I “saltafila” del Mezzogiorno

- Pietro Marzano

Era inevitabile: i saltafila del Sud, le legioni di privilegiati che hanno fatto il vaccino, approfittando degli amici e accampando diritti di casta

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Vaccinazione anti-Covid nell'Ospedale Cardarelli di Napoli (LaPresse)

Il sussurro che gira di bocca in bocca in questi mesi, tra sguardi compiacenti e piccoli pudori, è sempre lo stesso: “lo hai fatto?”, detto a mezza bocca con lo sguardo tagliato e compiaciuto, come si proferisce la parola in codice per entrare in una setta segreta, alla riunione di una gilda o di una corporazione. Il vaccino somministrato ai soggetti presunti essenziali, dopo quello a malati, medici e poliziotti, ha fatto esprimere il peggio di sé nel Paese e nel Mezzogiorno in particolare.

Quando la campagna vaccinale ha avuto inizio, concluse le doverose somministrazioni ai reali esposti in prima fila, si sono scatenati i disprezzatori della plebaglia popolare, ammantati da presunte guarentigie, pronti a far valere la priorità di una categoria rispetto all’altra per dare ai propri simili un accesso privilegiato e temporalmente prioritario al vaccino. Gli “altri” vaccinati, che non sono personale sanitario, malati, forze dell’ordine o anziani sono ad oggi oltre 2 milioni nel Paese, soggetti a cui le dosi sono state date “in deroga”. In Campania, Puglia e nel Mezzogiorno è spesso la prima categoria di vaccinati.

Negli “altri” si trovano in tanti, tra cui i i familiari di pazienti fragili, i pretesi luminari, gli essenziali professionisti. Soggetti scherzosamente chiamati “saltafila” e che, interrogati, si appellano al fatto di averne il diritto. Perché in alcune regioni si sono dati criteri difformi e ogni categoria ha fatto sentire il suo peso politico, pretendendo con appelli, garbate telefonate, documenti in genere il suo diritto a venire prima di anziani e malati, a discapito degli stessi. Draghi ha imposto a Figliuolo di rimediare e da poche ore i criteri nazionali hanno espunto le eccezioni riportando le file al loro vero obbiettivo, tutelare prima chi ne ha davvero bisogno, ma il danno è fatto.

Per l’ennesima volta il Mezzogiorno ha mostrato l’ancestrale deviazione baronale della sua presunta classe dirigente, che appena può rivendica diritti e privilegi in virtù della gilda a cui appartiene. Baroni senza terre e feudi ma con orticelli rinsecchiti in cui si aggirano rivendicando privilegi e prebende. Tutti sudditi dei viceré governatori che li hanno salvati dal morbo fatale mettendoli in prima fila a discapito di chi rischia davvero.

Una carenza di cultura civica che testimonia quanto sia del tutto coerente il crollo verticale nel Mezzogiorno in questi decenni con l’insipienza culturale e umana della sua presunta classe dirigente, quella dei colti e laureati, dei luminari, che ha portato di fatto il Mezzogiorno nello sprofondo del suo disagio economico e sociale per manifesta incapacità, agevolando la nascita di populismi di rimando. Sintomi che hanno rappresentato la prova evidente dell’attuale arretratezza culturale della società meridionale. Come i morti “spalmati” in Sicilia per evitare di avere numeri troppo alti, saltare la fila è apparsa un scelta accettabile eticamente.

Ed è per questo che il Mezzogiorno ora arranca tra le autoreferenzialità di presunti uomini forti nelle regioni e la mancanza di una società eticamente in grado di farsi carico dei più deboli sacrificandosi. È storia antica, dal massacro dei rivoluzionari del 1799 al tradimento dei Borbone del 1860, alla crescita della cultura mafiosa come cultura dominante nel secondo dopoguerra, alla strage di Portella della Ginestra, all’omicidio di don Puglisi, alla strage di magistrati in Sicilia, pochi uomini di coraggio hanno rinunciato alla dolcezza del sole e del mare, alla strafottenza della vita liscia, per fare lotte vere nel nome di tutti, mentre i tutti si facevano i fatti loro, pronti a buttarsi dove conveniva con la dote di capire prima l’aria che tira.

Solo che in questa storia dei saltafila manca l’eroe che redime, il coraggioso che denuncia, l’obiettore che con il proprio corpo testimonia di credere in valori altri rispetto all’egoismo del “bene per sé”. Per non parlare dei giovani. Assenti ingiustificati. Manca un rigurgito di sdegno o di pudore. E questo perché accanto ai saltafile istituzionali ci sono i simpatici furbetti, amici degli amici, che in modo più o meno esplicito raccontano di escamotage, furbizie o tariffe per avere inoculato il vaccino.

In fondo siamo in guerra e le guerre il Mezzogiorno non le ha mai sapute fare. È terra ospitale con gli invasori, addomesticata da se stessa ad evitare i conflitti mortali piegando verso una furba autoconservazione che ora mostra sempre più il conto, espellendo chi non ci sta a vivere così in questa terra e foraggiando un’emigrazione che ha svuotato città e campagne molto di più che il taglio dei fondi per gli asili. Gli arcaici sacerdoti di questa tradizioni sorridono a mezza bocca, sbandierano posti pubblici che hanno occupato solo per arrivare alla pensione, sono esperti in pensioni sociali, lavoretti extra e si accontentano di auto usate come status symbol da ostentare. Per poi lamentarsi quando nelle economie avanzate la ricchezza si produce da sola, i servizi funzionano ed i giovani restano e creano ricchezza. Inconsapevoli che il sistema sociale del Mezzogiorno è il primo vero motivo del fallimento a cui si assiste.

Forse qualche Procura prenderà gli elenchi degli “altri” per cercare i casi più eclatanti o più probabilmente questo capitolo verrà coperto da altri temi visto che in fondo non hanno fatto altro che ottenere dallo Stato qualcosa a cui non avevo diritto o a cui avrebbero dovuto rinunciare. Niente di grave. I sussurratori già sanno che per loro è andata bene, che le lamentele non avranno effetto e con un sorriso a mezza bocca si gustano gli spicci del Recovery Fund con cui alcuni potranno, forse, perfino cambiarsi l’auto. Nonni malati e nipoti indebitati si arrangino. Come hanno fatto loro.

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