Il 5 novembre al via le audizioni della Corte Suprema USA sulle politiche di dazi della Presidenza Trump: cosa c'è in ballo e cosa rischia il Presidente
SI APRE LA SETTIMANA CLOU PER IL DESTINO DEI DAZI AMERICANI: ECCO COSA SUCCEDE IN CORTE SUPREMA
Dal 2 aprile al 5 novembre, con però la fine del 2025 come termine ultimo per capire quale sarà il destino dei dazi della Presidenza Trump: dopo la firma globale del piano tariffario choc in primavera, la decisione di alcuni tribunali statali avevano bloccato gli interventi applicati, La Corte d’Appello federale di Washington ad inizio settembre ha poi definitivamente bloccato i dazi, salvo però sospendere il provvedimento per 45 giorni dando il tempo all’amministrazione repubblicana di poter fare appello alla Corte Suprema USA, cosa poi effettivamente avvenuta.
Da qui la convocazione ufficiale del 5 novembre prossimo delle prime audizioni per provare a dirimere un punto chiave: la norma del Governo americano ha basato il proprio potere d’azione sul fronte dazi tramite l’International Emergency Economic Powers Act del 1977, che di fatto conferiva al Presidente americano tale potere discrezionale.

Il tema è capire se tale IEEPA può conferire o meno tali poteri alla Casa Bianca e se dunque si può dare il definitivo via libera alla capacità di imporre dazi al Presidente USA senza passare dal Congresso, oppure si dovrà fermare in modo clamoroso una delle principali “armi” in politica estera dell’amministrazione Trump.
IL PIANO DI TRUMP, LE PREVISIONI DI BESSENT E LE CONSEGUENZE POSSIBILI
Dalle iniziali reazioni contro Messico, Cina e Canada per l’ingresso di migranti e fentanyl in territorio americano, si è passati poi alla “rivoluzione commerciale” di Trump che ha espressamente lanciato la politica di dazi internazionali con i Paesi in cui sosteneva esserci un disavanzo commerciale con gli States. Dopo il 7 a 4 della Corte d’Appello, ora è la Corte Suprema a doversi esprimere e da mercoledì scatteranno le prime adozioni, a cui potrebbe anche partecipare (in modo clamoroso) il Presidente stesso.
Il team di Trump è convinto che i dazi siano essenziali per la sicurezza nazionale, e dunque fondandosi sulla norma IEEPA è possibile proseguire tale politica: di contro invece, i giudici federali sono convinti che sia il Congresso a dover dare un potere simile alla Presidenza, rimandando alla Suprema Corte ora il sigillo finale di tale decisione. È evidente che qualora Trump perdesse la “partita” dovrebbe modificare a fondo l’intera agenda tariffaria ed economica, specie nel complesso confronto/scontro a distanza con la Cina proprio da poco rimesso su binari diplomatici.

Il mondo resta alla finestra, con la sentenza della Corte Suprema USA che potrebbe anche arrivare entro fine anno, anticipando i tempi “consueti” di 4-6 mesi per la definizione della decisione finale: secondo il Segretario al Tesoro Scott Bessent, intervistato da Fox domenica, c’è da rimanere comunque ottimisti in quanto «Il presidente è stato in grado di reagire grazie ai suoi poteri previsti dall’IEEPA. Se questo non è l’uso di un potere d’emergenza in un momento d’emergenza, allora non so cosa lo sia».
La presenza però di Trump alle audizioni – se così fosse sarebbe il primo Presidente americano nella storia ad essere presente durante i colloqui della Corte Suprema (è legittimo, ma appunto non è mai avvenuto) – fa però intuire come non sia per nulla certo del risultato positivo finale sul fronte dazi. Una sentenza nefasta condannerebbe l’America a rimborsi extra-large, con il Congresso che dovrebbe poi mettere mano all’agenda commerciale internazionale; un sì finale invece “salverebbe” non solo la Casa Bianca, ma darebbe la spinta ideale alle Elezioni di midterm che da un anno attendono l’eterna sfida GOP vs Dem.
