Figli di un gadget

- Giuseppe Frangi

Ieri il” Time” ha consacrato l’iPhone come il miglior gadget della nostra vita. Ovvero come l’oggetto tecnologico che ha avuto più influenza nella storia. GIUSEPPE FRANGI

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Foto Infophoto

Ieri il Time ha consacrato l’iPhone come il miglior gadget della nostra vita. Ovvero come l’oggetto tecnologico che ha avuto più influenza nella storia. Quello che più ha modificato abitudini e modi di comunicare. Personalmente sono di quelli che sono stati modificati indirettamente, nel senso che per svariate ragioni in dieci anni (tanti sono ormai quelli dell’iPhone: la nascita venne annunciata con il consueto fervore biblico da Steve Jobs il 29 giugno del 2007), non ho mai avuto quel gadget. E quindi ho vissuto di riflesso: perché se l’iPhone ha modificato la vita degli utenti, ha invece terremotato quella dei concorrenti, che da quel giorno si sono dovuti lanciare all’inseguimento. Per cui alla fine, in qualunque smartphone c’è sempre dentro un po’ di iPhone.

Sono dunque, per inerzia, per pigrizia e forse anche un po’ per tirchieria, un osservatore esterno della mitica creatura di Steve Jobs. Esterno e dannatamente ammirato di quell’oggetto quasi perfetto — sempre più perfetto, di versione in versione — che vedo maneggiare sempre da altri. Provo allora a mettere in fila i motivi di tanta ammirazione. Il primo sta nel nome. Semplice, diretto, icastico. Un nome al quale non c’è nulla da aggiungere. Verbo e sostantivo insieme. Identifica un oggetto che coincide con un’azione. Un oggetto che esiste solo in quanto agisce: in questo è l’antitesi di un feticcio. Poi c’è la sgrammaticatura dell'”i” minuscola che precede la “P” maiuscola: un dettaglio grafico che mi ha sempre incuriosito. Evidentemente si vuole sottolineare l’identità dell’oggetto — un telefono — ma l’impressione è che quell'”io” minuscolo sia appeso alla grande “P”, che lo mette in relazione con il mondo. Nel nome c’è quindi l’incoraggiamento a una dinamica sana, a parlare, a uscire dal guscio (oltre che ad incoraggiare l’incremento di fatturato degli operatori di telefonia mobile…).

Un secondo motivo di ammirazione riguarda proprio l’oggetto in quanto oggetto. Tra le genialità e di Steve Jobs c’è anche quella di non aver preso un designer, ma di esserselo creato dentro. Un designer nato solo per disegnare Apple. Si chiama Sir Jonathan Paul Ive, ha 49 anni, è inglese. Si mise in luce nel 1997 con un’idea semplice: “sgrigire” i personal computer. Fu la generazione degli iMac, con le scocche di plastica che potevi scegliere del colore preferito, messi trionfalmente sul mercato al grido di: “Sorry, no beige!” (era proprio questo lo slogan scelto per la campagna di lancio). Una vera liberazione, festeggiata il primo giorno con il record di vendita per un personal computer all’esordio. È stato Sir Jonathan, naturalmente, a disegnare anche quell’oggetto perfetto che è l’iPhone, che nelle varie versioni piccole, grandi e ora di nuovo piccole sembrano sempre progettati su regole auree.

Terzo motivo di ammirazione e di invidia sono le fotografie. Sempre invariabilmente belle anche se a scattare è, per dirla alla Sgarbi, una capra. Sempre con una risoluzione così alta che te le trovi sparate, senza una sbavatura, su cartelloni di venti metri. E ti chiedi come immagini così, con tutti quei miliardi di bit, possano stare tutti dentro quella scatoletta… 

Si dirà che con il tempo anche la concorrenza ha ridotto le distanze, si dirà che l’iPhone inizia a sentire il tempo, come dimostra il calo di vendite dell’ultimo modello, il 6s, nel primo trimestre del 2016. Ma a nessun altro smartphone è toccato il destino di vedersi trasformato in un quadro. All’iPhone questo invece è successo, il giorno in cui è capitato in mano al grande David Hockney con tanto di applicazione Brushes per dipingere. “L’iPhone è fantastico” disse Hockney entusiasta e anche felice, che iniziò a creare immagini felici sul piccolo schermo. E ancor più felici furono tutti quegli amici dell’artista che la mattina si vedevano recapitare un “iPainting”, via posta elettronica. Che cosa si vuole di più da un telefonino?



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