La decisione sul candidato del centrodestra alle elezioni regionali in Veneto è ancora sospesa: FdI vorrebbe decidere soltanto dopo il voto nelle Marche
Uno potrebbe pensare che ai vertici politici si discuta di sistemi, se non proprio massimi, almeno “grandi”, di visioni globali, del bene comune. Potrebbe, ma sbaglierebbe. Ai vertici che da qualche tempo impegnano la triplice di maggioranza (FdI, FI e Lega) si sta cincischiando sulle caselle di un Risiko intricato, quello delle prossime (molto prossime) elezioni regionali.
Con il Veneto al centro dell’impasse, dove la candidatura alla presidenza resta bloccata nel rebus “lista Zaia sì lista Zaia no” e nell’attesa di scoprire l’esito delle votazioni altrui, leggi le regionali nelle Marche, cioè la vittoria o la sconfitta del meloniano Francesco Acquaroli, eventualità quest’ultima che spingerebbe i “Fratelli” ad esigere altre conquiste.
La lista del governatore uscente, se si presentasse, è accreditata al 40-45%, vista la grande popolarità conquistata in tre mandati consecutivi di governo regionale. Nell’ultimo il centrodestra incassò il 76,79% dei voti, e la lista Zaia Presidente arrivò al 44%, distaccando quella “Lega per Salvini premier” di 27 punti abbondanti.
Alle politiche del 2022 però Fratelli d’Italia fece il 32,7%, la Lega il 14,5% e Forza Italia il 7%: la coalizione vincente è sempre chiara, ma al suo interno adesso si discute molto sull’opportunità di ribilanciare le poltrone, e in questo senso una lista Zaia potrebbe scompaginare ogni tentativo di compromesso.
Torniamo ai famosi “vertici”: due sono già andati in cavalleria, inconcludenti. Un nuovo incontro ai “massimi” è previsto per la prossima settimana, ancora una volta con il rebus Zaia e l’attesa per le Marche, mentre nel frattempo le ipotesi si accavallano, da quella di una candidatura dell’attuale presidente della Camera Lorenzo Fontana, fantasia però che sembra già evaporata, a quella di Zaia capolista a supporto di una lista leghista. Lista che potrà contare su una galassia di civiche collegate, alla quale sembra si stia già lavorando sottotraccia.

Resta comunque lo scoglio di FdI, che se non il Veneto, almeno un’altra grande Regione del Nord devono comunque conquistarla, tipo la Lombardia, oggi altra tessera leghista.
Il recente incontro veneziano tra Matteo Salvini e Luca Zaia sul destino del Veneto non ha prodotto nessuna svolta (almeno palese), nemmeno sulle eventuali prospettive post Veneto del governatore: al governo, in una partecipata statale, sindaco di Venezia?
Per la Lega il nome principale per la candidatura alla presidenza veneta resta ancora Alberto Stefani, per FdI Raffaele Speranzon e Luca De Carlo, per FI l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi. Resta il fatto, ampiamente stigmatizzato dalla sinistra, che il tempo stringe: il limite è il 23 novembre, ultima data utile, ma la data delle elezioni la deve fissare proprio il governatore uscente, ma finché Zaia non avrà assicurazioni…
Nel frattempo, il centrosinistra ha schierato da oltre un mese il suo uomo, Giovanni Manildo, e per sostenerlo la segretaria Elly Schlein arriverà domani in Veneto, per la seconda volta, a Treviso e Padova, in un quadro di grande attivismo generale.
“Che abbiamo realizzato con responsabilità, tempismo e unità – ha detto Andrea Martella, segretario regionale del Pd veneto –: mentre il centrodestra litiga ogni giorno su chi debba prendersi il Veneto, noi abbiamo il nostro candidato in campo da oltre un mese. Giovanni Manildo (ex sindaco di Treviso) interpreta una proposta di cambiamento seria e credibile, per affrontare le nuove sfide di una regione che, dopo trent’anni di potere della destra, ha bisogno di voltare pagina”.
Manildo è anche l’espressione compiuta di un campo davvero largo: a sostenerlo sono schierati Partito democratico, Avs, M5s, Veneto che vogliamo, la Rete delle Civiche Progressiste (Veneto Vale), +Europa, Volt Europa, Psi e Movimento Socialista Liberale.
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