O si cresce o si muore

La crisi nel settore del legno arredo è paradigmatica di quel tessuto di piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto economico italiano. ROBERTO SNAIDERO ne parla a IlSussidiario

Il settore del legno-arredo sta scontando un periodo di difficoltà oggettivamente pesante. Bastano pochi numeri per accorgersene. Nel 2007 il fatturato totale del comparto era di 42,5 miliardi di euro, mentre le previsioni di chiusura per il 2012 sono di 28,5 miliardi: un crollo del 33%. Negli ultimi cinque anni hanno chiuso i battenti 10mila aziende nel settore e 51mila persone hanno perso il loro lavoro. Nello stesso periodo, il ricorso alla Cassa integrazione (espresso in ore) è aumentato del 697%. Credo che non ci sia alcuna considerazione da aggiungere a questi tremendi dati se non questa: le nostre imprese rischiano il tracollo.

Certo, nello stilare un “bilancio” del 2012 non tutto è negativo. Nei mercati esteri riusciamo ancora a crescere, con un +4,5-5% rispetto al 2011, anche non siamo ancora ritornati ai dati del 2007, anno precedente allo scoppio della grande crisi. Le esportazioni continuano a essere una “ancora di salvezza”, ma rappresentano il 30-35% del fatturato totale del settore: il restante 65-70%, purtroppo, sta perdendo sempre più terreno. È un grosso problema, che FederlegnoArredo sta cercando di limitare supportando le imprese sui mercati esteri. Abbiamo organizzato missioni negli Stati Uniti, fiere a Mosca, apriremo uffici a Londra, Shangai, nella stessa capitale russa, lo abbiamo già fatto a Chicago. L’obiettivo è far sì che le imprese abbiano degli interlocutori di riferimento sui mercati globali.

Non possiamo nemmeno rallegrarci del fatto che le importazioni di prodotti della filiera legno-arredo (spesso copie “low cost” delle nostre creazioni provenienti dalla Cina) siano diminuite nel nostro Paese: questo è infatti un ulteriore segnale della crisi del mercato, a prescindere dalle fasce di costo del prodotto.

Per evitare il peggio, la nostra richiesta alle forze politiche e al Governo che verrà è molto precisa. Con il decreto sviluppo della scorsa estate, le agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie sono passate dal 36% al 50%, con un massimale portato da 36mila a 96mila euro. A noi basterebbe che venissero inclusi gli arredi fra le opere ammesse alla detrazione. Si tratterebbe di una misura che non comporta alcun aggravio per le casse dello Stato e che, secondo i nostri calcoli, potrebbe generare un ritorno di 1,2 miliardi di euro di nuovo fatturato per le imprese del settore: una boccata di ossigeno dopo un periodo così duro.

È facile comprendere come funzionerà concretamente il credito d’imposta. Poniamo che una persona spenda 75mila euro per ristrutturazioni in muratura: ciò significa che i restanti 21mila euro li potrà utilizzare per arredare l’appartamento ristrutturato. Il 50% di quel che ha speso gli verrà rimborsato in minor tasse per i successivi dieci anni.

Forse qualcuno vorrebbe che si intervenisse celermente per abbassare la tassazione sul lavoro, che presenta livelli molto elevati nel nostro Paese. Data la situazione, però, il costo del lavoro non è la prima emergenza: la priorità è tornare a crescere, tornare a far crescere i consumi. E la nostra proposta è un primo passo in questa direzione.

Tra le 2.700 aziende associate a FederlegnoArredo, tantissime sono le piccole, quelle Pmi che rappresentano il tessuto economico del Paese. Dar loro una risposta, un orizzonte per uscire dal tunnel, è un dovere per la Politica.


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