La cura dei santi

Antidoto efficacissimo contro il nichilismo è la santità, un insuperabile segno di contraddizione rispetto alla realtà che vediamo tutti i giorni. Il commento di PIGI COLOGNESI

Antidoto efficacissimo contro il nichilismo è la santità. Col termine nichilismo non intendo parlare di una qualche dottrina filosofica o interpretazione teorica del reale. Più banalmente, penso alla mentalità diffusa che respiriamo. Quella per cui niente conta se non l’immediatamente percepibile (di cui ci si nasconde la pur innegabile precarietà, tanto per non farsi troppe domande); quella per cui il disagio di un figlio a scuola deve per forza essere affrontato in termini medicalizzati (psicologicamente o farmacologicamente); quella per cui le divergenze del rapporto vengono immediatamente lette e affrontate in termini di legge e allora si chiama l’avvocato prima ancora di cominciare a discutere; quella per cui lo scetticismo disincantato viene spacciato per realismo e ogni aspirazione è chiamata illusione.

La santità è un insuperabile segno di contraddizione rispetto a tutto questo. Essa sta a dimostrare che quel che importa in una vita (e a cui la vita stessa si può sacrificare) non è della categoria del misurabile empiricamente: amore, amicizia, anima, fede, ideale, sacrificio. Sta a dimostrare che le domande ultime sono le uniche che veramente contino, perché sospingono oltre la precarietà; che un disagio può rappresentare un ostacolo necessario per il cammino educativo e una divergenza la possibilità di approfondire un rapporto, magari attraverso il miracoloso strumento del perdono.

Si legge, quindi, ancora con grande piacere il libro che Walter Nigg ha scritto subito dopo la Seconda guerra mondiale (da non molto ripubblicato da Marietti) intorno a otto Grandi santi. Il libro suscita interesse perché Nigg, protestante e molto smaliziato rispetto alle facili riduzioni psicanalitiche della personalità, tiene pienamente fede all’assunto con cui inizia il libro: «Un mondo sconosciuto si apre ai nostri occhi, quando s’incontrano i santi». Certamente è un mondo sconosciuto, ma proprio perché quello che bazzichiamo normalmente è infestato dal nichilismo. Invece in quell’altro mondo si respira l’aria frizzante di un’umanità autentica. Il santo dimostra quale eccelsa statura abbia l’uomo quando non accetta di autoridursi.

Nigg non indulge mai alle descrizioni oleografiche, all’immaginetta devozionale e mette in risalto proprio quei tratti di umanità che più chiaramente contestano il nichilismo imperante. Così il suo san Francesco d’Assisi non ha niente da spartire con l’ingenuo giullare ecologista e animalista; è il penitente che accetta di baciare il lebbroso, l’innamorato di Cristo che rinuncia categoricamente a tutto il resto. Teresa d’Avila, dopo anni di vita conventuale tiepida, è travolta dalla grandezza rappresentata dalla possibilità di avere un «grande colloquio» con Dio stesso e diventa così una instancabile riformatrice.

Francesco di Sales, vescovo di Ginevra, è presentato come colui che ha proposto l’obiettivo della santità anche a coloro che vivono nel mondo e ne ha mostrato la tutto sommato semplice percorribilità. Il curato d’Ars, poi, è descritto come l’uomo intellettualmente inetto (non è mai riuscito a studiare il latino), reputato zotico e forse idiota dai suoi stessi confratelli; eppure lui vedeva con chiarezza ciò che di ogni uomo costituisce il fondo: la sua anima; a correggere, sanare, indirizzare le anime quel santo ha passato, seduto in confessionale, gran parte della vita.

Il libro parla anche di Giovanna d’Arco, Nicolò della Flüe, Giovanni della Croce e Teresa di Lisieux, sui quali non ho spazio per scrivere neppure una parola. Ma anche con loro si entra in un «mondo sconosciuto». Che è il mondo che avremmo sempre sognato di conoscere, perché – contrariamente all’arida landa del nichilismo – è la patria per cui siamo fatti.


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