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Home » Sanità, salute e benessere » SUICIDIO ASSISTITO/ E adolescenti, il dramma di Siska De Ruysscher sfida il nostro SSN

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SUICIDIO ASSISTITO/ E adolescenti, il dramma di Siska De Ruysscher sfida il nostro SSN

Paola Binetti
Pubblicato 26 Ottobre 2025
Siska De Ruysscher (fota da Facebook)

Siska De Ruysscher (fota da Facebook)

Mentre l’Italia vara il nuovo piano nazionale per la salute mentale (Pnsm), il caso di suicidio assistito della 26enne Siska De Ruysscher ci interroga

Il nodo cruciale che emerge dal recente dibattito sul suicidio assistito riguarda l’effettiva libertà con cui una persona chiede di poter ricorrere a quella che è l’eutanasia di ultima generazione. Delle cinque condizioni poste dalla Corte costituzionale con la storica sentenza del 2019, l’unica che non è mai stata posta in discussione riguarda proprio l’autonomia e la consapevolezza con cui una persona chiede di essere ammessa a questa pratica così distruttiva e irreversibile, qual è il suicidio.


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Ma il tema della libertà entra facilmente in crisi se si affronta la richiesta di suicidio, più o meno assistito, di persone depresse, tanto più se adolescenti. È vera libertà quella per cui un adolescente chiede di essere autorizzato a suicidarsi per una grave, gravissima, sofferenza psichica, che ha tutte le caratteristiche di uno stato depressivo?


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Siska De Ruysscher

In questi ultimi anni in Belgio, dove eutanasia e suicidio assistito sono legali, sono emersi diversi casi di questo tipo: adolescenti, per lo più donne, per cui la vita sembrava diventata francamente insopportabile e l’unica alternativa possibile era il morire, in modo rapido ed indolore.

L’ultimo di questi casi è quello di Siska De Ruysscher, 26enne, che fin da quando aveva 13 anni desidera suicidarsi e pur avendoci provato varie volte, in vari modi, senza riuscire nel suo intento, solo ora ha ottenuto un’autorizzazione ufficiale, con il relativo aiuto da parte del suo SSN, indispensabile per compiere il suo gesto.


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Ma prima di morire ha voluto raccontare la sua storia, che in definitiva è un grande atto di accusa proprio nei confronti del SSN del suo Paese. Siska racconta la storia di progressivi fallimenti, reiterati nel tempo, con cui i servizi di salute mentale non sono stati in grado né di prevenire, né di curare la sua sofferenza psicologica, esponendola di volta in volta ad esperienze sempre più dolorose, umilianti, e in definiva discriminanti rispetto al contesto in cui vive.

Un messaggio al SSN

Siska denuncia la malasanità dei servizi di assistenza psichiatrica e tutte le carenze nella gestione dei disturbi psichiatrici in Belgio. Molti pazienti devono aspettare mesi prima di poter iniziare un percorso di cura; i ricoveri di lunga durata in psichiatria sono davvero inadeguati; lei stessa ha dovuto convivere con persone affette da gravi disturbi depressivi, patologie comportamentali, tossicodipendenze, comportamenti autolesivi. E aggiunge che i pazienti si influenzano a vicenda, per cui molti di loro finiscono col peggiorare.

Siska sceglie di morire, ma lancia il suo ultimo messaggio di speranza: che la sua morte segni l’inizio di un cambiamento. Altre storie simili di adolescenti in cerca di eutanasia perché depresse, erano già arrivate fino a noi, come quella di Laura, Ines, Noa, Zoraya, ma questa contiene una provocazione chiara e forte che vale la pena raccogliere: migliorare i servizi di assistenza psicologica e psichiatrica nel nostro Paese, a cominciare proprio dagli adolescenti che sono i più esposti. Nel loro caso le statistiche ci dicono che il suicidio è la seconda causa di morte per gli adolescenti, anche a prescindere dall’eutanasia.

Prevenzione e PNSM

Per questo è stato accolto con molto interesse da parte di tutti gli addetti ai lavori il nuovo Piano nazionale per la salute mentale (PNSM), recentemente pubblicato dal ministro della Salute dopo circa vent’anni dal precedente, che risaliva al 1998.

