Il futuro secondo Oxford
La lezione che Oxford offre ancora al mondo è che all’origine di questa grande opera c’è la ricerca della verità. Un insegnamento molto utile oggi, spiega FERNANDO DE HARO

L’autunno inglese comincia a ingiallire le foglie di alcune querce, anche se l’erba curatissima dei college londinesi resta verde come sempre. Dalla torre medievale di uno di essi si vede questa sorta di città tranquilla, riserva di conoscenza e luogo di formazione della classe dirigente britannica, che appare come un mosaico di quello che l’iniziativa sociale ha costruito nell’arco di molti secoli. Oxford continua a offrire una grande lezione al mondo, perlomeno occidentale, in un momento in cui in tanti si chiedono come mantenere in piedi un sistema educativo e di welfare che sia segno distintivo dell’Europa in un mondo globalizzato.
Dal pulpito da cui predicava Newman sembrano potersi ancora udire le sue parole sulla ragione illuminata dalla fede. E le librerie piene di libri di Tolkien e Lewis rendono evidente il grande apporto dato dai cattolici nel rendere famosa in tutto il mondo questa università britannica. I personaggi de Il signore degli anelli, la grande mitologia di riferimento di questo inizio di XXI secolo, sono nati tra i canali, i prati e le taverne di questo piccolo mondo che si trova a ovest di Londra. Ma anche prima che il movimento di Oxford sviluppasse un racconto di compagnia, grazia e libertà, la nascita stessa dell’università nel Medioevo costituisce una storia interessante.
All’origine di Oxford non c’era un progetto. C’erano persone che studiavano tanto e con una tale passione che la loro fama superava i muri dei conventi, percorreva miglia e miglia fino ad arrivare nei luoghi più remoti. Alcuni giovani, e altri meno giovani, desiderosi di incontrare un maestro si spostavano fino a quel villaggio, installandosi dove potevano, e ottenevano una buona dose di conoscenza. All’origine dell’università c’è una relazione cercata liberamente. Il desiderio e il bisogno di imparare dallo sguardo e dalla conoscenza dei saggi ha fatto il resto.
I proprietari di Oxford, vedendo che arrivavano molti studenti, alzarono gli affitti delle stanze. Per risolvere il problema ed evitare abusi, maestri e alunni fondarono i collegi, cominciando dalle cappelle e dalle torri. E dato che avevano bisogno di denaro per mantenerli si rivolsero ai ricchi. Trovarono così delle terre con cui finanziarsi. Ancora oggi questa dinamica, in grande misura, continua a essere viva: ogni professore di Oxford, oltre a fare ricerca e a insegnare, deve dedicare parte del suo tempo a trovare fondi.
Poi venne il potere, che in questo caso si chiamava Enrico VIII, quell’Enrico che aveva già fatto giustiziare il suo amico Tommaso Moro. Aveva paura della forza di queste grandi istituzioni che erano troppo libere per il suo desiderio di dominio. Dichiarò quindi guerra a tutti coloro che volevano rimanere fedeli a se stessi. E alcuni di loro resistettero.
La storia può sembrare troppo bella. La cosa curiosa oltretutto è che è vera. Lo Stato è assolutamente necessario, nessuno lo mette in dubbio, ma la lezione che Oxford offre ancora al mondo è che all’origine di questa grande opera c’è la ricerca della verità. Una ricerca che si trasforma in rapporto e che è capace di affrontare i bisogni in modo sistematico, grazie a uomini che sono uniti.
È una buona lezione per il nostro presente, in cui vediamo con tanta perplessità che un mondo sta finendo e non sappiamo come cominciare a costruire il prossimo.
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