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Home » Esteri » ISIS/ Il doppio gioco di Erdogan al confine siriano

  • Esteri

ISIS/ Il doppio gioco di Erdogan al confine siriano

Patrizio Ricci
Pubblicato 6 Giugno 2016
erdogan_conferenzastampaR439

Recep Tayyip Erdogan (Infophoto)

In Siria ci sarebbero le condizioni per un'exit strategy, ma i due ostacoli più grandi sono rappresentati dalla Turchia e dall'Isis. La prima è il problema più grave. PATRIZIO RICCI

Il Centro russo per la riconciliazione indica in 133 le città in cui è in corso una tregua e 60 i gruppi ribelli che vi hanno aderito. E’ segno che la guerra siriana sembra “sbrogliarsi”: questo non vuol dire che i combattimenti si avviino a cessare e non significa nemmeno che la soluzione politica finale sarà ottimale, ma vuol dire che si è nella direzione giusta per una exit strategy, che le grandi potenze dialogano, che è vicino un compromesso accettabile per tutti.  


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Però adesso i due ostacoli più grandi per una de-escalation del conflitto sono rappresentati dall’ambiguità della Turchia e dalla presenza di Isis. Tra i due problemi, è chiaro che il meno difficile da affrontare è il secondo: sbarazzarsi definitivamente di Isis. E’ questo esattamente lo scopo delle due distinte operazioni militari in corso. 


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La prima, coordinata con le forze statunitensi, è partita il 24 maggio dalle posizioni occupate stabilmente dai curdi nelle regioni del Rojava, nel nord della Siria.  

Le Forze Democratiche Siriane (sono nient’altro che forze formate per la stragrande da curdi del Ypg e alcune aliquote di arabi, reinquadrate in una nuova sigla) in pochi giorni sono avanzate molto velocemente, hanno sbaragliato le difese di Isis ed hanno liberato decine di villaggi. Gli americani appoggiano decisamente questa operazione fornendo supporto aereo, 300 uomini delle loro forze speciali ed il supporto della portaerei Truman posizionata di fronte al Libano. Le Forze Democratiche Siriane (Sdf), il 2 giugno hanno aperto un altro fronte tra i comuni di Manbij e Marea. La località è strategica: si tratta del passaggio obbligato dei rifornimenti per Raqqa che transitano attraverso il confine turco. Vogliono chiuderlo: una volta che questo passaggio sarà interrotto, l’offensiva di Sdf sarà facilitata.  


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La seconda operazione è partita ieri. “Tutti a Raqqa” — è questo il nome che è stato dato alla campagna — è condotta dall’esercito siriano con il supporto dell’aeronautica russa. Il primo obiettivo per le unità dei “falconi del deserto” (le speciali unità siriane addestrate dai russi) è Taqba (dove sorge l’omonima diga), successivamente l’offensiva proseguirà per Raqqa (che dista solo 35 km).

Intanto, mentre queste importanti offensive sono in corso, la guerriglia ad Aleppo aumenta di intensità. Circa 2000 miliziani di Jaish al-Fata hanno sferrato ieri un tremendo attacco nelle zone residenziali usando cannoni, missili e mortai. Alla fine il bilancio delle vittime civili è stato terribile: 40 morti e 1000 feriti.

Ma la contabilità di morte ha una sua chiave di lettura e non è “ineluttabile”, è voluta. L’ostacolo più grande perché i progressi continuino è la Turchia: Ankara è il motivo principale della sopravvivenza della ribellione nel nord della Siria e del sostentamento dello stesso stato islamico. Erdogan, dopo aver appoggiato le milizie legate ai Fratelli musulmani ed aver saccheggiato Aleppo, ha approfittato di entrare a far parte della coalizione contro Isis solo per  bombardare i “terroristi” appartenenti alle forze Pkk e Ypg curde (alleate con gli Stati Uniti nella lotta contro Isis).

Successivamente, quando gli Usa hanno chiesto alla Turchia di sigillare le frontiere Erdogan non lo ha fatto, anzi, ha attaccato le forze curde che cercavano di farlo al suo posto: Ankara non ha mai consentito l’accesso di forze curde nella zona zona compresa da Azaz a Jaralabus, giustificata come “zona cuscinetto” necessaria per “la sua sicurezza”. In realtà tale zona è stata costituita per ostacolare la liberazione di Aleppo e della Siria del nord. In sostanza, è indispensabile per l’infiltrazione/esfiltrazione dei terroristi. Tale direttiva è stata utilizzata per lucrare del passaggio del petrolio dello stato islamico verso le sue raffinerie (la Cnn ha realizzato un video che dimostra tali traffici, si chiama Turkey’s secret jihadi smulggling route).

Allo scopo di occultare la verità, il presidente turco ha imprigionato numerosi giornalisti suoi concittadini che hanno provato il passaggio di armi e militanti da e verso la Siria (sono stati imprigionati anche i loro avvocati e le guardie di frontiera che hanno deposto). Ufficialmente la Turchia dice di appoggiare solo il gruppo Ahrar al-Sham ma non è così, le armi una volta varcato il confine vengono suddivise tra le varie milizie secondo accordi tra loro intercorsi. Questi traffici vengono effettuati su tutto il confine turco eccetto le zone in mano ai curdi nella regione di Rojava.

Per queste ed altri ragioni i rapporti di Ankara con l’Europa e gli Usa si stanno gradatamente deteriorando: se la Turchia non viene ufficialmente additata come una dittatura è solo per il pragmatismo americano ed europeo.


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