Il nuovo Piano insiste sulla prevenzione e promozione del benessere mentale, non solo come cura dei disturbi, dando una specifica rilevanza a contesti come la scuola, la famiglia, l’inclusione sociale, per favorire resilienza e prevenzione del disagio. Lo fa anche attraverso l’inserimento della figura dello psicologo di base, o psicologo di primo livello.

Macherine covid
In ospedale (Ansa)

Il disagio psicologico tra adolescenti in Italia esiste da tempo, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS): nel 2009 circa l’8-10% avevano un qualche disturbo. Ma questo dato è decisamente in aumento dalla seconda decade dal 2015-2025, con sintomi psicologici e somatici come lo stress, l’ansia, il malessere, la bassa autostima, disturbi del comportamento alimentare, che stanno aumentando, specialmente nelle ragazze e nelle fasce dell’adolescenza da 15 anni in su.

Circa 1 giovane su 5, o più, sembra avere sintomi significativi di disagio, nei sondaggi recenti. Le diagnosi cliniche gravi, i disturbi mentali, rimangono circoscritti intorno al 9%, ma il numero assoluto è elevato e con forte impatto in termini di carico. I gruppi più vulnerabili sono quelli rappresentati dalle ragazze, da adolescenti in contesti socioeconomici svantaggiati, da soggetti esposti a bullismo o con un elevato tempo di esposizione ai social media.

Adolescenti, disagio in crescita

Le problematiche legate oggi alla salute mentale sono molto diverse rispetto a quelle di soli pochi anni fa: bisogna ragionare in termini di una nuova cultura della salute mentale. In questi ultimi anni abbiamo assistito a grandi progressi medico-scientifici, diagnostici e terapeutici, allo stesso tempo si sono verificate profonde e radicali trasformazioni sociali, ambientali, climatiche, tecnologiche, con un netto cambiamento del valore e del significato della salute mentale.

I fattori di rischio si vanno estendendo rapidamente e in maniera incontrollabile; ne sono un esempio la grande diffusione delle nuove sostanze psicoattive o l’utilizzo patologico del web o il verificarsi, sempre più spesso, di drammatiche situazioni relazionali caratterizzate da violenza, rabbia, aggressività.

L’allarme riguarda particolarmente i giovani e, in generale, l’influenza sulla qualità dei legami e delle relazioni sociali di tutta la popolazione, con il verificarsi di un grande impoverimento valoriale ed emotivo-affettivo. È fondamentale aver presente che il disagio psicologico degli adolescenti non equivale a una patologia psichiatrica, e non può essere trattato unicamente con strumenti clinici. Né tanto meno va assecondato nelle sue richieste estreme, come quella del suicidio assistito.

Richiede invece risposte educative, familiari e comunitarie. Una costante riscoperta di valori umani e una sana progettualità nella costruzione del loro futuro, con uno stile di vita capace di fronteggiare insuccessi e difficoltà, senza restarne schiacciati. Un richiamo importante contro la patologizzazione eccessiva della sofferenza adolescenziale.

Conclusione

Il messaggio drammatico che Siska De Ruysscher lancia con la sua morte è paradossalmente un messaggio di speranza, in cui la vita recupera il suo senso e il suo valore. Siska muore per ricordare il valore della vita, il desiderio di vivere e la necessità di poter disporre di strumenti di cura adeguati. Muore e denuncia l’insufficienza della presa in carico del disagio psicologico: una trappola mortale che trasforma il disagio frequente negli adolescenti in dolore psicologico insopportabile.

Segna il fallimento di un sistema sanitario distratto e superficiale, ma anche il fallimento di un sistema sociale che non sa proporre ai giovani stili di vita sufficientemente resilienti per fronteggiare le inevitabili difficoltà della vita, dando loro motivi per credere e per sperare in un futuro che loro stessi possono rendere migliore. Ossia togliendo ogni possibile forma di trascendenza per guardare oltre lo stretto orizzonte della loro sofferenza.

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Tags: Eutanasia

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