Tre libri per essere liberi in casa

- Maurizio Vitali

Tre storie in cui c’entrano il contagio, non da coronavirus, l’isolamento e una solitudine forse amica. In tutte e tre tocca fare i conti con qualcosa di inspiegabile

Coronavirus atteggiamenti asociali
(LaPresse)

Qualche consiglio per la lettura, dato che stiamo tutti o quasi in casa. Con molto pudore e in punta di piedi, perché “si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio … se non può più dare cattivo esempio”. E io potrei non essere da meno.

Tre libri in cui c’entrano il contagio, l’isolamento e una solitudine forse amica. In tutte e tre tocca fare i conti con qualcosa di inspiegabile. Alla domanda “perché?”, tocca rispondere, magari: “Non lo so”. In questo sono debitore dell’ultimo editoriale di Giorgio Vittadini, che alla faccia di quanti la sanno sempre lunga, riconosce più volte di non sapere.

Combinazione, sono tre storie che provengono dall’Asia, come il Covid-19, ma questo non è per nulla essenziale. Sono: dal Vietnam la storia del vescovo François-Xavier Nguyen Van Thuan, dal Giappone quella del medico Paolo Takoshi Nagai, dal Medio Oriente antico quella di Giobbe.

Le prime due sono a noi vicine nel tempo: la prima e la seconda metà del Novecento.

Takoshi Nagai, medico radiologo, si salva dalla bomba atomica su Nagasaki perché chiuso nel cemento armato del suo laboratorio, costruito per non far uscire le radiazioni. Che nemmeno hanno potuto entrare. Fuori, tutto incenerito dalla deflagrazione. Perché proprio lui è salvo? E perché l’amatissima moglie Midori, no? Non trova risposta. Scrive: “Forse in paradiso non ci volevano tutti e due, non abbiamo passato l’esame di ammissione”. Ironia che si rimette al mistero. Lui però la leucemia l’aveva contratta prima, dentro il suo bunker di cure radiologiche. Per tre anni spende ogni goccia di vita e di energia a curare tutti; ridotto dall’infermità per anni su un lettuccio in una baracchetta, parla consiglia conforta tutti, dai poveri Cristi all’imperatore. Paolo Takashi Nagai ha fatto tutto il possibile nel limite delle circostanze, dentro un buco, ma un buco aperto all’infinito. Ha contagiato il prossimo e tutto il suo Paese, generando pace. È morto nel ’51, a 43 anni.

Inspiegabile perché fuori da ogni logica del diritto, la carcerazione di Van Thuan. La sua colpa è di essere stato nominato dal Vaticano vescovo ausiliario di Saigon, divenuta sotto i comunisti Ho Chi Minh City. Il contagio temuto dal potere ateo è la propaganda religiosa. Carcere, dunque; se confessa di agire per l’imperialismo sarà uomo libero espulso dal Vietnam, se no…. “Non posso firmare qualcosa di falso. Io amo il mio Paese”. Il carcere dura 13 anni, di cui 9 in cella di isolamento. Inspiegabile se non con la cecità ideologica la sua persecuzione; ma inspiegabile soprattutto lui, il suo comportamento, pieno di delicatezza e amore e gratitudine per i nemici. Cosa che inquieta, contagia… e nessuno sa come fermare questo contagio. Lui segue un’altra logica, all’inizio se la cavano dandogli del pazzo, ma poi finiscono per ammirare quasi come un Dio quell’uomo davvero libero. Non c’è niente di più affascinante e ammirevole di un uomo veramente libero.

Se avrete la pazienza di leggere (o rileggere, vale la pena dal di dentro delle nostre piccole sbarre) queste testimonianze, stiamo attenti a cogliere il “prima”. L’eccezionalità della testimonianza, della libertà interiore, dell’azione caritatevole, non nascono per autogenesi, ma in forza di un “prima”. Trattasi di cristiani. E per il radiologo giapponese il “prima” non è una spiegazione teorica: è l’incontro da giovane con una famiglia di cristiani che lo accolgono, una famiglia con storie di martirio nell’albero genealogico; e poi l’amore di Midori, che sposerà, avendolo accompagnato come una Beatrice nipponica dallo scintoismo e poi dall’ateismo alla fede cristiana, nel momento in cui si interrogava sul senso della vita leggendo Pascal.

Il “prima” del vescovo vietnamita, similmente, non è una teoria ma una presenza. Segno supremo l’Eucarestia che celebra furtivamente ogni giorno per tredici anni con frammenti di ostia e tre gocce di vino succhiati dal palmo della mano, ottenuti con uno stratagemma.

Se ancora vi sembra che tutto corra via bene e liscio, senza dramma e senza lotta, fatevi forti e leggete il libro di Giobbe. Spogliato di tutto e repellente, vuol farla fuori direttamente con Dio rivendicando la sua innocenza. Non se la sfanga con i tre amici – colpevolisti e giustizialisti – che gli offrono una bella quanto inutile giustificazione teorica. Non gli serve la compagnia di “consiglieri molesti”, ancorché sodali.

Giuro, sono libri che non vi faranno sentire ancora più in gabbia, ma liberi.

PS. I libro sono: Teresa Gutierrez de Cabiedes, Van Thuan, libero tra le sbarre, Città Nuova (in questio momento non facil trovare il cartaceo, ma c’è l’e-book); P. Glynn, Pace su Nagasaki. Il medico che guariva i cuori, Paoline. Il libro di Giobbe è notoriamente un libro della Bibbia.

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