La giustizia non basta

Non v’è dubbio che i servizi di giustizia siano una delle più grandi emergenze del nostro Paese, sia nelle aule dei tribunali che nelle carceri

In molte aule di giustizia, in molti istituti di pena, il crocefisso non si trova più. La mancanza dello sguardo di Cristo all’interno di queste “stanze” crea un’assenza reale per tutti.

 

Non è una questione di edulcorata e sentimentale presenza di un simbolo religioso; non è solo dal punto di vista religioso che ci dobbiamo dolere di ciò. È l’assenza della misericordia e della compassione come dimensione delle umane cose. Ma è anche l’assenza della memoria che anche un giusto può essere condannato e che lo sguardo di pietà deve avvolgere le cose umane laddove esse si presentano nella loro contraddizione più acuta, là dove verità e verosimiglianza combattono un’acuta battaglia.

Gli fu domandato chi eran quelli con cui s’era trovato; rispose: che li conosceva solamente di vista e non di nome. E anche qui gli fu detto: non è verisimile. Terribile parola: per intender l’importanza della quale, son necessarie alcune osservazioni generali, che pur troppo non potranno esser brevissime, sulla pratica di que’ tempi, ne’ giudizi criminali” [1].

Pietà significa consapevolezza del rapporto tra verità processuale e realtà, tra servizi di giustizia e giustizia. Non v’è dubbio che i servizi di giustizia siano una delle più grandi emergenze del nostro Paese. E non a caso tale emergenza si abbina all’altra, quella relativa alla educazione e alla formazione della gioventù.

L’unico momento in cui, nella Costituzione italiana, viene utilizzata la parola educazione è quando, all’articolo 27, si parla della funzione degli istituti di pena, quando si dice che il loro scopo è la “rieducazione”.

Quindi l’“emergenza giustizia” per la quale chi deve vergognarsi, nei confronti di coloro che subiscono provvedimenti iniqui persino nella loro materiale modalità (ad esempio provvedimenti preventivi), oltre a coloro che assumono tali iniziative con poteri enormi e incontrollati, sono le istituzioni dello stato, impotenti a porre in essere strumenti idonei a tutelare i propri cittadini da quel potere abnorme senza possibilità di difesa (l’abeas corpus è il cittadino in quanto tale, senza immunità preventiva e senza che la presunzione d’innocenza sia concreta e verificata).

[1] Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, Ed. BUR VARIA, 2009.

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Lo spazio che abbiamo dedicato in questo numero ai problemi della pena, della sua esecuzione ma soprattutto a casi di soggetti non istituzionali che, a partire da rapporti, fanno crescere e rinascere la speranza negli uomini anche condannati, è un segno dell’ampio sguardo con cui vogliamo osservare la fascia di realtà, qui sì Non Profit, che vive fino in fondo misericordia e compassione senza le quali la solidarietà è uno sforzo disperato.

 

Educazione e rieducazione non possono essere un atto dell’istituzione. L’istituzione deve solo garantirne la possibilità. Ma in questo “solo garantirne” sta una potente modifica della nostra visione dello stato.

 

(Per gentile concessione della Rivista Non Profit. Editoriale al numero 2/2010 dedicato a carceri e giustizia).

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