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Home » Esteri » COMUNISTI ED EX/ Brandirali: io e il generale Giap

  • Esteri

COMUNISTI ED EX/ Brandirali: io e il generale Giap

Aldo Brandirali
Pubblicato 6 Ottobre 2013
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Infophoto

ALDO BRANDIRALI, comunista ai tempi della guerra in Vietnam, ricorda come i giovani di sinistra di allora non capirono che Vo Nguyen Giap stava combattendo per la libertà del suo popolo

In memoria di questo generale voglio ricordare la guerra del Vietnam, con tutte le passioni e le inquietudini che ci mossero contro gli americani, fino al 1975,  insieme a tanti altri nel mondo.

Il generale Vo Nguyen Giap, nato nel 1911, si distinse nel 1944, nella guerra per liberare il Vietnam dai giapponesi.

Alla fine della seconda guerra mondiale le potenze  divisero in due il Vietnam, con il nord lasciato all’influenza comunista e il sud a quella occidentale, sotto controllo francese.  


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Il generale Giap condusse la guerra di liberazione del sud e riportò una grande vittoria contro i francesi nella battaglia di Dien Bien Phu, il 7 maggio 1954. La sua strategia venne chiamata guerra asimmetrica, e la vittoria dipese dall’uso della foresta e delle nebbie vincendo la potenza dei bombardieri e della superiorità delle armi dei francesi.


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La sconfitta dei francesi non unifica il Vietnam, e gli Usa, nel dicembre del 1961 si impegnano direttamente mandando le loro truppe. Fu una decisione di Kennedy, e lo scopo era di contenere l’espansionismo cino-sovietico. Quindi per ragioni geopolitiche mondiali, che però contraddicevano il diritto del popolo vietnamita e dell’unificazione del Paese.

La guerra durò 14 anni. Morirono due milioni di vietnamiti e 58mila americani. Il capo comunista Ho Chi Minh motivava il movimento dei vietcong che combattevano nel sud. Gli americani arrivarono infine ad invadere Laos e Cambogia per tagliare le strade fra nord e sud del Vietnam. Usarono armi terribili, dal napalm ai defolianti, che deforestizzarono vaste aree del Vietnam. Lasciando la diossina come veleno di lunga durata sul suolo. Ma il generale Giap vinse infine anche questa lunga guerra. Il 30 aprile del 1975 gli americani se ne andarono dal Vietnam.


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Noi in Italia, giovani della sinistra, manifestavamo contro gli americani. Ma non solo per sostenere i comunisti. Pensavamo alle lotte di liberazione come terza via fra comunismo e capitalismo. Non a caso dopo la nostra crisi dei gruppi e movimenti del ’68 quello che ci rimase come cultura era proprio il terzo-mondismo.

Nel 1977, in Cecoslovacchia, Havel aderisce al movimento di Charta 77, una risposta ai regimi comunisti non più del tipo della primavera di Praga del ’68. Poi Havel scrive Il potere dei senza potere, che esce nel ’78, e spiega come non si trattava di pensare ad un’altra politica contro l’ideologia comunista, ma di vedere la vita nella verità. Noi giovani antiamericani in Italia con il nostro terzomondismo non facevamo altro che diventare una variabile della giustificazione del comunismo. Anche se infine molti paesi del terzo mondo si liberarono, dall’Algeria fino al Sudafrica. In questo paese il comunista Mandela, dopo trenta anni di carcere, diventa presidente riunendo il Paese diviso dalle discriminazioni razziali. 

Purtroppo la vita vera, che fece cadere senza guerre il comunismo nell’Europa dell’Est, non fu una via d’uscita dal comunismo per i vietnamiti. Il comunismo si impose nel Vietnam del sud, e migliaia di vietnamiti del sud fuggirono, e desidero ricordare i tanti morti sui barconi dei profughi in fuga dal Vietnam. Drammi vasti che per ora sono ancora prevalenti rispetto alle tragedie dei migranti di questi nostri tempi.

Io non sono più comunista dalla prima metà degli anni 80. E dunque non sono neppure più antiamericano come negli anni 60. Ma io saluto il generale Giap, eroe del Vietnam, e ridico con forza che il Vietnam aveva diritto alla sua libertà. Mille sono stati le nostre illusioni e i nostri errori, ma la vita vera è vera anche per coloro che si sono battuti per il proprio paese e per la liberazione degli invasori. Che questa riflessione ci riporti alle passioni e all’impegno per le giuste lotte, imparando a correggere le idee errate quando l’esperienza ci mostra l’errore. Ma non si può rimanere nell’oblio per non sbagliare. Viva gli eroi al servizio del popolo.  


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