Le parole su Dorothy Day pronunciate da Leone XIV e un recente convegno alla Gregoriana riaccendono l’attenzione sulla "piccola grande donna americana"
Nell’udienza giubilare di sabato 22 novembre scorso papa Leone XIV, a sorpresa, ha posto al centro della sua riflessione la figura di Dorothy Day, una “piccola grande donna americana”, principale esponente del movimento sociale cattolico negli Stati Uniti del secolo scorso. Dotata di un carisma particolare per la giustizia sociale a favore delle persone più emarginate, ella ha dato vita nel 1933 al Catholic Worker, un movimento che – a nostro parere – può essere giustamente annoverato tra quei “movimenti popolari” richiamati nell’esortazione apostolica “sull’amore verso i poveri” Dilexit te di Papa Leone dello scorso ottobre.
Diciamo trattarsi di un intervento “a sorpresa” perché Dorothy Day è solo una “serva di Dio”, non è ancora una santa, pur essendo in corso la sua causa di beatificazione, istruita nella diocesi di New York e dal 2021 trasmessa al dicastero vaticano competente.
Nondimeno, all’interno della Dilexit te, Papa Leone ci presenta una significativa sequenza di santi che si sono spesi nei secoli a favore dei poveri, e Dorothy Day certamente non sfigurerebbe in loro compagnia, quantomeno per la passione verso i poveri e per la capacità di condividere la loro vita.
Per questo l’udienza giubilare può essere letta come un’integrazione dell’esortazione apostolica, riferita a una persona quasi contemporanea, capace di “prendere posizione”, di non fermarsi all’indignazione per le ingiustizie, ma di trasformarla in “comunione e azione”.
Così ha parlato di lei lo scorso 22 novembre Papa Leone: “Vorrei ricordare una piccola grande donna americana, Dorothy Day, vissuta nel secolo scorso. Aveva il fuoco dentro. Dorothy Day ha preso posizione. Ha visto che il modello di sviluppo del suo Paese non creava per tutti le stesse opportunità, ha capito che il sogno per troppi era un incubo, che come cristiana doveva coinvolgersi coi lavoratori, coi migranti, con gli scartati da un’economia che uccide. Scriveva e serviva: è importante unire mente, cuore e mani. Questo è prendere posizione. Scriveva come giornalista, cioè pensava e faceva pensare. Scrivere è importante. E anche leggere, oggi più che mai. E poi Dorothy serviva i pasti, dava i vestiti, si vestiva e mangiava come quelli che serviva: univa mente, cuore e mani. In questo modo sperare è prendere posizione. Dorothy Day ha coinvolto migliaia di persone. Hanno aperto case in tante città, in tanti quartieri: non grandi centri di servizi, ma punti di carità e di giustizia in cui chiamarsi per nome, conoscersi a uno a uno, e trasformare l’indignazione in comunione e in azione. Ecco come sono gli operatori di pace: prendono posizione e ne portano le conseguenze, ma vanno avanti. Sperare è prendere posizione, come Gesù, con Gesù. Il suo fuoco è il nostro fuoco. Che il Giubileo lo ravvivi in noi e in tutta la Chiesa!”.
Molte indicazioni presenti nella Dilexit te si possono benissimo ritrovare nell’azione di Dorothy Day, come ad esempio la scelta evangelica delle opere di misericordia (si veda il punto 28).
Rimanendo sempre all’interno dell’esortazione di Papa Leone, il movimento del Catholic Worker è chiaramente riconoscibile come uno di quei “movimenti popolari” citati al punto 80 e 81, ovvero un “insieme di persone che non camminano come individui ma come il tessuto di una comunità di tutti e per tutti, che non può permettere che i più poveri e i più deboli rimangano indietro. […] I leader popolari, quindi, sono coloro che hanno la capacità di coinvolgere tutti”.
Questo esplicito riconoscimento delle virtù evangeliche di Dorothy Day potrebbe comportare un’accelerazione della causa di beatificazione, quanto meno per quanto attiene il necessario riconoscimento delle sue virtù eroiche, che la indicherebbe ai fedeli come “venerabile”? È quello che molti si augurano.

Mentre l’esplicito riferimento fatto a Dorothy Day nel 2015 da Papa Francesco davanti al Congresso di Washington poteva essere interpretato come una indicazione di valore “locale”, cioè relativa alla storia americana, l’attuale indicazione di Papa Leone – pronunciata a Roma nel contesto del Giubileo – sul valore della testimonianza della serva di Dio ha certamente un valore universale, perché rivolto all’attenzione della cristianità intera.
Può quindi essere letto come una volontà di “estensione al mondo” del suo messaggio anche il convegno di studio sull’eredità di Dorothy Day organizzato a Roma presso l’Università Gregoriana, da quest’ultima, dalla Manhattan University e dalla Notre Dame University e sostenuto dal Dorothy Day Guild, tenutosi a Roma lo scorso 26 novembre, a soli quattro giorni di distanza dall’udienza giubilare papale.
A giudizio degli organizzatori non c’è un collegamento tra questo evento e il contenuto dell’udienza papale, costituendo invece una felice sorpresa. Il Dorothy Day Guild si occupa del sostegno della causa di beatificazione e della diffusione del pensiero della Day.
In particolare è molto significativo l’endorsement dei Gesuiti e della loro Università verso Dorothy Day, al punto di allestire per la prima volta a Roma un simposio di respiro internazionale, con testimoni qualificati provenienti dagli Stati Uniti, tra i quali le due nipoti viventi di Dorothy.
Due anni fa, nell’agosto del 2023, era stato il Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione a porre all’attenzione la figura della Day nell’incontro inaugurale, cui parteciparono Robert Ellsberg, curatore di diversi testi della Day, e la giornalista dell’Osservatore Romano Giulia Galeotti, autrice della biografia italiana di Dorothy Day Siamo una rivoluzione. Vita di Dorothy Day (Jaca Book, 2021).
Lo stesso Ellsberg ebbe a dire a riguardo del Meeting che si era trattato della più numerosa audience mai vista in precedenza ad un incontro su Dorothy Day. Entrambi sono stati presenti anche al convegno di Roma, il primo come relatore, la seconda come moderatrice di uno dei due momenti di dibattito.
Alla Gregoriana Ellsberg ha raccontato in modo particolare la spiritualità di Dorothy, una vita tra contemplazione e azione, nutrita dal suo rapporto con alcuni santi, in particolare san Benedetto (la Day era oblata benedettina), ma soprattutto santa Teresina di Lisieux, sulla quale scrisse pure un libro, una santa apparentemente lontanissima da lei per tanti aspetti, ma che le comunicò la passione per la “piccola via”, fatta di piccole azioni, che solo Cristo ha il potere di moltiplicare come effetto.
Il congegno ha visto inoltre una significativa sottolineatura da parte del dr. Diego Alonso-Lasheras SJ, docente di teologia morale alla Gregoriana, del fatto che alle cosiddette “strutture di peccato” si possono contrapporre, come fece Dorothy Day, delle “strutture di grazia”, secondo l’accezione fattane da Yves Congar, costituite dalla pratica delle opere di misericordia, dal rimanere uniti alla Chiesa, dal non essere impazienti di fronte a istanze non immediatamente recepite dalla Chiesa stessa e infine da una concezione di rinnovamento che non può prescindere dal valore della tradizione, dove le strutture sociali nella chiesa hanno anche un valore sacramentale.
Per chi è interessato al pensiero di Dorothy Day e a seguire gli sviluppi della sua causa di beatificazione il consiglio è quello di riferirsi al sito dorothydayguild.org.
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