L’incontro, sabato scorso a Roma, di papa Francesco con i movimenti ecclesiali, in consonanza con la festività liturgica della Pentecoste, si è svolto sotto le ali dello Spirito Santo. Della terza persona della Trinità il Santo Padre aveva trattato anche nei giorni precedenti, durante le ormai tradizionali omelie mattutine nella cappella della Casa Santa Marta. In quella del 13 maggio ne aveva sottolineato una specifica caratteristica, di cui Gesù ha espressamente parlato ai discepoli: «Egli (lo Spirito Santo) vi ricorderà tutto quello che ho detto».
Il papa ha spiegato così: «Lo Spirito fa svegliare la memoria, ci aiuta a fare memoria». Di «fare memoria» c’è particolarmente bisogno nel momento culturale che attraversiamo. Pensiamo all’informazione. Da più parti si avanzano dubbi e perplessità sul reale valore informativo di molti strumenti dell’universo digitale: la brevità dei messaggi, la velocità della loro diffusione, la difficoltà di verificarne la correttezza pongono parecchi interrogativi. Ai quali si aggiunge il fatto che proprio la quantità e la velocità impediscono la sedimentazione dei contenuti: ci si dimentica molto in fretta di quanto sentito o letto per passare velocemente ad altro. La memoria resta, in tal modo, vuota o così piena di cose non penetrate in profondità da risultare come se fosse vuota. È ciò che Virgilio osserva a Dante nel quinto canto del Purgatorio. Il poeta fiorentino si era attardato a guardare alcune anime e la sua guida gli dice di sbrigarsi: il cammino è lungo e sempre quando in un uomo un pensiero «rampolla sovra pensier» egli si allontana dall’obiettivo, perché il pensiero nuovo indebolisce il vigore del precedente.
Senza memoria, ha detto ancora papa Francesco in quell’omelia, si rimane senza storia. Anche questa è una caratteristica in cui ci possiamo facilmente riconoscere. Può capitare di incontrare una persona particolarmente interessante o di assistere ad un fatto che ci impressiona (e il verbo stesso indica qualcosa che si stampa, si imprime nella nostra coscienza).
Se, però, non diamo spazio perché quell’interesse e quell’impressione si consolidino come memoria, succede che in breve tempo la provocazione – cioè la chiamata a prendere posizione – che essi rappresentavano svanisce, si perde. Al massimo resta un ricordo che sbiadisce, ma non una memoria che agisce nel presente. Così la personalità non si costruisce. Papa Francesco ha detto che può succedere in questo modo persino nei confronti del fatto più impressionante e interessante della storia: Dio diventato uomo.
I discepoli di Gesù rischiavano di trattare ciò che avevano visto e la sorpresa che si era destata in loro come un puro ricordo, che malinconicamente si sarebbe allontanato col tempo, travolto dal succedersi di altri momenti, di altre – pur minori – impressioni, di altri – pur meschini – interessi. Per questo Gesù stesso ha promesso lo Spirito che «ricorderà tutto quello che vi ho detto», cioè aiuterà a «fare memoria». Utilizzando una risorsa del suo spagnolo, papa Francesco ha concluso invitando tutti a pregare lo Spirito perché ci faccia tutti uomini e donne «memoriosi».