatte: è facilitata dal riconoscimento e nello stesso tempo lo favorisce.
L’esperienza con i bambini inizia dalle loro rappresentazioni personali, che saranno invitati a illustrare ai compagni giustificando le proprie scelte. Sono possibili più rappresentazioni; in esse si deve indicare il piano terra e si deve sovrapporre un conteggio di spazi non orientati a un conteggio che tiene conto dell’orientamento. Il disegno precedente non viene proposto dall’insegnante ma è una meta a cui i bambini sono guidati.
Nel disegno i numeri naturali sono stati usati per indicare posizioni. Il piano terra (inizio del percorso) è indicato con lo zero, agli spostamenti è associato un numero con segno per indicare se lo spostamento è verso l’alto (segno +) o verso il basso (segno -). Il colore è una indicazione sovrabbondante, equivalente al segno del numero.
Spostando la partenza in uno dei piani intermedi, si potrebbe dare, nella rappresentazione, indicatore zero a quella posizione e utilizzare i numeri relativi anche per indicare le posizioni, come si fa normalmente nel riferimento cartesiano (si vedi il problema 2).
Diamo le operazioni per rispondere ai due quesiti:

(a) 12 – 8 + 5 – 7 = 2 (l’ascensore si trova al secondo piano)

(b) 12 + 8 + 5+ 7 = 12 + ¦- 8¦+ 5 + ¦- 7 ¦= 12 + 8 + 5 +7 = 32 (passi del percorso)

Qui inizio a utilizzare la scrittura di numero negativo: nelle scritture – 8 e -7, il segno «-», invece di essere il simbolo di un’operazione, è associato a un numero naturale per indicare una misura orientata in senso discorde a quello iniziale.
Uso anche il simbolo di «valore assoluto» di un numero relativo: esso coincide con il numero se questo è positivo, è il suo opposto se il numero è negativo (¦- 8¦= 8, ¦3¦= 3).
In questo modo ho sottolineato la possibilità di cambiare il significato del segno «-» per indicare una misura orientata Anche in matematica, accade che un segno abbia significati diversi, ma in contesti diversi.
Quindi per riconoscerne il significato, occorre tenere conto del contesto. Su questo punto sarebbe interessante un confronto con la polisemia nella lingua italiana. Esaminiamo ora una situazione simile alla precedente, ma con partenza intermedia.

Problema 2
In un palazzo di 15 piani l’ascensore, inizialmente fermo al quinto piano, compie questo percorso: sale di 7 piani – scende di 8 – sale di 5 – scende di 7.
In quale piano si trova alla fine di questo percorso?
Se chiamiamo «passo» lo spostamento tra un piano e il successivo, indipendentemente dal verso con cui si sta muovendo l’ascensore, di quanti passi è stato il suo percorso?
Calcoli: nel riferimento che ha come origine il punto di partenza:

(a) 0 + 7- 8 +5- 7 = -3 (l’ascensore si trova nella posizione -3, cioè al secondo piano)

(b) 7 + 8 + 5 + 7 = 7 + ¦- 8¦+ 5 + ¦- 7 ¦= 27 (passi del percorso)

Rispetto al riferimento che ha come origine il piano terra, il primo calcolo cambia: 5 + 7 – 8 + 5 – 7 = 2, dando un numero diverso ma la stessa indicazione del piano, il secondo calcolo resta identico perché non si tratta più di posizioni ma di passi. In entrambi i casi il consumo, per esempio, dipende dal numero dei passi effettuati.
In che senso il cammino dell’ascensore è una metafora utile a parlare di numeri relativi? Per una ragione importante: non solo si corrispondono gli oggetti (spostamenti e numeri oppure posizioni e numeri) ma «si conservano» le operazioni: se A’ corrisponde ad A e B’ corrisponde a B, A’+B’ corrisponde ad A+B e viceversa.
Si tratta di una corrispondenza biunivoca tra elementi di due insiemi che trasforma la struttura del primo insieme nella struttura del secondo insieme. Questa corrispondenza in matematica si chiama omomorfismo.
Per indurre nell’immaginazione una struttura matematica attraverso l’analogia con un campo di esperienze non basta solo la corrispondenza biunivoca tra gli elementi dei due campi, ma occorre che questa sia un omomorfismo, cioè che faccia corrispondere la «struttura» del sistema origine con la «struttura» dell’insieme immagine.
Infatti la natura di un campo matematico è caratterizzata dalla sua struttura, cioè da un sistema di operazioni dotate di specifiche proprietà.

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Anna Paola Longo
(Associazione Ma.P.Es. – Matematica Pesiero Esperienza – Milano)

Indicazioni bibliografiche

  1. D’Amore B., 2011, Alcune riflessioni su didattica, concetto, competenza, schema, situazione, in Bollettino dei docenti di matematica 63, Centro didattico cantonale, Cantone Ticino.

  2. Lakoff G., e Núñez R., 2005, Da dove viene la matematica, Bollati Boringhieri.

  3. Longo P., 2008, Immagini mentali e rappresentazioni nella struttura additiva, Emmeciquadro, n. 34 – dicembre 2008.

  4. Mellone M, Pezzia M., 2007, Un progetto di ricerca – azione sulle strutture aritmetiche nella scuola di base, Seminario Nazionale di Ricerca in didattica della matematica “Giovanni Prodi”, Rimini.

  5. Vergnaud G., 1994, Il bambino, la matematica, la realtà, Armando, Roma.

  6. VillaniV., 2006, Cominciamo dal punto. Domande, risposte e commenti per saperne di più sui perché della matematica, Pitagora, Bologna.

 

 

© Pubblicato sul n° 68 di Emmeciquadro







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