Assad non è Beppe Grillo

- Robi Ronza

Il risultato bulgaro del presidente siriano alle ultime elezioni si spiega con la paura che incutono le due reali alternative, Al Qaeda e l’islamismo più o meno radicale. ROBI RONZA

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Bashar al Assad (Infophoto)

Lo spoglio dei risultati delle elezioni presidenziali, svoltesi martedì scorso in Siria nelle aree sotto il controllo del governo, si è concluso ieri con l’annuncio che l’88,7 per cento degli elettori recatisi alle urne si è espresso a favore del rinnovo del mandato al presidente uscente Bashar al-Assad.  Agli altri due candidati, Hassan al-Nouri e Maher Hajjar è andato rispettivamente il 4,3 e il 3,2 dei suffragi. Pur non essendo di certo un risultato da democrazia davvero funzionante, l’esito di queste elezioni rientra nella norma della democrazia finora possibile nei paesi arabi. Ci sarebbe perciò da domandarsi come mai il Segretario di Stato americano John Kerry, che si è affrettato a definire “senza senso” tali risultati, non avesse invece trovato nulla da ridire quando in Egitto l’aspirante presidente …predestinato alla vittoria dall’esercito (con l’appoggio degli Usa) aveva ottenuto percentuali analoghe; ma la risposta è ovvia.

Non si fatica ad immaginare che se, con il giustificato motivo della guerra civile in corso, Bashar al-Assad avesse deciso di rinviare le elezioni, lo si sarebbe perciò accusato di calpestare la democrazia. Siccome invece le ha fatte, ci si precipita a dire che non valgono niente. Qualunque cosa insomma avesse fatto in proposito non aveva scampo. In realtà, malgrado che ciò a Washington dispiaccia, tutti gli osservatori che seguono sul posto la crisi siriana senza pregiudizi sono concordi nel dire che Bashar al-Assad gode del sostegno della maggioranza dei siriani. E sarebbe strano il contrario, considerando che in Siria si tratta di scegliere tra lui e Al-Qaeda, non tra Matteo Renzi e Beppe Grillo. 

Cercando una via d’uscita da questa situazione, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna stanno puntando a rafforzare il Fronte Islamico di Hassan Abbud, il più presentabile dei gruppi schierati in armi contro al-Assad, accreditandolo come un’alternativa possibile all’impresentabile Isis, ovvero Al-Qaeda. Proprio nei giorni delle elezioni la Bbc ha diffuso un’ampia intervista ad Hassan Abbud, che nella circostanza fa sfoggio di moderazione (si fa per dire). Si dice contrario all’impiego di terroristi suicidi, afferma che nell’islam c’è spazio per le diversità di opinione, promette in caso di vittoria salvezza agli alawiti (la minoranza religiosa cui appartengono sia al-Assad che buona parte dei membri del suo governo), dice che in una Siria governata dal Fronte Islamico le donne potranno guidare l’auto, andare all’università, portare il velo solo se lo vogliono (fermo restando che se non lo portano peccano); e “i cristiani non avranno niente da temere”. 

Precisa però che il modello di governo del Fronte Islamico è la Sharia, ma che il Fronte non la vuole imporre bensì solo indicare a tutti come ideale. Un bel cocktail insomma per rendersi “spendibili” agli occhi occidentali senza rinunciare ai pilastri di una visione chiaramente integralista dell’islam. È un cocktail che potrà magari trovare qualche bevitore in Occidente, ma di certo non in Siria. E resta poi da vedere quanto in campo islamista pesa il Fronte Islamico rispetto all’Isis.   

Puntare in un tale contesto sulla caduta del regime di al-Assad – come stanno continuando a fare Stati Uniti e Gran Bretagna − è un gesto irresponsabile. Come analogamente è un gesto irresponsabile quello di far leva sulla crisi dell’Ucraina per creare instabilità nel bacino del Dniepr e nella regione del Mar Nero rischiando di farne un altro Medio Oriente. 

I due maggiori Paesi europei più esposti alle conseguenze negative di tali sviluppi, ossia la Germania e l’Italia, dovrebbero fare tutto il possibile per  evitarli.

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