Fino al mio ingresso in seminario a Roma ho vissuto a Milano. Ho potuto così godere per quasi trent’anni della bellezza particolare che promana dalla liturgia ambrosiana. In particolare mi ha profondamente segnato il cammino che il rito ambrosiano propone in Quaresima: ogni anno le domeniche segnano un vero e proprio itinerario di preparazione alla Pasqua (lo seguivano i catecumeni in preparazione al battesimo). Al vangelo si leggono lunghe pagine tratte dal testo di san Giovanni. Gli episodi danno il nome a ciascuna domenica: l’incontro di Gesù con la samaritana al pozzo, la guarigione del cieco nato, la polemica coi farisei su Abramo, la resurrezione di Lazzaro. La proclamazione del vangelo in quelle domeniche si protrae a lungo. L’assemblea sta in piedi molto più del solito. Ricordo che, quand’ero piccolo, in chiesa alcuni si annoiavano e agli anziani spesso il parroco consigliava di rimanere seduti. Io ero completamente rapito dai dialoghi che il vangelo riportava.
Ancora oggi queste pagine hanno su di me un grande fascino. Vi emerge l’enorme statura umana di Gesù, la sua capacità di entrare in rapporto in modo diretto con le persone, il suo amore per gli uomini (si commuove drammaticamente di fronte alla morte dell’amico), e allo stesso tempo la fermezza nell’affermazione della verità, la grande capacità dialettica nel dibattito coi farisei. Ho sempre amato queste pagine perché non se ne può fare una riduzione moralizzante. Sono invece l’opportunità di un incontro vero con la persona di Cristo. Il racconto di Giovanni è pieno di dettagli che facilitano l’immaginazione. È come trovarsi dentro la pagina. L’umanità di Cristo emerge a tutto tondo.
Ma queste sono le pagine in cui Gesù rivela la sua natura divina con l’autorevolezza di echi dell’Antico Testamento. Spesso questi squarci di cielo compaiono all’improvviso nei dialoghi. «So che deve venire il Messia» stava dicendo la samaritana. «Le disse Gesù: “Sono io, che ti parlo”». Oppure, tranciando il dibattito coi farisei: «Prima che Abramo fosse, io sono». Incontrando di nuovo il cieco nato dopo la guarigione Gesù gli chiese se credeva nel Figlio dell’Uomo. «Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Tu l’hai visto: colui che parla con te è proprio lui”».
La sorella del defunto Lazzaro accetta la consolazione dell’amico arrivato troppo tardi. «Gli rispose Marta: “So che risusciterà nell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?”». Tutto, qui, cambia.
Attraverso queste pagine Gesù non ha mai smesso di provocare la mia persona e di porsi, negli anni, come centro della mia vita, come risposta unica a tutte le mie attese e ai miei interrogativi. Non ha più smesso di parlarmi.