Tenzin Gyatso ha annunciato che dopo la sua morte ci sarà un successore per il Dalai Lama: si riaccende lo scontro decennale con la Cina
È destinato a riaccendersi l’eterno scontro tra Cina e Tibet che da decenni si concentra attorno alla figura del Dalai Lama, la Guida spiritale del buddhismo tibetano che – nella tradizione – rappresenta la reincarnazione del bodhisattva Avalokiteśvara al pari di una vera e propria divinità: la carica attualmente è ricoperta dal (quasi) 90enne Tenzin Gyatso che fu scelto secondo le modalità previste dal buddhismo all’età di appena 3 anni, entrando in carica solamente l’anno successivo.
Proprio Tenzin Gyatso, attualmente impegnato con i lunghi festeggiamenti per il suo compleanno che si celebrerà il prossimo 6 luglio, nelle ultime ore ha fatto sapere che continuerà la tradizione del Dalai Lama anche dopo la sua morte, con il compito di individuare il suo successore che sarà interamente ed esclusivamente nelle mai della Gaden Phodrang Foundation, ovvero l’ufficio di Sua Santità attualmente collocato in India.
Quello della successione del Dalai Lama è un tema piuttosto importante perché nell’ultimo periodo Tenzin Gyatso si era detto dubbioso di voler far proseguire la tradizione a causa delle sempre più forti ingerenze da parte della Cina: quest’ultima, infatti, nel 1951 ha annesso militarmente il Tibet e da quel momento il Dalai Lama – che all’epoca era già lo stesso Gyatso – è stato dichiarato separatista (dunque, nemico pubblico) da Pechino.
Perché il tema della successione del Dalai Lama è importante sia per la Cina, che per il Tibet: lo scontro dal 1951
Non a caso nel suo annuncio l’attuale Dalai Lama – che dai suoi uffici precisano godere di “ottima salute” – ha ribadito più volte che la cerimonia di elezioni del suo successore sarà quella tradizionale del Tibet, che verrà espletata in maniera esclusiva “e senza ingerenze” dal Gaden Phodrang e che la scelta ricadrà su uno dei 140mila bambini che vivono attualmente in esilio al di fuori del Tibet: decisione che ovviamente non è piaciuta alla Cina che non ha atteso molto prima di commentarla.
Il ministro degli Esteri di Pechino, Mao Ning, infatti ha subito messo in chiaro che il successore del Dalai Lama dovrà essere obbligatoriamente approvato “dal governo centrale”, scelto dal Panchen Lama (tecnicamente il braccio destro di Sua Santità, non più presente tra le file dei tibetani in esilio che non riconoscono Qoigyijabu, eletto da Pechino e fedelissimo alla Cina) tramite un sorteggio casuale da “un’urna dorata” che includerà i nomi di tutti i bambini cinesi.

Insomma, si prospetta una partita complessa perché mentre il Dalai Lama è diventato una delle voci “ribelli” contro la Cina più famose e importanti al mondo, per Pechino diventa sempre più fondamentale riuscire a estendere la sua influenza anche all’interno del buddhismo tibetano: con un Dalai Lama e un Pechan Lama scelti direttamente dal Dragone, Pechino otterrà sicuramente il riconoscimento della sua annessione del Tibet anche dalla più importante carica spiritale del “Tetto del Mondo” e l’ipotesi più accreditata è che dopo la morte di Gyatso ci saranno due reincarnazioni di Avalokiteśvara.
