Tentativo di sussidiarietà

è stato puubblicato il Disegno di Legge Delega per la riforma del Terzo Settore, approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 Luglio scorso. il commento di MONICA POLETTO

Il Disegno di Legge Delega per la riforma del Terzo Settore, approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 Luglio scorso, è stato – finalmente! – pubblicato.

Certamente si tratta di un progetto ampio, che intende modificare gran parte della normativa di riferimento degli enti non profit, dal Codice Civile alle leggi relative alle diverse categorie, oltre a procedere alla revisione della disciplina del servizio civile.

I principi ispiratori della riforma, contenuti negli articoli 1 e 2 del DdL, sono importanti e condivisibili: attuazione del principio di sussidiarietà, riconoscimento del diritto di associazione e dell’imprenditoria sociale, semplificazione.

Il provvedimento contiene alcuni punti innovativi che – se i decreti attuativi riusciranno a dare vita alle aspettative suscitate dal DdL – potranno rivelarsi molto significativi per il Terzo Settore.

Per citarne solo alcuni, ben vengano la semplificazione del procedimento di attribuzione della personalità giuridica per associazioni e fondazioni, l’identificazione delle attività di interesse generale che – se attuate da enti del Terzo Settore – permettono l’accesso a normative promozionali, l’individuazione di specifiche modalità di verifica delle attività svolte e delle finalità perseguite.

Come è senza dubbio importante il rilievo dato all’impresa sociale, il previsto riordino della disciplina delle ONLUS con una migliore – e si auspica più ampia – identificazione delle attività connesse, la definizione di ente non commerciale che ponga in risalto le finalità perseguite dall’ente.

Restano alcuni nodi critici, che – se non sciolti prima dell’approvazione definitiva – porterebbero ad un testo con affermazioni di principio e successive declinazioni contraddittorie tra di loro.

Innanzitutto, per rendere effettiva la libertà di associazione, è di fondamentale importanza che il Codice Civile non muti la sua attuale struttura semplice, prevedendo forme giuridiche il più possibile libere. L’attuale struttura del DdL non lascia bene intendere quali delle clausole elencate nell’articolo 2 – alcune decisamente limitanti l’autonomia associativa – saranno introdotte nel Codice e quali, invece, saranno subordinate all’accesso a discipline di favore. È auspicabile che ciò venga esplicitato e che la lunga elencazione contenuta nell’articolo 2 sia rivista e semplificata.

Per l’impresa sociale, a cui il DdL attribuisce un ruolo centrale, le misure fiscali agevolative sono limitate a favorire gli investimenti di capitale. Ciò è evidentemente troppo poco: se le agevolazioni fiscali devono essere in qualche modo commisurate alle finalità di utilità sociale perseguite dall’ente, non si capisce perché tali agevolazioni non debbano essere attribuite anche all’impresa sociale.

Il DdL continua poi a fare riferimento a un limite di stanziamento delle risorse destinate al cinque per mille. A causa di questo tetto, negli ultimi anni l’importo effettivamente distribuito alle organizzazioni beneficiarie è stato inferiore al 4 per mille dell’IRPEF, rendendo il termine “cinque” puramente nominalistico.

È comunque senza dubbio positivo che si sia messa mano alla materia, come è positivo che nel testo venga riconosciuto il valore del Terzo Settore, quale strumento che nasce dalla “libera iniziativa dei cittadini per perseguire il bene comune”.

Ora inizia un iter importante e complesso, nel quale tutti desideriamo che questa corsa iniziata porti ad una disciplina ampia e semplice, realmente amica della libertà di associazione e di intrapresa, che valorizzi il Terzo Settore quale espressione emblematica di vera sussidiarietà.

Monica Poletto – Presidente CDO Opere Sociali


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