Carabiniere ucciso: la dignità, l’orrore e il Mistero

Il funerale del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ha impresso, con grande dignità, una dimensione definitiva alla sua storia

I funerali hanno il potere di imprimere una dimensione definitiva ad una perdita. Nel funerale si incrociano storie, intenzioni e motivazioni dei molti che continuano a vivere e di colui, o di colei, che ha concluso il suo percorso terreno. È come una sintesi che, d’improvviso, permette di vedere una vita per quello che è stata, per il dono che ha rappresentato per tutti coloro che l’hanno incrociata.

Il funerale del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ha chiuso almeno un capitolo della vicenda che lo ha visto al centro dell’attenzione nazionale degli ultimi giorni. E l’ha chiusa con dignità. La dignità delle parole di mons. Marcianò – che hanno richiamato tutti al senso dello Stato -, la dignità delle parole del comandante dell’Arma dei Carabinieri Nistri – che hanno chiesto di non coprire con inutili polemiche una perdita per tutti dolorosa ed emblematica -, la dignità delle parole della vedova di Mario, Rosa Maria – che hanno restituito la portata di un dramma inimmaginabile per una neosposa costretta da subito a rendersi conto che il sacramento del matrimonio è segno del legame con un Altro di cui l’altro è segno.

Ma la dignità, che ha riempito la giornata di ieri, non ha cancellato il circolo degli orrori che ruota attorno all’omicidio, con un’Italia vista dall’estero come un paese provinciale incapace di lasciare alla cronaca una vicenda che con la politica non ha nulla a che fare, con una stampa sciacalla e affamata di dettagli e particolari che hanno l’obiettivo principale di riempire giornali e telegiornali in affanno nel periodo estivo, senza che tale esigenza – anche legittima – faccia mai i conti con il rispetto che si deve ad un defunto, con una politica – infine – impegnata a capire come sfruttare al meglio gli eventi occorsi per un’ulteriore performance propagandistica.

In mezzo a tutto questo il non detto è che, al di là delle più effimere contingenze, il delitto non ha una vera ragione, né ideale né sostanziale, che la furia dell’assassino non si motiva se non con spiegazioni irrazionali che lasciano le persone che osservano spiazzate e allibite.

C’è un mistero nella rabbia dell’assassino cui nemmeno il funerale dignitoso del vicebrigadiere ha potuto dare risposta e che non potrà ricevere soluzione neanche dall’iter giudiziario. Con non poco tremore è qui utile ricordare che il dolore delle vittime acquista senso solo quando s’intuisce il dolore dei carnefici, quel dolore che ha innescato tutto e che non giustifica le azioni, ma le rende trasparenti alla ragione e alla comunità.

Ecco: di questo non c’è traccia. Non solo per le dinamiche per cui si sono sviluppati i fatti, ma anche perché questa domanda nel dibattito pubblico non trova spazio, quasi si temesse che cercare di capire l’assassino equivalga a legittimarlo. Eppure il mistero si chiarisce solo col Mistero. Ma questo sembra solo flatus vocis per un tempo che affronta la realtà come un bottino da spartirsi, su cui lucrare. Per poi, non appena possibile, archiviare tutto e lasciare all’opinione pubblica ancora più nel vuoto, ancora più sola e abbandonata a se stessa. Questo Mario non lo merita. Ma, per capirlo, ci vorrebbe un sussulto di umanità, un ultimo – irriducibile – desiderio di dignità.

Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.