L’importanza delle banche locali
Queste banche svolgono un ruolo di primo piano nel processo di mantenimento e di sviluppo della ricchezza di tante zone del Paese

La scorsa settimana hanno visto la luce i cosiddetti Tremonti bonds, un nuovo strumento finanziario sottoscrivibile dal Tesoro e in grado di rafforzare il patrimonio delle banche.
Di tutte le banche? No, per ora solo di quelle quotate in borsa. Poiché il fine di tale intervento pubblico è quello di assicurare una più facile erogazione di credito all’economia reale e in particolare a famiglie e piccole e medie imprese sembrerebbe giusto, anche in termini di principio, estenderlo a tutte le realtà bancarie e in tal senso si è espressa anche l’Abi, associazione di categoria.
Sembra dunque riproporsi anche in questa occasione la consueta dicotomia tra grandi banche di interesse nazionale e piccole banche locali. Alle prime vanno riconosciuti molti meriti in ordine all’aumento dimensionale e al processo di internazionalizzazione, ma anche qualche scandalo, pure nel recente passato, e una situazione attuale di relativa maggiore difficoltà. Delle seconde, di cui molti oggi parlano, fino a poco tempo fa nessuno valorizzava l’importante ruolo di supporto allo sviluppo economico di tante zone del territorio locale.
Quattrocentoquaranta banche di prossimità o casse rurali, oggi omogeneamente identificate come banche di credito cooperativo (BCC), 4.000 agenzie, pari al 12% del totale operante sul territorio nazionale, un milione di soci, 5 milioni di clienti, 17 miliardi di patrimonio, 40 miliardi di raccolta diretta, pari al 9% del totale, 115 miliardi di impieghi di cui il 20% a imprese con meno di venti dipendenti, un coefficiente di patrimonializzazione pari al 15%, rispetto alla media del 10% del mondo creditizio nazionale.
Oltre ai numeri, la sostanza: l’Antitrust, in una recente analisi in cui identifica le BCC come quarto gruppo bancario italiano, afferma di riscontrarvi la pratica della mutualità e della partecipazione dei soci.
Di queste piccole banche locali abbiamo ancora molto bisogno. Ci serve la loro presenza capillare sul territorio, dove la maggior parte delle imprese tuttora nascono e hanno sede, la loro conoscenza di persone e luoghi che è garanzia di buone raccolte, anche di questi tempi, e più efficienti affidamenti.
Queste banche svolgono un ruolo di primo piano nel processo di mantenimento e di sviluppo della ricchezza di tante zone del Paese. L’articolo 2 dello statuto tipo adottato da ciascuna di esse riafferma come finalità propria quella di fare crescere il territorio.
Nel frangente dell’attuale crisi ciò si accompagna a interventi concreti a favore di chi si trovi nel bisogno: c’è, ad esempio, la disponibilità a sottoscrivere accordi con locali associazioni di categoria, sindacati e comuni e provincie per anticipare, senza interessi e senza spesa alcuna, la cassa integrazione ordinaria o straordinaria laddove l’Inps ne ritardi l’erogazione. E ciò anche nel caso in cui il diretto interessato non sia cliente della banca. È un modo per ribadire, nelle mutate condizioni economiche, il compito storico del perseguimento del bene comune.
Di certo il Paese continua ad aver bisogno di grandi banche in grado, tra l’altro, di supportare la presenza italiana nel mondo, ma a nessuno gioverebbe dimenticarsi della storia e del ruolo delle piccole banche locali.
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