La falsa Imu

- Luca Antonini

L’imposta municipale unica era stata studiata dal precedente governo in un’ottica federalista, ma quello attuale l’ha trasformata in un affare per lo Stato. Il commento di LUCA ANTONINI

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Nel federalismo italiano sono esistite due Imu, perlomeno dal punto di visto di vista della sequenza cronologica. La prima è l’Imu dei decreti attuativi del federalismo fiscale (d.lgs. n. 23 del 2011), approvata dal precedente Governo e destinata a entrare in vigore nel 2014. La seconda è l’Imu in vigore, voluta dal nuovo Governo, figlia dell’emergenza e disciplinata dal decreto “Salva Italia”.  La prima sarebbe dovuta appunto entrare in vigore nel 2014, assieme all’imposta municipale secondaria, nell’ottica di semplificare il farraginoso catalogo delle imposte locali (ben 18 diverse forme di entrata: dall’Ici alla “tassa sull’ombra”). Con il combinato operare delle due imposte il quadro si riduceva a 10 tributi, permettendo una nuova tracciabilità.

Se è, infatti, corretto imporre la tracciabilità dei pagamenti dei privati per contrastare l’evasione, è simmetricamente altrettanto fondamentale che anche le istituzioni pubbliche facciano la loro parte, grazie a imposte tracciabili che permettano – come ribadiva spesso Einaudi – al contribuente  di conoscere “il perché delle imposte”. Se evadere è un “delitto”, lo è anche sprecare le imposte; l’elettore deve quindi poter verificare e sanzionare con il voto chi commette sprechi.

L’Imu del Governo Berlusconi era più leggera, esentava la prima casa, garantiva la tracciabilità di quanto un Comune veniva a chiedere ai suoi elettori. L’Imu oggi in vigore nasce invece con il decreto “Salva Italia”, che ha modificato l’assetto della precedente: ne mantiene il nome e  la struttura, ma vi inserisce profonde modifiche, che ne alterano almeno in parte la natura. È una sorta di Avatar della “vecchia” Imu. La prima modifica è che si applica, ma con un’aliquota ridotta, anche alla prima casa; questo è positivo e colma un difetto della precedente versione, perché rafforza il legame tra l’elettore residente e la politica locale rendendo maggiormente efficace il controllo democratico. Le altre modifiche sono invece molto meno condivisibili e hanno contribuito a creare il caos denunciato dagli operatori e dai media nei giorni scorsi.

La seconda modifica è, infatti, che la nuova Imu ha una doppia faccia, nascosta. Mantiene, sì, il nome di imposta “municipale”, ma metà del gettito sulle seconde case (9 miliardi) lo prende lo Stato. Non solo: i Comuni perdono di fatto anche il gettito derivante dall’estensione alle prime case (3,8 miliardi), perché il “Salva Italia” ha ulteriormente tagliato il fondo di riequilibrio destinato ai Comuni per altri 5,65 miliardi. La terza modica è che il “Salva Italia” ha imposto le rivalutazioni catastali, per cui la base imponibile dell’Imu viene quasi raddoppiata.

In definitiva: la nuova Imu è un’imposta che pesa più del doppio rispetto alla vecchia Ici, sarà il Comune a metterci la faccia di fronte agli elettori quando arriverà la cartella esattoriale (l’imposta continua a chiamarsi “Municipale”), ma questi elettori non vedranno nessun miglioramento nei servizi municipali, perché il Comune non riceverà nemmeno un euro aggiuntivo: il maggior gettito lo incassa lo Stato. Queste due modifiche, assieme all’anticipo al 2012, hanno creato i problemi: ancora non si conosce con esattezza il gettito effettivo derivante dalla applicazione delle rivalutazioni, i Comuni stentano a capire come faranno a chiudere i bilanci per effetto della manovra e molti non hanno ancora deciso come esercitare la flessibilità sulle aliquote.

In questa confusione la nuova Imu dimostra di essere figlia dell’emergenza. Una soluzione transitoria giustificata dall’emergenza non può però diventare ordinaria. La tracciabilità dell’Imu è ora gravemente compromessa. Avere riservato allo Stato una grossa fetta del gettito – che potrà spendere a prescindere da ogni controllo della democrazia locale – di  un tributo proprio comunale rappresenta una soluzione che compromette l’accountability, che si può giustificare solo in via transitoria, ma che non può essere definitiva, pena l’alterazione di un principio fondamentale del federalismo fiscale.

È utile quindi che questa e altre distorsioni vengano corrette già dall’anno prossimo, eliminando la confusione.

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