Se taluni aspetti della lectio magistralis di Mario Draghi sono stati valorizzati, ce ne sono altri, per nulla ripresi, e non a caso: gli statalisti di ogni colore confondono l’autonomia degli istituti pubblici con la dittatura ideologica di gruppi di docenti e non docenti; considerano la parità scolastica come problema confessionale, si oppongono all’introduzione di metodi di valutazione della qualità, ignorano l’introduzione di fondazioni pubblico-private nella scuola (come invece ha fatto Blair), ritengono la libertà di scelta delle famiglie, supportata da voucher, deduzioni, detrazioni fiscali, come un cedimento al mercato selvaggio.
Draghi, al contrario, ha affermato che occorre garantire pari opportunità di accesso alle scuole e che occorre valorizzare l’eccellenza aumentando “la concorrenza tra gli istituti pubblici e privati, con modalità di finanziamento che da un lato, premino le scuole migliori e dall’altro trasferiscano risorse direttamente alle famiglie per ampliarne le possibilità di scelta”.